Salvini, un leader e una bolla mediatica

Categoria: Italia

Così la Lega è diventata il movimento cinque Salvini

di Claudio Cerasa | 20 Settembre 2015 ore 12:00 Foglio

All’inizio era solo un’intuizione, un’impressione, una riflessione ispirata dalle parole spesso fuori posto e spesso fuori dal mondo offerte al pubblico dal segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. L’impressione era una ed era semplice e l’abbiamo messa a tema più volte su questo giornale: quand’è che il centrodestra e il sistema politico italiano si renderanno conto che il destino di Matteo Salvini è quello di essere al massimo un grande federatore dei talk show?

Il rientro dalle vacanze ci ha consegnato un Salvini carico di buona volontà e di grande energia e pronto a misurarsi ogni giorno con la prova olimpica del salto multiplo carpiato in tutti i programmi di politica presenti sul palinsesto. Ma al di là delle prove muscolari quella che era un’impressione si sta trasformando sempre più in una cruda realtà per il leader leghista. E l’idea che Matteo Salvini sia una formidabile bolla mediatica non è solo una riflessione di questo giornale ma è un tema con cui nel centrodestra in molti stanno cominciando a fare i conti.

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Salvini ha avuto il merito di far resuscitare un partito che sembrava morto e di riportarlo in alcuni passaggi persino ai livelli di quello glorioso di Umberto Bossi. Ma più di quello che ha fatto oggi – e che il leader leghista ha fatto in assenza di avversari veri nel centrodestra – Salvini non può fare. E per questo, giorno dopo giorno, ogni parola e ogni dichiarazione del leader leghista sembra essere accompagnata inesorabilmente da una considerazione solida e lineare: c’è davvero qualcuno che crede che il Salvini che manda a quel paese la chiesa, che passeggia a braccetto con la Cgil, che organizza improponibili e surreali scioperi per bloccare l’Italia possa essere lo sfidante di Renzi? La risposta non può che essere negativa ed è anche questa una delle ragioni per cui Silvio Berlusconi è convinto che la legislatura debba durare il più possibile: più si andrà avanti con il tempo – è il ragionamento, saggio – e più si avrà la possibilità di comprendere che la leadership di Salvini è una leadership sgonfia che non potrà che riassorbirsi nel momento in cui nel centrodestra emergerà un qualsiasi leader alternativo capace di rimettere insieme quello che Berlusconi chiama ancora romanticamente l’elettorato moderato.

Al di là della personale valutazione di Berlusconi, il problema esiste, eccome se esiste. La debolezza di Salvini la si intuisce dai dettagli (non è un caso che il leader leghista non perda occasione per ricordare che il suo partito alle prossime elezioni dovrà andare insieme a Forza Italia, cosa che fino a qualche tempo fa Salvini preferiva non riconoscere). E anche all’interno della Lega c’è una nuova e alternativa linea che sta cominciando a emergere, che è quella sintetizzata bene dai due governatori leghisti Zaia e Maroni (con quest’ultimo che, anche per testare il grado di consenso di una linea diversa da quella di Salvini, ha cominciato giustamente a dire che un centrodestra del futuro non può prescindere da un partito come quello guidato da Alfano, esattamente il contrario di quello che sostiene Salvini). Piccoli segnali e piccoli smarrimenti dovuti a quello che è per la Lega un problema cruciale in questa fase politica.

La Lega di Umberto Bossi era una Lega che giocava molto con la pancia degli elettori, ma era una Lega che sapeva mettersi la cravatta e che metteva nel conto l’idea che fosse necessario scendere a compromessi con i nemici per raggiungere alcuni obiettivi. Una Lega come quella di Salvini che vive con l’idea esplicita di fare concorrenza al Movimento 5 Stelle è una Lega che si pone in modo naturale come un partito non di compromesso, e dunque non di governo, ma come un diretto concorrente del grillismo, ancor prima del renzismo. Bossi, a differenza di Salvini, da leader della Lega aveva dimostrato in molte occasioni di conoscere bene il suo popolo mentre Salvini, da leader della Lega, sta dimostrando di conoscere bene al massimo il popolo della Lombardia.

Nel centrodestra in molti hanno cominciato a osservare in modo più laico la bolla salviniana, senza farsi accecare da felpe, tweet, comparsate e sondaggi passeggeri, e se c’è una ragione per cui nessuno oggi vuole andare a votare, tra gli avversari di Renzi, è anche per non regalare a Renzi una vittoria facile facile contro l’ultima evoluzione della Lega: il movimento cinque Salvini.

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