Sinistra italiana divide anziché ricompattare

Categoria: Italia

Unità solo in ovvie occasioni. Le sberle da lui inflitte alla Camusso e ai sindacalisti vari non sono dimenticate.

 di Marco Bertoncini Italia oggi 11.12.2015

Sono trascorsi pochi giorni dalla lettera dei tre sindaci per l'unità a sinistra e l'appello si rivela un flatus vocis. Nessuno lo contesta apertamente; anzi, molti ne affermano un gran bene. Di fatto, le disunioni non tendono a smorzarsi, mentre si ha quasi l'impressione che il documento dei primi cittadini sia involontaria causa di ulteriori scollamenti.

A Matteo Renzi importa fino a un certo punto avere alleata la sinistra esterna al proprio partito nelle prossime amministrative, perché ritiene eccessivo il prezzo che dovrebbe pagare. Gli interesserebbe maggiormente l'unità obbediente del Pd: obiettivo che appare ormai irraggiungibile. Alle minoranze democratiche non va giù Renzi, non va giù la sua linea politica, non va giù la sua condotta governativa, non vanno giù, infine, gesti reputati antitetici rispetto a qualsiasi condotta praticabile in un partito militante nel socialismo europeo. Per intenderci: le sberle da lui inflitte alla Camusso e ai sindacalisti vari non sono dimenticate.

Se l'unità nel Pd appare cementabile soltanto in ovvie occasioni esterne (come nell'ultima «due giorni» dei banchetti in piazza), l'unità nelle formazioni a sinistra resta quale propugnata da decenni: un mito. Lungi da unificare, la sigla di Sinistra italiana cela malamente contrapposizioni emerse pure nella (in)disponibilità a correre nelle primarie del centrosinistra. La ricerca dei candidati sindaci, in luogo di rinsaldare il centrosinistra, lo divide. A volte le conseguenze potrebbero arrivare a situazioni limite. È il caso di Roma: se Ignazio Marino si candidasse e se il centrodestra non fosse, a sua volta, frantumato (come il centrosinistra, o perfino di più), il Pd potrebbe perfino rimanere escluso dal ballottaggio.

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