Renzi commissaria Roma prima che Roma commissari il governo

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Le responsabilità del sub Marino nel disastro della Capitale sono note. Quelle del governo meno. Storia di una mancata vigilanza. Economica e politica

di Redazione | 27 Agosto 2015 ore 17:27 Foglio

Il Consiglio dei ministri riunito per assumere decisioni sui problemi che Roma deve affrontare sui temi del risanamento amministrativo e della preparazione adeguata dell’accoglienza dei pellegrini attesi per il Giubileo straordinario si è limitato a adottare misure minimali, dallo scioglimento del municipio di Ostia, alla promozione di una “leale collaborazione” tra sindaco e prefetto per esaminare le procedure di appalto, al dimezzamento dei tempi burocratici per l’affidamento delle opere connesse al miglioramento della viabilità in vista del Giubileo. Niente di nuovo, niente di diverso da quello che era stato annunciato da Matteo Renzi un anno fa in occasione di uno dei tanti scandali romani (dove gli scandali veri, però, sono spesso legati più a quello che non si denuncia che a quello che si denuncia: sprechi, inefficienze, sperpero di denaro, altro che mafie). Forse, come dice un po’ acidamente il Wall Street Journal, la spinta propulsiva del “rottamatore” si è esaurita, forse è mancata la capacità di affrontare il nodo strutturale delle speciali funzioni della capitale: quello che comunque è stato prodotto è un compitino burocratico che non sembra utile a dare una prospettiva diversa e innovatrice.

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Sulla questione di Roma Capitale, cioè del ruolo particolare di una città che, tra l’altro, è l’unica al mondo a ospitare i centri decisionali di due stati, finora si sono soltanto deliberati stanziamenti o ripianamenti, con un flusso di denaro pubblico che, al di là degli scandali e degli scandalismi e persino della discussa affidabilità dei sindaci, non ha prodotto alcun miglioramento sensibile della situazione, come sanno bene i cittadini che ogni giorno affrontano un traffico inestricabile e una gestione pressapochistica della manutenzione e della nettezza urbana. Probabilmente il difetto sta nel non aver affrontato organicamente la questione, attribuendo al comune le responsabilità dell’amministrazione e dei servizi per gli abitanti e a un’altra autorità la responsabilità e i poteri per gestire le funzioni che la stessa città esercita in quanto capitale, autorità che potrebbe essere attribuita a un alto commissario con funzioni simili a quelle di un ministro e non a un alto eponente della burocrazia come il prefetto. Anche il fatto di aver scaricato su una istituzione simile a quella che amministra le altre città esigenze di tipo particolare, che non sono affatto legate solo al caso straordinario del giubileo, ha concorso, insieme naturalmente a errori o insufficienza personali, a rendere Roma permeabile a infiltrazioni e collusioni piuttisto estese.

Si dirà che non si può cambiare tutto quando c’è dietro l’angolo “l’emerganza” giubilare, ma di emergenze ce ne sarà sempre una nuova se non si affronta alla radice il problema. Il fatto che il governo non abbia nemmeno accennato alla dimesione strutturale della crisi della capitale non è certo un segnale di lungimiranza e di incisività. Si era detto, un anno fa, che il governo avrebbe vigilato con durezza sui conti della Capitale e avrebbe impedito nuovi sprechi e nuovi sperperi. Un anno dopo, si può dire che la vigilanza del sindaco d'Italia sul sindaco di Roma è stata inefficiente. E se fino a ieri la responsabilità di tutto questo poteva essere divisa con il sindaco sub da oggi la situazione è diversa: il commissariamento politico che il governo ha messo in campo a Rona trasferisce gran parte delle responsabilità delle performance della Capitale sul governo. Renzi, da ieri, è una sorta di commissario ombra di Marino. E a maggior ragione, ogni giorno passato senza mettere ordine ai conti della città sarà un giorno in più che Renzi perderà per dimostrare che la parabola di demolition man non è ancora sulla viale del tramonto.

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