Rileggere la democrazia dei creduloni per capire l'ideologia no vax

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Karl Kraus recita: “La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero”.

9 Settembre 2017 alle 06:21 da www.ilfoglio.it

1-Al direttore - L’on. Giorgia Meloni, che con tutta evidenza conosce “Le pensée sauvage” di Claude Lévi-Strauss come le sue tasche, ha sostenuto in un pirotecnico talk-show televisivo che ci sono alcune etnie inclini allo stupro. Un celebre aforisma di Karl Kraus recita: “La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero”.

Michele Magno

Lei cita Giorgia Meloni. Io citerei, come frase della settimana, quella offerta giovedì scorso da Matteo Salvini, che dopo aver attaccato la nuova legge sui vaccini, durante una conferenza stampa prima ha detto che “vaccinarsi deve essere una libera scelta, non un obbligo sovietico” e poi ha detto che “non vorrei che qualche multinazionale o casa farmaceutica avesse preso l’Italia come paese cavia”. La frase di Matteo Salvini merita di essere citata perché fotografa perfettamente un universo paranoico che un pezzo della politica italiana ha scelto di rappresentare. E’ un universo in cui tutto si tiene insieme – i microchip sottopelle, l’esistenza delle sirene, le scie chimiche, l’idea che dietro le stragi degli anni di piombo ci sia il Bilderberg, la convinzione che lo sbarco sulla Luna sia stato una finzione della Cia, la sicurezza, come hanno detto più volte in passato diversi esponenti del Movimento 5 stelle, che Rita Levi-Montalcini abbia ottenuto il Nobel grazie all’aiuto di una multinazionale farmaceutica – e in cui vive un livello di delirio culturale descritto in modo magistrale dal sociologo Gérald Bronner nel suo libro sulla “Democrazia dei creduloni”. “Chi aderisce al mito del complotto ha la sensazione di saperne di più di una persona qualsiasi e di essere perciò meno ingenuo di lui. Per questo non è affatto semplice convincerlo della inconsistenza dei suoi argomenti, perché egli vede immediatamente il suo interlocutore come difensore della tesi ufficiale che lui vuole combattere. Se si aggiunge a questo che i miti del complotto corteggiano spesso stereotipi e forme di sottocultura, si capisce facilmente che non c’è bisogno di essere razionali per considerarli seducenti”. Prima di allearsi con uno così, caro Cav., forse sarebbe bene pensarci due volte.

2-Al direttore - Niente sesso siamo inglesi! Fedeli alle tradizioni però un passo avanti agli altri, alcune scuole inglesi per essere politicamente corrette e non imporre ai bambini una scelta di genere predefinita, hanno abolito la gonna. Sarà, ma secondo me gli scozzesi s’incazzano e di brutto.

Valerio Gironi

3-Al direttore - Caro Cerasa, le considerazioni del Von Drehle, a dispetto del Washington Post che sulla dittatura della condivisione ci campa, e soprattutto le Sue, portano, come Lei giustamente conclude, al sempre più virulento “da che parte stare”. Cosa che ha già spaccato gli Usa in un modo che riporta gli stati d’animo più turbolenti come ai tempi della guerra di secessione, mentre l’Europa sempre appecoronata alla condivisione crede di essersi sbarazzata definitivamente dei “populismi”. Ma noi sappiamo, anche senza ricordare né Tocqueville né Canetti, che fare solo affidamento sul peso delle masse alla lunga non porta nulla di buono. Anche se non sappiamo quanto ancora durerà l’èra iniziata simbolicamente a Runnymede, ammesso che il pianeta abbia ancora delle ere future.

Mario Mauro

4-Al direttore - Bellissimo articolo, e coraggioso, quello di Annalena Benini sull’uso pornografico dei verbali della polizia. Complimenti. Coraggioso perché è apertamente critico verso chi strumentalizza la cronaca più tragica per svegliare gli istinti più primitivi – di vendetta, chiusura, paura – e per influenzare surrettiziamente il dibattito pubblico su immigrazione e ius soli. E anche perché critica uno dei 2 grandi quotidiani nazionali. Che piacere leggere nelle sue righe le riflessioni che ho fatto in privato ieri stesso. E concordo con Cristina 62, anch’io (sono un uomo) sono rimasto allibito leggendo su Repubblica – senza che l’autore dell’articolo osasse fare alcun commento – che la rapina aggravata è più grave dello stupro. Ma che schifo di paese è questo in cui lo stato (ovvero noi stessi) “avalla” un crimine così atroce come lo stupro, minimizzandone la gravità, e non equiparandolo neanche a quello di una rapina aggravata? Ci sarebbe da dir tanto, su modelli culturali e riferimento che stanno corrompendo le nostre menti e la nostra società.

Emanuele Ciriolo