Lettere al Direttore Foglio 21.10.2016

Categoria: Rubriche

Perché l’astensione dell’Italia all’Unesco? Una risposta c’è. La frasaccia “mi bastano alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo dei vincitori”

1-Al direttore - Ok, ora si può tornare su Marte, ma con un accordo più ampio.

Giuseppe De Filippi

2- direttore - Questa è una lettera aperta al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Caro Paolo, l’Italia si è astenuta nella votazione con cui l’Unesco ha approvato in via definitiva la risoluzione in cui i luoghi santi della Città vecchia di Gerusalemme vengono menzionati esclusivamente con i loro nomi islamici e in cui si definisce Israele “potenza occupante”. Ti conosco da anni, ho anche scritto un libretto in polemica con una tua legge, ho motivo di ritenere che la mia stima sia ricambiata. Ricordo le tue iniziative durante la sindacatura Rutelli: non devo spiegare a te che cosa significa la risoluzione dell’Unesco per Israele e per gli ebrei, perché questa venga a ragione considerata una Shoah culturale. Ma voglio sapere il come e il perché. Il come. Qual è la procedura con cui è deciso il  voto dell’Italia all’Onu? è una decisione diplomatica o politica? Immagino che la struttura avrà preparato un dossier con i suoi pareri. Ma poi, chi decide? L’ambasciatore o il ministro? Il ministro o il governo? Viene informato il presidente della Repubblica? Quale procedura è stata seguita in questo caso? Il perché. Cinque paesi europei hanno votato contro, noi ci siamo astenuti. La struttura diplomatica sapeva certo quali sono le varie posizioni, sapeva che la risoluzione sarebbe passata comunque e ha deciso di astenersi. Evidentemente ha preferito allinearsi con la maggioranza anziché votare contro, come hanno fatto Inghilterra, Germania, Olanda, Estonia, Lituania. Evidentemente perché ragioni di convenienza hanno prevalso su quelle logiche ed etiche, nonché sulla verità storica. Quali erano quelle ragioni? La possibilità di avere un seggio temporaneo in Consiglio di sicurezza? Quella di vederci riconosciuto un ruolo di mediatore nelle vicende mediorientali? Oppure erano ragioni di convenienza economica, gli investimenti che le nazioni arabe hanno già fatto da noi, e quelli che potrebbero fare? O sono ragioni di politica interna, vedi mai anche queste legate al referendum del 4 dicembre? E’ una questione politica di prima grandezza, non la si può archiviare e lasciare che l’indignazione riempia le pagine del Foglio e poi si smorzi. Abbiamo il diritto di sapere quali sono i valori a cui il governo ispira il suo agire.

Con amicizia,

Franco Debenedetti

E’ un’astensione misteriosa, e credo che mercoledì prossimo verrà spiegata in Aula dallo stesso ministro. Al momento ciò che abbiamo raccolto sulla vicenda è questo: l’Italia ha scelto di astenersi per raggiungere un risultato politico-diplomatico, ovvero convincere qualche paese orientato sul sì ad astenersi per certificare che il sì su temi sensibili come questo è minoritario all’Unesco (le astensioni sono state 28, i voti favorevoli sono stati 26, sette in meno di quelli registrati in passato su risoluzioni simili). Vedremo se sarà davvero questa la spiegazione (un po’ minimale). Ma fino a che non ci sarà una versione ufficiale l’impressione sarà sempre la stessa: l’Italia avrebbe potuto votare no alla cancellazione di 4.000 anni di storia israeliana e invece, clamorsamente, ha votato nì.

3-Al direttore - Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine al direttore e a tutto il personale del Foglio per la bella manifestazione di oggi e, soprattutto, per la costante, instancabile lotta in difesa dei diritti e dell’esistenza stessa di Israele. Non lo dimenticheremo mai.

Silvia Conti

4-Al direttore - Leggendo il suo accorato editoriale sulla scandalosa astensione dell’Italia all’Unesco, mi riecheggiava, maligna, la frasaccia di Buonanima che suonava più o meno così: ‘mi bastano alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo dei vincitori”, detta all’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, quando la Germania nazista pareva inarrestabile. Mutatis mutandis, la costante della furbizia miope, la perseveranza della contabilità cinica di bottega, la mancanza di ideali e di senso di giustizia  anche di fronte alla  palese crudeltà e alla falsità storica, restano innegabilmente parte della nostra storia nazionale.

Alessandra Padrono Martini