M5s, un futuro di incognite per il dopo Casaleggio

Categoria: Italia

Il ruolo di Davide Casaleggio. Le tensioni nel direttorio tra Di Battista e Di Maio. La voglia di mollare di Grillo. Le difficoltà M5s dopo la scomparsa del suo guru.

di Francesca Buonfiglioli | 12 Aprile 2016 Lettera43

Cinque stelle senza cielo.

La morte di Gianroberto Casaleggio, seppur malato da tempo, potrebbe provocare, almeno a livello sotterraneo, un terremoto all'interno del M5s.

Lo dicono alcuni ex grillini eccellenti che prevedono l'apertura di una «guerra tra bande».

Anche se la scomparsa del guru - non ce ne voglia Dario Fo che ha bollato la definizione come «banale» - in un primo momento potrebbe rinforzare il gruppo.

DIRETTORIO SOTTO ATTACCO. C'è poi chi invita a puntare i riflettori sul direttorio. Quell'organismo anomalo come un pugno in un occhio da chi ha sempre sostenuto il teorema dell'uno vale uno. E che, ora più che mai, potrebbe rivelarsi un boomerang per l'unità del Movimento, tra spinte per emergere e ruoli da guadagnare.

Anche se da tempo gli affari della Casaleggio associati e del M5s paiono nelle mani del figlio di primo letto di Gianroberto, Davide.

IL PASSAGGIO DI CONSEGNE. Il retroscena de La Stampa, infatti, non ha fatto altro che confermare lo scenario dipinto dall'Espresso nel 2014.

Casaleggio jr è ancora più impalbabile del padre «a gestire gestisce tutti gli strumenti del blog di Beppe Grillo», scriveva il settimanale. Per dare un'idea, è sempre lui ad aver realizzato il nuovo Blog degli europarlamentari M5s e ad aver organizzato il viaggio a Bruxelles da Farage.

Ma a quanto pare Casaleggio jr non ha né capacità di leadership né forse la voglia di 'sporcarsi' le mani con la politica. Potrebbe dunque continuare a gestire solo il know-how delle piattaforme. E delegare i contenuti e la linea ai portavoce.

Grillo e il possibile ritorno in scena

Ma andiamo con ordine.

Mentre tutto apparentemente continuerà come al solito, sostengono i ben informati, l'unico a «piangere veramente sarà Grillo che dovrà tornare a esporsi».

Il megafono e proprietario del M5s aveva quasi ultimato il suo distacco dal M5s per tornare alla sua prima attività: il comico.

L'addio forse dovrà essere rinviato.

«BEPPE NON È MAI USCITO DAL MOVIMENTO». Una decisione già nell'aria?

Così pare a rileggere l'intervista che Grillo aveva rilasciato a Pagina99 la scorsa settimana. «Non è giusto usare la partola uscire come è stato fatto», spiegava. «Io sono sempre lì. A fianco. La mia natura è quella». E, ancora: «Non sono mai uscito dal Movimento [...] Sono come il tenente Colombo: faccio finta di uscire e poi rientro con la battuta che spiazza l'assassino».

Resta da capire chi sia l'assassino: l'avversario politico o chi cerca dall'interno di scippare il controllo finora rimasto saldo nelle mani del tandem Grillo-Casaleggio.

Di Maio pronto a tentare ancora in scalata

Ad aspirare a un posto ancora più assolato di quello in cui già sta è Luigi Di Maio.

La sua voglia di emergere però va di traverso a una buona fetta di attivisti della prima ora, poco propensi a farsi comandare da quella che nei messaggi su Fb definiscono «arrivista» e «malato di protagonismo».

Rimane nelle cronache la rivolta nel luglio 2014 dei parlamentari, soprattutto senatori, contro di lui e Danilo Toninelli (vicinissimo al campano) per aver impostato il confronto col Pd sull legge elettorale consultandosi solo con Grillo e Casaleggio. Una «apertura» nei confronti del nemico appoggiata da Milano mai digerita del tutto dai grillini eletti.

A ogni modo, Di Maio è da sempre considerato il leader in pectore dei pentastellati, il preferito, l'eletto, il predestinato. A Imola aveva però incassato un brutto stop proprio da Casaleggio che aveva liquidato l'ipotesi di un suo avvicendamento ai vertici come «non certo». Una telefonata riparatrice poi chiarì il 'fraintendimento'.

IL TENTATIVO DI AMMUTINAMENTO. Le mire di Di Maio & Co erano però già venute alla luce lo scorso anno quando venne gettato il guanto di sfida ai fondatori. L'oggetto del contendere? La nomina del responsabile comunicazione, da sempre in mano a Casaleggio e Grillo.

I parlamentari, infatti, tentarono un ammutinamento, sfiduciando la capo staff Ilaria Loquenzi e spingendo per la nomina di Silvia Virgulti (fidanzata di Di Maio), salvo poi essere costretti a fare un passo indietro ratificando la decisione dei capi.

Quell'incidente venne letto come un tentativo di parricidio. O, quantomeno, di scippare una quota di controllo a Milano.

Adesso la scomparsa del cofondatore potrebbe aprire nuovi spazi.

Intanto pare che il responsabile Enti locali stia salendo a Milano per una riunione con i grillini della città.

Dibba comprimario o in fuga?

Portavoce dell'ala scapigliata del M5s è Alessandro Di Battista, perfetto contraltare alle cravatte di sartoria napoletana di Di Maio del quale è amico.

Grillino ortodosso e all'apparenza meno rampante di Di Maio, Dibba, come viene soprannominato dagli attivisti pentastellati, ha sempre ammesso l'esistenza del potere assoluto di Casaleggio all'interno del Movimento.

Dichiarazioni in sostanza non molto diverse da quelle che nel 2012 causarono l'espulsione del Consigliere regionale emiliano-romagnolo Giovanni Favia nell'ormai celebre fuorionda a Piazza Pulita («Ha sempre deciso Casaleggio da solo, ha sempre fatto così», si sfogò pensando di essere off the records, «se Casaleggio non facesse il padre padrone io il simbolo glielo lascerei anche»).

«GIANROBERTO COMANDA». Un anno dopo Dibba ai microfoni di RadioDue tornò sull'argomento, sostenendo che tra Grillo e Casaleggio a comandare era il secondo: «La mente è Gianroberto, Grillo il cuore».

Resta da capire se il tandem con Di Maio alla testa del movimento reggerà ancora, dopo la scomparsa del padre del Movimento.

Gli altri tre membri del direttorio - Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia, tutti campani - sono meno sotto i riflettori.

Il più mediatico tra i tre è Fico, presidente della commissione di vigilanza Rai, ma, dopo i fatti di Quarto, il rapporto con Di Maio si sarebbe raffreddato.

Ruocco è praticamente assente dalle arene televisive mentre Sibilia, l'Adam Kadmon del parlamento, pare non aver le carte in regola per fare strada: la sua propensione a complottismo e dietrologia ne ha offuscato la credibilità a livello nazionale.

NUOVA LUCE PER DI STEFANO. Un Casaleggio-boy che invece potrebbe ambire a scalare il Movimento è Manlio Di Stefano, eletto in Lombardia. Non a caso furono lui e Vito Crimi a mediare per risolvere senza spargimenti di sangue l'affaire Loquenzi.

Di Stefano, tra l'altro, sta guadagnandosi minuti nei salotti tivù. Segno che il suo rating all'interno del M5s.

Il gruppo lombardo - del quale fanno parte anche Vito Crimi e Paola Carinelli - potrebbe quindi ricompattarsi intorno a un portavoce molto più mansueto di Di Maio e sfidare il direttorio a trazione campana.

Pizzarotti, l'avversario naturale di Di Maio

Occhi puntati invece su un grillino caduto in disgrazia presso lo staff: il sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

Le sue discussioni con Casaleggio sono sempre state note. Tanto che, nel suo messaggio di condoglianze su Facebook, il primo cittadino non ne ha fatto mistero.

«Non posso nascondere gli attriti e le discussioni che ho avuto con Gianroberto», ha scritto, «non dirlo non renderebbe giustizia alla persona e all’uomo. È stato un padre fondatore, per certi aspetti un punto di riferimento. Certamente è stato un idealista in un Movimento che oggi, piaccia o non piaccia, è entrato nelle istituzioni italiane e ha contribuito a cambiare questo nostro amato Paese».

ORA È A RISCHIO ESPULSIONE? Pizzarotti secondo molti è l'avversario naturale di Di Maio. L'unico che può dargli filo da torcere. E molti ex grillini o delusi da tempo guardano a lui come punto di riferimento.

Ora potrebbe ricollocarsi nel risiko pentastellato.

Sempre che i vertici non decidano (o abbiano già deciso) una volta per tutte di sconfessarlo.

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