Sanremo e 36 appalti sospetti . La Finanza prende i dossier Rai

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Nelle carte in mano ai pm le tracce di tangenti e assunzioni pilotate. Un testimone ha dato agli investigatori anche il codice per leggere i file criptati sui soldi

 di FIORENZA SARZANINI, Corriere della Sera 26.10.2015

L’ordine di esibizione è stato eseguito dalla Guardia di Finanza venti giorni fa. Riguarda 37 dossier relativi alle indagini interne condotte negli ultimi due anni. Ed è proprio questo che adesso fa tremare funzionari e dirigenti della Rai. Perché quelle relazioni riportano gli esiti degli audit su appalti e acquisti, contratti con società esterne costate all’azienda pubblica radiotelevisiva centinaia di milioni di euro. E perché finora la loro esistenza era stata negata dagli stessi responsabili degli uffici.

Può avere esiti clamorosi l’indagine condotta dal pubblico ministero Paolo Ielo e affidata al Nucleo Tributario guidato dal colonnello Cosimo Di Gesù. Il primo esame dei fascicoli avrebbe già fatto emergere numerose irregolarità, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle ditte alle quali affidare lavori e commesse. Il resto lo sta facendo un testimone che ormai da tempo collabora con gli inquirenti e ha svelato i retroscena degli accordi siglati negli ultimi due anni. Si è concentrato sulle trasmissioni di punta della Rai, primo fra tutti il Festival di Sanremo. E ha fornito agli investigatori anche il codice per leggere i file criptati sui soldi delle «mazzette» versate per aggiudicarsi gli appalti truccando le gare. Nell’elenco ci sono alcune trasmissioni di approfondimento giornalistico, altre di intrattenimento, svariate fiction.

Le verifiche cominciano qualche mese fa e arrivano a una svolta nel giugno scorso quando scattano una cinquantina di perquisizioni per corruzione e turbativa d’asta. In cima alla lista degli indagati ci sono i fratelli David e Danilo Biancifiori titolari delle società «Diand lighting and Truck» e «DibiTechnology» che nel corso degli ultimi anni hanno ottenuto il monopolio delle forniture tecniche. E ciò, dice l’accusa, sarebbe stato possibile anche grazie ad appoggi e contatti governativi quando a palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi; il suo responsabile dell’immagine Roberto Gasparotti li avrebbe agevolati per avere un contratto da 9 milioni di euro, tanto che poi è finito pure lui nell’elenco degli indagati. I due imprenditori hanno rapporti con Mediaset, La7, con Infront. Pagano e rimangono in cima alla lista delle società con le quali fare affari nel campo degli appalti radiotelevisivi.

Nel corso del blitz vengono trovati i contratti di assunzione che i fratelli Biancifiori hanno siglato con amici e parenti dei funzionari Rai - e dei dirigenti degli altri gruppi del settore televisivo - che li avrebbero aiutati ad ottenere le commesse. Ma anche documenti che sembrano provare il passaggio dei soldi. Viene chiesto ai responsabili dei vari uffici competenti dell’azienda di Stato se siano mai emerse anomalie, ma tutti negano l’esistenza di indagini interne.

Basta poco per scoprire che mentono. Anche perché tra le carte sequestrate ci sono quelle su un audit del settembre 2013 che riguarda proprio le società dei due fratelli Biancifiori. Si decide allora di sentire come persona informata dei fatti il responsabile dell’internal Auditing, Gianfranco Cariola e gli viene notificato il decreto di esibizione di tutti i dossier realizzati dalla Rai negli ultimi tre anni. Il 7 ottobre le 37 relazioni sono nella mani dei finanzieri. È l’inizio di un’indagine che può portare ai piani alti della Rai proprio perché negli atti analizzati dai finanzieri ci sono dati che, incrociati con quelli contenuti nei file criptati, consentono di ricostruire il percorso dei soldi, compreso il trasferimento di fondi all’estero proprio per soddisfare le richieste di alcuni dirigenti.

Le società dei Biancifiori hanno un ruolo dominante nell’aggiudicazione dei lavori per il montaggio delle apparecchiature tecniche, ma i controlli ordinati dalla magistratura riguardano ormai tutte le ditte che nei diversi settori risultano privilegiate rispetto alle altre, quelle che - almeno a leggere i documenti contabili - potrebbero aver creato «fondi neri» proprio per destinarli al pagamento delle tangenti. E dunque si intrecciano con il ruolo ricoperto dai vari funzionari e dirigenti che se ne sono occupati

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