…QUEL DEL FORMAIO

Categoria: Locali

Ma cosa centra l’uomo del formaggio con la giustizia sociale?

Blog Alberta Bellussi da www.ilcuoreveneto.it

L’altra sera parlando tra amici e con il casaro del banco del formaggio del mercato di Tezze disquisivamo sull’origine del detto “ Te trovarà quel del formaio” ; detto che in Veneto si manifesta nelle centinaia di  inflessioni dialettali locali.

Avevo promesso che avrei cercato il perché di questa formula sempre in uso e mai passata di moda nel nostro vivere comune. Lo si usa quando una persona è prepotente e arrogante, e magari fa delle furbate verso gli altri allora gli si augura che “prima o poi trovi quello del formaggio”, per  abbassargli la cresta e quietare l’arroganza.

Ma cosa centra l’uomo del formaggio con la giustizia sociale?

Ho provato a cercare e chiedere agli anziani. Alla fine del mio ricercare tre sono le spiegazioni che ne escono che hanno un filo conduttore  comune la forza fisica come soluzione all’arroganza.

La storia è dibattuta da anni e si trova lo stesso modo di dire anche in altri  dialetti dell’area triveneta, in Trentino, in Friuli, nel Triestino e perfino in Istria, ma rimane la questione:

cosa c’entra l’uomo del formaggio?

1- “Rivarà quel del formajo” secondo la tradizione veneziana deriva da “formaiea”.

Un tempo, per conciare le pelli, si usavano cortecce di rovere. Dopo averle usate si lasciavano asciugare al sole. Una volta asciugate venivano pestate e usate come combustibile per riscaldare le case. Erano le  “Formagee dea Giudeca” perché i conciapelli vivevano proprio in questa isola. E’ arrivato quello del formaggio significherebbe, quindi, colui che batte le cortecce cioè quello  che ti pesta a dovere.

2-  “La seconda ipotesi nasce in territorio trentino, pare da un fatto di una cronaca giudiziaria locale narrato da Giovanni de Tisi di Giustino, notaio di Rendina, per quanto riguardava  una controversia tra le comunità di Pelagio e Rendina per il possesso della malga del monte Spinole. I fatti avrebbero avuto luogo  nel 1380 in una remota e poco abitata zona del Trentino, in una società  che basava tutta la sua economia esclusivamente sull’ agricoltura e  la pastorizia,  sotto il dominio  del  principe – vescovo di Trento tramite nobili locali. Ed è uno di questi il cardine della storia, il nobile Giovanni de Tisi accusa di omicidio un malgaro che aveva ucciso “l’uomo del formaggio”. Era uso, in quel tempo, che l’affitto di una malga fosse pagato in natura. Nel caso in questione si era pattuito come affitto della malga un “uomo del formaggio” ovvero una quantità di prodotto caseario pari all’altezza di un uomo.  Quell’anno, particolarmente povero di latte, i padroni mandarono a riscuotere l’affitto un uomo di statura imponente.  Il povero malgaro incominciò  ad accatastare le forme di formaggio accanto al gigante, ma  arrivato alle spalle,  aveva terminato il formaggio, così  tolse dal ceppo un’ascia e semplicemente  tagliò la testa del riscossore del tributo e raggiunse la giusta quantità da dare”. ( cit. Carlo Scattolini)

Questa spiegazione non risponde appieno al significato della  frase, ma vediamo ora una terza ipotesi

3- I malgari ovvero i produttori di formaggi, erano gente abituata alla solitudine dei monti, forti, temprati da un lavoro duro e dall’ ambiente di montagna impervio e rigido.  Erano uomini taciturni, burberi, pratici, contemplativi e poco avvezzi alle furberie della gente di città.  Accadeva, quelle rarissime volte, che scendevano a valle per vendere o barattare i loro prodotti  che se qualcuno provava a imbrogliarli o a prendersi gioco di loro si facevano giustizia da soli in modo brutale e violento. Loro erano fisicamente molto forti e ne avevano spesso la meglio a suon di pugni e sberle.

Queste sono le spiegazioni che sono riuscita a trovare di questo detto sempre molto usato ci riportano tutte a una giustizia fatta utilizzando qualche sberla o pugno… come andava di moda un tempo per farsi rispettare.

E io auguro a tutti gli arroganti di trovare prima o poi quel del formajo, magari, che insegni loro l’educazione a parole ma che l’arroganza venga spenta definitivamente sul nascere.

Alberta Bellussi