Le tasse scendono al centro ma intanto salgono in periferia

La partita della riduzione delle imposte e della pressione fiscale è quella sulla quale Matteo Renzi si gioca tutto

 di Edoardo Narduzzi Italia Oggi 19.4.2016

La partita della riduzione delle imposte e della pressione fiscale è quella sulla quale Matteo Renzi si gioca tutto. È stato lui a volerla mettere al centro della sua azione di governo e a voler segnare una netta discontinuità tra il Pd delle tasse, quello prima di lui, e il Pd detassatore, quello della sua direzione. Ires, Irap, Irpef sono già entrate, a vario titolo, nel mirino del premier che sogna una riduzione storica del prelievo tributario italiano al terzo anno di governo.

I primi due non hanno segnato per la verità alcuna inversione di rotta. Nel 2015 la pressione fiscale complessiva registrata dall'Istat è stata pari al 43,5%, di fatto invariata rispetto all'anno precedente. Ma che fine hanno fatto le riduzioni, come quella dell'Irap, decise dal governo? Il problema è che le imposte che Renzi taglia al centro, cioè a livello di fiscalità nazionale, rispuntano come funghi sotto forma di addizionali a livello locale. In particolare a livello regionale.

Due esempi sono offerti proprio da due regioni a guida Pd: la Sardegna e il Lazio. La prima, ha risposto all'eliminazione dell'Irap su parte del costo del lavoro decisa da Renzi con un mega innalzamento della sua aliquota ordinaria che, nel giro di due anni, è passata dall'1,9 al 3,9%. In pratica, la Sardegna ha più che raddoppiato la sua aliquota per lasciare il gettito totale, post riduzione decisa da Renzi a livello nazionale, invariato. È ovvio che per le imprese si tratta di un gioco delle tre carte: il governo Renzi riduce l'Irap ma le regioni alzano le aliquote per mantenere invariato il loro gettito. Significa che per le imprese la partita è a somma zero in termini di pressione fiscale.

Stessa musica applicata all'Irpef nel Lazio governato da altra giunta a trazione Pd. In questo caso l'addizionale ha raggiunto la cifra astronomica del 3,33%. L'addizionale Irpef del Lazio, nella sua applicazione, poi è la sublimazione dell'ignoranza economica: chi ha guadagnato 34.500 euro lordi annui, infatti, ha pagato una addizionale dell'1,6% per la parte di reddito superiore ai 15 mila euro, mentre chi ha incassato 35.500 ha pagato il 3,33% su tutto il reddito che supera la stessa soglia di 15 mila euro. Il risultato è un delirio tributario, perché due persone con analoga capacità contributiva (visto che mille euro lordi annui non modificano la capacità contributiva al netto di non si capisce quali astruse argomentazioni possa aver elaborato la giunta Zingaretti) si sono ritrovate tassate in maniera diametralmente opposta: 312 euro di addizionale annua il primo e 676,50 euro il secondo.

Le tasse tagliate al centro da Renzi rifioriscono in periferia per mano di giunte incapaci di fare vere spending review. Il dato è stato certificato da Assolombarda che ha misurato una pressione fiscale locale aumentata dell'1% nel solo 2015. Così la buona volontà fiscale di Renzi non si farà mai statistica positiva.

Categoria Italia

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