Napoli, il traffico di armi passa dai campi nomadi

Kalashnikov. Mitraglie. Carabine. Provenienti dai Paesi dell'ex Unione Sovietica. I clan si chiamano fuori. Gli affari ora si fanno tra le baracche di Secondigliano.

Lettera 43, Simone De Meo 31.5.2015

Che ci faceva un kalashnikov nella casa del macellaio di Secondigliano? Com'è possibile che l'infermiere Giulio Murolo, che ha assassinato a fucilate il fratello, la cognata e due passanti, ne fosse in possesso? Gliel'ha venduto la camorra, come pure pensa la procura? È davvero così facile comprare un'arma da guerra a Napoli?

lIl campo nomadi di Secondigliano.

LA CAMORRA SI TIRA FUORI. La verità è che, nella città dei 100 clan, ormai la criminalità organizzata ha quasi del tutto rinunciato al commercio all'ingrosso degli strumenti di morte.

Il settore rende bene, è vero. Ma è complicato gestirlo, soprattutto perché non si tratta di una merce a cessione immediata come la droga. Un conto è smaltire un chilo di cocaina, un altro è piazzare una partita di mitragliette.

IL BUSINESS RUOTA ATTORNO AI CAMPI NOMADI. Bisogna custodirla in luoghi sicuri. Curarne il trasporto. Avere dimestichezza e occhio allenato nel riconoscere pregi e difetti perché se le bocche di fuoco non funzionano, o funzionano male, sono inutile ferraglia scottante.

Oggi, per comprare un Ak47 come quello di Murolo o per impugnare una carabina calibro 7,62 è sufficiente farsi un giro nei campi nomadi di Secondigliano, di Giugliano o di Caivano.

Cittadelle dove sono acquartierate decine e decine di famiglie di varie etnie in condizioni igienico-sanitarie disastrose, e senza alcun tipo di aiuto da parte delle amministrazioni locali.

Gli affari si concludono nelle baraccopoli, lontano da occhi indiscreti

Si dimentichino dunque le suggestive scene di notturne contrattazioni nei cimiteri dell'hinterland, oppure i fucili nascosti negli astucci di violini come un tempo faceva il “solista del mitra” Luciano Lutring.

Gli affari si concludono nelle baraccopoli delle periferie, tra capanne e cumuli di rifiuti. Al riparo da occhi indiscreti.

In territori dove difficilmente le forze dell'ordine ordinerebbero un blitz.

CONTATTI CON GLI AMBIENTI MILITARI EX URSS. Certo, pure in questo caso bisogna trovare l'aggancio giusto. Ma con un discreto passaparola e un portafogli gonfio, l'affare si può concludere velocemente. E poi è sempre più facile avvicinare un nomade che un camorrista.

I rom sono diventati i più attrezzati trafficanti di armi della regione. Grazie ai contatti con gli ambienti militari dell'ex Urss, sono in grado di esaudire quasi tutte le richieste che un mercato particolarmente esigente, come quello partenopeo, può avanzare.

UN AK47 COSTA DA 1.700 A 2.200 EURO. Un investigatore che sta lavorando proprio su questo filone spiega a Lettera43.it: «Un Ak47 che spara a raffica e la cui vendita è vietata in Italia può variare da un minimo di 1.700 a un massimo di 2.200 euro. Sono armi perfettamente funzionanti che usano cartucce compatibili con quelle in commercio nel nostro Paese. Una pistola la si può ottenere anche a 600 o 700 euro».

Il supermarket dell'orrore offre tante soluzioni. «Dall'estero, gli armieri ordinano anche mitragliette Skorpio e carabine di precisione», prosegue l'investigatore. Le prime hanno un valore di circa 1.200 euro (ma non è difficile scendere anche a 1.000 euro) mentre le altre possono sfiorare i 3 mila euro.

LE CARABINE DI SCAMPIA. Strumenti da professionisti, le carabine. Perché possono forare anche un vetro blindato. Un aggeggio del genere lo trovarono sui tetti di una Vela, a Scampia, durante la faida tra il clan Di Lauro e gli “scissionisti”.

Allora furono reclutati killer albanesi per portare a termine la “pulizia etnica” della camorra.

Categoria Italia

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