Le passeggiate italiane di uno zar

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Perché Putin può sentirsi forte con Renzi, Mattarella e Francesco

Vladimir Putin con Matteo Renzi (foto LaPresse

di Redazione | 10 Giugno 2015 ore 20:14

Lo scopo evidente della visita di Vladimir Putin in Italia e in Vaticano è quello di neutralizzare gli effetti dell’intemerata di Barack Obama durante il recentissimo G7 bavarese, che conteneva la minaccia di nuove sanzioni occidentali contro la Russia. Non si tratta di un’impresa particolarmente difficile, visto che il G7 è stato considerato da tutti inutile e, per l’aspetto che riguarda la Russia, addirittura pericoloso. Il modo con cui i principali leader europei, compresa Angela Merkel e naturalmente Matteo Renzi, avevano fatto orecchie da mercante alle richieste di un presidente americano del quale tutti aspettano con ansia la sostituzione era già abbastanza eloquente. D’altra parte, come risulta da un’inchiesta del Wall Street Journal, le opinioni pubbliche tedesca e italiana sono le più restie a una politica di confronto con la Russia.

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 Putin ha sfruttato la situazione di vantaggio presentandosi come partigiano dell’applicazione del patto di Minsk in Ucraina, sottolineando il danno che viene alle imprese italiane dal vincolo delle sanzioni alla collaborazione produttiva, ricordando come la crisi libica, che determina una emigrazione massiccia e incontrollata verso le coste italiane, sia la conseguenza della guerra franco-americana del 2011, alla quale la Russia si oppose vigorosamente. Anche con Francesco, Putin ha una sorta di credito da riscuotere: quando Obama sembrava sul punto di far partire i suoi bombardieri alla volta di Damasco, fu la fermezza di Putin a dare sostanza all’appello di Francesco contro l’utilizzo della forza nella crisi siriana. Naturalmente nessuno può dire come sarebbero andate le cose se quell’intervento contro Bashar el Assad si fosse realizzato, se questo avrebbe favorito o no l’espansione, che oggi comunque si registra, del sedicente Califfato islamico.

Comunque Putin si presenta in incontri con personalità, da Renzi a Sergio Mattarella a (se è lecito dirlo) Papa Francesco, come un leader forte che può farsi valere nei loro specifici ambiti di responsabilità. Il suo antagonista, un presidente americano in scadenza che sembra voler rievocare lo spirito di Ronald Reagan, in circostanze del tutto diverse, appare, a confronto con il presidente russo, un apprendista stregone invischiato in contraddizioni che non ha saputo o voluto affrontare per tempo. L’Unione europea, per parte sua, è paralizzata dalla duplice esigenza di non rompere con l’America (che sulla questione ucraina può contare sull’appoggio di molti paesi usciti recentemente dall’orbita sovietica) e di realizzare il partenariato economico con la Russia che è fondamentale per ambedue i contraenti. Così, tra dichiarazioni tracotanti del G7 e affabilissimi incontri romani si segna, come sempre, il passo in attesa di tempi (e di presidenti americani) migliori.

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COMMENTI

Moreno Lupi • 7 ore fa

Alla Redazione, analisi esatta, esaustiva. In soldoni: Obama si conferma quella nullità politica che è sempre stato, l'Europa culturale e politica, una pancia piena imbelle e flaccida, in affannosa difesa dei suoi prosaici interessi e strafatta di laicità estremista, cerca di sfruttarlo per contrastare l'unica entità nazionale che dei brontoburocrati di Bruxelles se ne sbatte. Semplicistico? Non direi. Sulla sera è arrivata una notizia: "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli". Attacca così Umberto Eco, ha appena ricevuto la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. Non si può che concordare, con una chiosa: non vi suona come un discorso da Nimby?