L'Italia vista dagli altri. L'ondata anti-establishment è pronta a colpire l'Italia?

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La rassegna della stampa internazionale sui principali fatti che riguardano il nostro paese. Oggi articoli di Financial Times, Bloomberg, Echos, New York Times, Abc

a cura di   | 10 Novembre 2016 ore 09:03 Foglio

New York, 10 nov - (Agenzia Nova) - L'inattesa vittoria del repubblicano Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi pone il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, in una posizione difficile, proprio mentre si avvicina il referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre prossimo, che per il governo italiano potrebbe trasformarsi in un passaggio sotto le forche caudine. Renzi, sottolinea "Reuters" in un articolo ripreso dal "New York Times", è stato uno dei pochi leader mondiali di primo piano ad esporsi ripetutamente in favore della democratica Hillary Clinton, uscita sconfitta dal voto di martedì. Oltre a nuocere a Renzi sul fronte diplomatico, l'endorsement a Clinton rischia di caricare sul premier l'immagine di esponente dell'establishment, come sottolinea il politologo e professore dell'Università Luiss di Roma, Roberto D'Alimonte. Secondo David Zahn, direttore per il fixed income europeo presso Franklin Templeton, "la vittoria di Trump conferma la forza del populismo, e suggerisce che il "no" al referendum italiano potrebbe essere più forte del previsto". Gli investitori paiono condividere questa preoccupazione, dal momento che dopo la vittoria di Trump lo spread tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi è aumentato di 7,8 punti base a 154,05, ai massimi dal mese di giugno. Le opposizioni italiane, sottolinea "Reuters", sono prontamente saltate sul carro del vincitore delle presidenziali Usa: il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, ha scritto sul suo blog: "Noi siamo i barbari. I veri idioti, i populisti e i demagoghi sono i giornalisti e gli intellettuali dell'establishment". Il partito italiano Forza Italia dell'ex premier italiano Silvio Berlusconi - a sua volta schierato per il "no" alla riforma costituzionale italiana - ha scritto sul proprio account Twitter: "In America hanno votato No". il leader del gruppo parlamentare di Forza Italia, Renato Brunetta, ha chiesto a Renzi di dimettersi dopo il suo endorsement alla Clinton. Ieri il premier italiano si è formalmente congratulato con Trump per la sua vittoria elettorale, e ha assicurato che le relazioni tra i due paesi restano immutate: "mi congratulo con lui e gli auguro buon lavoro, convinto che l'amicizia resti forte e solida".

L'Italia è il prossimo bersaglio dell'ondata anti-establishment

New York, 10 nov - (Agenzia Nova) - L'ondata di populismo che ha spinto il Regno Unito fuori dall'Unione Europea, e proiettato il repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca, punta ora dritta sull'Italia, scrive Anooja Debnath su "Bloomberg". La vittoria del candidato repubblicano alla presidenza Usa ha causato un immediato contraccolpo sulle obbligazioni sovrane italiane, con un aumento dello spread tra i Btp e i Bund decennali tedeschi di 7,8 punti base a 154,05, ai massimi dal mese di giugno, in concomitanza con il voto britannico per la Brexit. Il timore degli investitori, infatti, è che l'elezione di Trump preluda alla sconfitta del governo italiano del premier Matteo Renzi al referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre, che si preannuncia di fatto un voto di fiducia sul premier. "Se il voto di protesta è davvero una tendenza generale", spiega Kit Juckes, di Societe Generale Sa, i prossimi ad esprimerlo potrebbero essere proprio gli elettori italiani. In molti ritengono l'elezione di Trump negli Usa una sorta di "deja-vu" di quanto accaduto con il referendum britannico della scorsa estate. Lo stesso vale per il referendum costituzionale italiano ormai incombente, afferma Martin van Vliet di ING Groep NV, con sede ad Amsterdam. "Il referendum italiano si tradurrà probabilmente in un voto a favore o contro l'establushment, e questo è un rischio per Renzi", sostiene l'analista finanziario. "I sondaggi attualmente puntano nella direzione del 'no', una tendenza che si può probabilmente spiegare con questa prospettiva anti-establishment e che pone un pericolo in vista delle elezioni del prossimo anno in altri paesi dell'eurozona".

Gentiloni, la vittoria di Trump "cambierà molte cose nel mondo"

Londra, 10 nov - (Agenzia Nova) - Il ministro degli Esteri italiani, Paolo Gentiloni, riferisce il "Financial Times", ha dichiarato che la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti "è un fatto molto importante che cambierà molte cose nel mondo". L'esponente del governo di Roma ha manifestato il rispetto dell'Italia per il risultato; il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva apertamente sostenuto Hillary Clinton. Il leader italiano, riporta "The Times", sarà il primo in Occidente dopo il voto statunitense a misurarsi col clima di protesta popolare, nel referendum sulla riforma costituzionale; il populismo potrebbe fargli perdere il potere.

In Italia i populisti accolgono con gioia la vittoria di Trump, il Vaticano invece senza entusiasmo

Parigi, 10 nov - (Agenzia Nova) - "Chi avrebbe pensato che Donald Trump avrebbe vinto?": questa domanda Matteo Renzi la pone e se la pone, lui che aveva espresso un sostegno netto ai Democratici statunitensi in generale ed alla loro candidata Hillary Clinton in particolare, auspicandone ardentemente la vittoria. Inizia così l'articolo del quotidiano economico francese "Les Echos" che dà il titolo alla rubrica quotidiana di prima pagina "Succede in Europa" in cui il corrispondente da Roma Olivier Tosseri passa in rassegna le reazioni politiche in Italia all'elezione di Trump. Renzi dunque, ed il suo ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sembrano pronti a farsene una ragione: "Rispettiamo il responso del popolo degli Stati Uniti", ha detto il capo del governo italiano, "e siamo pronti a collaborare con la nuova presidenza". "L'amicizia italo-americana è solida", gli ha fatto eco Gentiloni, che però ha anche posto dei paletti: "Questo tuttavia non cambierà la nostra opposizione al protezionismo ed alle chiusure", ha aggiunto. L'elezione di Trump non ha suscitato grande entusiasmo neppure in Vaticano: la Santa Sede ha porto i suoi auguri al nuovo presidente Usa, assicurandogli di "pregare perché il Signore lo illumini e lo sostenga al servizio del benessere e della pace nel mondo". Di tutt'altro tono, riferisce la corrispondenza, sono state invece le reazioni dei partiti populisti italiani, che hanno esultato all'annuncio dell'elezione di Trump: "Il popolo batte i poteri forti 3 a 0" ha dichiarato il leader della Lega nord (Ln) Matteo Salvini, che era andato ad incontrare e sostenere Trump durante le primarie. Stesso entusiasmo da parte del fondatore del Movimento 5 stelle (M5s), Beppe Grillo, che tuttavia era rimasto neutrale nel corso dell'intera campagna elettorale Usa. L'istrione, scrive Tosseri, vede nel trionfo inatteso di Trump il preludio di quello prossimo del suo M5s: "Trump ha offerto un 'Vaffaday' da pazzi, l'apocalisse dell'informazione, della televisione, dei grandi giornali, degli intellettuali e dei giornalisti" ha scitto Grillo sul suo blog. "Apocalisse": ecco, conclude il giornalista francese, questo è l'unico termine sul quale sono d'accordo tutti i commentatori italiani rispetto a quanto è successo negli Stati Uniti.

Presidenziali Usa: Magris, anche certa cultura è responsabile del populismo

Madrid, 10 nov - (Agenzia Nova) - "Molto preoccupato" dall'arrivo di persone "terribili", incerto sulla sorte della "posizione dominante degli Stati Uniti", ma con una convinzione. "Anche una certa cultura è responsabile di questi populismi". Il quotidiano spagnolo "Abc" intervista lo scrittore italiano Claudio Magris, a Madrid per ricevere dalle mani del Re il premio "Francisco Cerecedo" di giornalismo, all'indomani della vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi. "Abbiamo trascurato molto le paure aggressive, in parte reali in parte inventate, di molta gente; e questa gente è facilmente manipolabile da questi nuovi leader", spiega lo scrittore che rimanda a una frase "brillante, meravigliosa" di Karl Marx: "'Gli oppressi pensano male'. È una delle ragioni principali che dovrebbe spingerci a liberare gli oppressi", spiega lo scrittore. "Anche i progressisti e la classe politica lo hanno dimenticato, in modi diversi e in diversi paesi, lo hanno ignorato, rimanendo saldi nella convinzione che non avrebbero mai perso il controllo". Ripercorrendo un episodio della sua vita giovanile, Magris torna su Marx e sul sottoproletariato "talmente oppresso che non ha neanche la possibilità di pensare in senso critico la situazione politica". Gente facile preda di leader "assolutamente antidemocratici". Lo stile di Trump "rappresenta, per me, la fine di tutto. Per esempio, prosegue lo scrittore - posso stare qui tranquillamente a parlare con lei, ma sarei incapace di parlare con Trump. Questo risultato, per me pericoloso, questa vittoria populista, rappresenta il peggio della politica. I nazisti erano populisti, il nazismo ha rappresentato il populismo perfetto". Certo, spiega il triestino "non sono un esperto di politica statunitense". E si difende quando gli viene ricordato il suo ruolo di intellettuale. È una parola "molto pericolosa", "non credo che scrivere un libro significhi capire meglio la realtà di quanto non lo faccia un fisico". Anche perché, molti "grandi scrittori del passato sono stati fascisti, stalinisti. Eppure li amiamo lo stesso". Un intellettuale, "è chiunque sia capace di mantenere una distanza critica, anche su cose che lo riguardano, nella sua relazione con il mondo. Uno scrittore, completamente coinvolto nel processo di fabbricazione di libri, nella promozione e nel ricevere premi è come quel lavoratore nel film di Chapli", dice con un sorriso.

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