non è un momento facile per i comici italiani e provare a far ridere imitando i paladini del governo

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non è un momento facile per i comici italiani e provare a far ridere imitando i paladini del governo

 Lettere Direttore 22,1,2019 www.ilfoglio.it

1-Al direttore - Un’altra suppletiva persa e dichiarano guerra alla Francia.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - Sottoscrivo Maurizio Crippa: non è un momento facile per i comici italiani e provare a far ridere imitando i paladini del governo non è facile considerando la comicità degli stessi protagonisti.

Luca Martelli

Eppure qualcuno ci riesce. E se non avete visto la performance di Luca e Paolo domenica scorsa a “Quelli che il calcio”, con la loro lirica “Gente normale”, riascoltatela leggendo il loro testo con le note di “Gente di mare” nelle vostre orecchie. “A noi che siamo bibitari di tribuna / E fuoricorso all’università / In cerca di una botta di fortuna / Beppe ci ha dato un’opportunità. / E ora che siam dentro ai ministeri / Ne avremmo riso pochi anni fa / A giudicarci non siate severi / Ci mettiam tanta buona volontà. / Gente normale / Che non lo sa / Come governare / Ma imparerà / Poca esperienza / Un po’ di follia / Ma siam bravissimi ad obbedire / E’ la nuova democrazia / Adesso combattiam vaccini e banche / Dei dissidenti non abbiam pietà / Qualcuno dice che rubiamo lo stipendio / E’ vero ma ne restituiam metà. / Gente normale / Che non lo sa / Che cosa fare / Ma grida “Onestà!” / Abbiam svoltato / Andiamo in tv / Da noi può farcela chiunque / Cosa aspetti? vieni anche tu! / A Montecitorio / C’è qualcuno che ne sa / Meno di te. / Gigi Di Maio / Che autorità / Stava al San Paolo / Vendeva i Cynar / Era nullatenente / Come il papà / Oggi lo vedi e non hai più dubbi: / Ha sconfitto la povertà. / E la gente ci cascherà”. Perfetto

3-Al direttore - Il sig. Di Battista, intervistato da Fazio, ci dice che “tra qualche anno vedremo la democrazia rappresentativa come qualcosa di obsoleto, come la monarchia assoluta”. Credo che la tanto decantata “democrazia digitale” di cui è sponsor sia solo un’illusione. Oggi la “rete” non è usata solo come mezzo di comunicazione, ma soprattutto come una macchina di potere: è un apparato informatico dominato dall’alto. Oggi così come è strutturata, la democrazia digitale, consiste nella possibilità per chi è iscritto alla piattaforma, di decidere cosa fare su un determinato argomento. Ma chi decide i temi? Chi decide i quesiti? Così le votazioni sui temi proposti, sono sempre plebisciti, su argomenti decisi da chi controlla la piattaforma. Chi chiede in modo “digital democratico” l’opinione, semplifica le ragioni del sì o del no, orientando così i votanti. La semplificazione del tema su cui si chiede un’opinione non è la chiave per risolvere tutto: ogni tema ha la sua complessità che richiede conoscenza. Banalizzarlo equivale a manipolare la democrazia digitale. Se fosse vera democrazia dovrebbe prevedere un’attività propositiva dal basso e la presenza di un vero contraddittorio: se non è così si rimane nelle illusioni che raramente hanno un futuro. Mi sia permessa un’ultima riflessione: oggi credo che l’Italia non abbia bisogno di campioni digitali capaci di racimolare like, ma solo di veri politici ovvero veri “tecnici dello stato”.

Andrea Zirilli

Tra le molte genialità dette a “Che Tempo che fa” da Alessandro Di Battista, e descritte oggi magnificamente sul Foglio da David Allegranti, ce n’è una fantastica che è questa. Di Battista ha detto che “la corruzione di oggi si chiama consulenza, le bustarelle sono passate di moda”. Chissà quanto ci metterà la Casaleggio Associati, “società che offre servizi di consulenza strategica” a presentare una querela contro il compagno Dibba.

4-Al direttore - E’ bastato, parlando di estradizioni concesse o negate, un cenno alla latitanza di Giorgio Pietrostefani, per suscitare il fastidio di Adriano Sofri. Dopo le confessioni di Leonardo Marino e le sentenze delle Corti di Milano nessuna persona di buon senso può credere che Lotta Continua non abbia fatto la sua parte in quell’omicidio. E’ Una storia che comunque non conosciamo per intero. Ad esempio chi era l’informatore del Sid “Como” di cui ho trovato negli anni ’90 le relazioni e che faceva parte dell’esecutivo di Lotta continua nel periodo dell’omicidio Calabresi? I dirigenti di Lotta continua dell’epoca sarebbero in grado di identificarlo ; non si può escludere nessuno, lo dico come mera ipotesi, nemmeno che fosse Pietrostefani o una persona a lui vicina. Posto che militanti di Lotta continua hanno certamente eseguito l’omicidio, a quale livello militare o politico, è stata presa quella decisione? Ci furono dissensi interni ? Hanno magari agito, ottenebrati dall’ideologia, inconsapevolmente nell’interesse di altri ? Anche senza parlare di tutti i coinvolti, certamente molti di più di quelli che conosciamo, insomma, come è andata? Per ora non ci sono le risposte che sarebbe giusto avere prima che quella generazione scompaia. Senza dare queste risposte non si ha diritto di chiedere la verità su altro, quello che è avvenuto nel 1969 ad esempio e negli anni successivi. Giorgio Pietrostefani è uno di quelli che di certo queste risposte le può dare. E’ il personaggio rimasto più in ombra in questa storia. Se è gravemente malato, come ricorda Sofri, non deve andare in carcere. Ma ha il dovere civile di rinunciare alla protezione francese e di tornare in Italia. Aspettiamo. Di Adriano Sofri come collaboratore del Foglio apprezzo tutto, i suoi interventi sul popolo curdo in particolare. Ma la storia dell’omicidio Calabresi proprio non ce la vogliono raccontare. Forse per pudore. Forse per tutelare le loro famiglie. Chissà?

Guido Salvini, magistrato presso il tribunale di Cremona