VILLA CORRER PISANI DI MONTEBELLUNA, MEMORIALE DELLA GRANDE GUERRA.

Categoria: Locali

INTERVISTA AL SINDACO DI MONTEBELLUNA, MARZIO FAVERO.

Da e-mail di Francesco Cecchini, agosto 2018

Il 4 novembre1918 sancì ufficialmente la vittoria di alcuni eserciti su altri. Il giorno prima a villa Giusti, a Padova, era stata firmato l’armistizio fra l’Italia e i suoi alleati con l’impero austro-ungarico.

Il sindaco Marzio Favero, ideatore del progetto così aveva spiegato, anni fa, l’iniziativa, : “La scelta di recuperare e valorizzare la Villa è dettata da una serie di fattori. In primis il bisogno di salvare un bene culturale più importante della città prima che sia troppo tardi. Infatti, dopo quarant’anni senza manutenzione, la villa è ormai al limite della tenuta sul piano strutturale. Anno dopo anno i diversi ambienti interni sono andati spegnendosi per inagibilità. Ragion per cui il restauro è semplicemente necessario. Fra qualche anno sarebbe inutile perché troppo tardi. In secondo luogo, il progetto mira a trasformare Villa Pisani in un motore culturale e turistico utile a rilanciare a livello nazionale e internazionale il Montello, quale teatro della battaglia decisiva della Grande Guerra, in rete con gli altri comuni. Infatti, il progetto prevede che nel corpo più nobile della villa, quello ad H, sia realizzato non un museo, ve ne sono già una settantina in Veneto, bensì un Memoriale, cioè un centro di rappresentazione e interpretazione, interattivo e multimediale, in rete con i siti e i musei.”

Domanda: Quando crede che il progetto del Memoriale, sarà completato e sarà operativo?

Per i primi di agosto è prevista la consegna del cantiere. Organizzeremo una presentazione con possibilità di visita ai locali restaurati. Poi partirà l'allestimento. La data prescelta per l'inaugurazione è il giorno 3 novembre, data di firma dell'armistizio che apre però una nuova fase storica irrevocabilmente condizionata dalla Grande Guerra.

Domanda: Lei è stato obiettore di coscienza ed è antimilitarista. Il progetto del Memoriale è in armonia con il suo antimilitarismo?

Assolutamente sì. Non nasce per celebrare una vittoria, ma per commemorare una tragedia che ha segnato profondamente e irreversibilmente la storia dell'umanità. Si tratta, da un lato di rendere l'onore della memoria al sacrificio di milioni di persone e, dall'altro lato, di demistificare la retorica che ovunque, ma soprattutto in Italia e in particolare in età fascista, è stata edificata per coprire la reale natura del primo conflitto tecnologico dell'età moderna che ha irreversibilmente modificato, in maniera imprevista, il concetto millenario di arte della guerra. Infatti, se prima, con calcolo cinico, era possibile concepire i conflitti fra le nazioni come strumenti utili alla risoluzione delle tensioni interne ed esterne, il dispiegamento degli arsenali contemporanei rende obsoleta tale visione. Nel "Il nomos della terra" Carl Schmitt, il giurista del Terzo Reich, filosofo dall'intelligenza luciferina, chiude il suo capolavoro con una frase in apparenza di grande sensibilità, ovverosia che il futuro, se vi sarà, apparterrà agli uomini di pace; in realtà è una fredda e lucida considerazione sull'insostenibilità di una terza Guerra Mondiale che sarebbe di annientamento globale.

Domanda: Crede che il Memoriale racconterà anche l’abbandono di Montebelluna, la fame di Pederobba e le fucilazioni (1) di Nervesa?

Il Memoriale dovrà raccontare anche e soprattutto lo squallore del conflitto. Certamente si occuperà anche delle popolazioni e dei territori coinvolti negli scenari bellici poichè la tragedia vissuta dai civili dischiude un modo diverso e terpeutico per interpretare la guerra. C'è, all'interno di ciascuno di noi, una componente aggressiva insita nella nostra eredità ancestrale che ci porta ad essere affascinati dalla sintassi della guerra, cioè dal suo movimento: attacchi, contrattacchi, strategie, atti di eroismo ecc..., peccato che la semantica sia di uno squallore enorme: ferite atroci, morti, famiglie in lutto, ossa da recuperare per i sacrari, mutilati, bambini uccisi, donne violentate, paesi incendiati, morti per fame ecc... Quando i venti di guerra cessano rimane il tanfo dei cimiteri ed è questo orrore che la memoria ad uso pubblico tende ad ottundere nella percezione generale, cercando di dare un senso postumo, attraverso motivazioni più o meno nobili, alla morte e al dolore di troppe persone. In realtà il risultato è quello di allontanare l'attenzione dai giochi di potere di elite irresponsabili. Il nostro scrittore Comisso, dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, durante la seconda definì con ironico e amaro ossimoro "criminali ingenui"coloro che decidono di portare le nazioni in guerra.

Domanda: Non pensa che la Grande Guerra più che altre considerazioni abbia significato la fine di un periodo di connivenza civile in Europa e la preparazione di altre tragedie come il nazifascismo e la seconda guerra mondiale?

Oggi, molti studiosi convengono nel ritenere che nella prima metà del '900 non ci siano state due guerre mondiali, bensì un unico grande conflitto, con una tregua in mezzo.

Credo abbia ragione Guido Ceronetti quando in un suo recente articolo apparso sul Corriere della Sera, afferma che la Grande Guerra non è mai veramente finita. In effetti è stato un terremoto le cui onde arrivano fino al presente. Quando accendiamo la televisione e vediamo i conflitti nel Medio Oriente dobbiamo ricordarci che quei disordini sono dovuti, in quota parte, agli accordi di pace sbagliati stipulati alla fine della seconda guerra mondiale che fu, a sua volta, figlia degli accordi di pace ingiusti sottoscritti alla fine del primo conflitto mondiale. I filosofi usano un termine per descrivere l'epoca inaugurata dalla Grande Guerra: il dominio della tecnica. L'espressione indica il fatto che, già dopo i primi mesi dall'inizio del conflitto, le sorti del medesimo non erano più riposte nelle mani di chi l'aveva promosso, bensì nella potenza degli apparati produttivi e degli arsenali: avrebbe vinto chi avesse mandato più pezzi di ricambio meccanici e biologici al fronte. Questa perdita di ruolo della soggettività umana rispetto agli apparati burocratici e tecnici non è forse un lascito ancora attivo nella nostra società contemporanea? Pensiamoci: viviamo in un'epoca in cui persino i fondi sovrani degli Stati possono essere aggrediti dalla speculazione finanziaria di fondi privati fuori del controllo delle democrazie contemporanee. Il Memoriale non nasce per parlare del passato, ma per offrire gli strumenti per meglio interpretare il presente che è segnato da profonde ingiustizie su scala planetaria che alimentano quel network definito terrorismo. La verità è che, come ha ben detto Ceronetti, la prima Guerra Mondiale è stata una guerra escatologica, cioè che ha cambiato il corso della storia umana e il suo destino. Essa non ha messo fine al pacifico ordine ottocentesco, ne ha solo portato a compimento le contraddizioni interne. La grande domanda a cui nessuno ha una risposta è se fosse o meno evitabile.