I valori negoziabili? Finte priorità. L’errore del sinodo dei diritti

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Se ci fossero così tante affinità tra Lega e 5 stelle, perché si dovrebbe accusare la prima di svendere i suoi punti di programma?

Lettere Direttore 26 Febbraio 2019 www.ilfoglio.it

1-Al direttore - Sostanziale tenuta del prezzo del latte.

Giuseppe De Filippi

  

2-Al direttore - Il Vaticano ha chiesto solennemente perdono alle vittime della pedofilia. Ma come la mettiamo con quelle della Santa inquisizione, degli autodafé, dei roghi, delle conversioni forzate degli ebrei e degli indios, della caccia alle streghe (grande esempio di misoginia) e ai loro poveri gatti?

Giuliano Cazzola

  

 

Il sinodo di questi giorni mi ha ricordato un bel ragionamento che qualche tempo fa consegnò al Foglio Marcello Pera. L’idea di Pera è che il cristianesimo oggi si trova di fronte a un bivio che è anche un fraintendimento: essere inteso come la religione dei diritti anziché dei doveri dell’uomo verso Dio e verso gli altri uomini. Se si parte dai doveri, Dio ha un ruolo, perché è colui che li detta. Se si parte dai diritti, Dio scompare perché l’uomo basta a se stesso. La domanda è dunque evidente: ma dedicare un sinodo ai temi della pedofilia aiuta o no il cristianesimo a essere più una religione dei doveri che dei diritti?

  

3-Al direttore - Se ci fossero così tante affinità tra Lega e 5 stelle, perché si dovrebbe accusare la prima di svendere i suoi punti di programma? Non ce ne sarebbe bisogno e governerebbero d’amore e d’accordo. La realtà è un’altra e inoltre, cosa nota a tutti, la rappresentanza parlamentare, che vale più di tutti i sondaggi, è di 2 a 1 in favore dei 5 stelle. Ritengo già un miracolo che qualcosa si sia portata a casa, immigrazione, sicurezza, Ilva, Tap, quota cento, qualcosa sulla flat tax. In questa legislatura solo due governi sono possibili: quello attuale e quello giallorosso 5 stelle-Pd: questo non mi piace ma l’altro per me sarebbe molto peggio. Se fosse così certo di andare a elezioni in caso di caduta del governo, il Capitano sarebbe stupido a non farlo cadere. Ma Mattarella e il Pd, malgrado dicano il contrario, sotto sotto non aspettano altro. E ai 5 stelle quando gli ricapita un numero di parlamentari così?

Lorenzo Tocco

    

Ragionamento corretto. Ma con un problema. Se tu decidi di trasformare in un valore negoziabile alcuni princìpi che in teoria non dovrebbero essere negoziabili – il sogno di avere tasse più basse, la legge sull’autonomia, l’attenzione al nord, l’urgenza delle infrastrutture, gli investimenti sulla ricerca, la difesa della democrazia rappresentativa – non stai solo rispettando gli equilibri della maggioranza ma stai dicendo qualcosa di più profondo: stai dicendo, semplicemente, che non consideri qualcosa di sacrificabile tutto ciò a cui hai scelto di rinunciare. E quando un principio non negoziabile diventa negoziabile significa che quel principio, in fondo, non rappresenta una priorità.

    

4-Al direttore - Farebbe parte di una corrente statalista della maggioranza che sta ridefinendo l’intervento pubblico in economia senza la minima analisi o riflessione – non dico senza un’adeguata cultura, perché potrebbe esservi il rischio che qualcuno metta almeno metaforicamente mano a una rivoltella, come nel noto episodio – l’idea vaga di trasformare la Cassa depositi e prestiti in una banca pubblica (si veda l’articolo sul Foglio del 22 febbraio a proposito delle nazionalizzazioni). In alcune varianti, si prevederebbe, invece, che la Cdp, senza trasformarsi, acquisisca importanti partecipazioni detenute dal Tesoro (a cominciare da Eni ed Enel) per concorrere, così, a ridurre il debito pubblico. Non ci sono al governo – o fra esperti di area – emuli dei Beneduce, dei Menichella, dei Mattioli, dei Saraceno che redassero la legge bancaria del 1936 e disegnarono, in una situazione completamente diversa dall’oggi, l’intervento pubblico, pur non aderendo affatto al regime fascista. Adesso, non si capisce da parte di questi presunti “homines novi” che, se la Cdp diventasse veramente una banca – mentre oggi è un “minus”, ha cioè il “nomen” di intermediario finanziario non bancario, pur essendo nella sostanza un di più – essa sarebbe soggetta pienamente a tutte le regole e a tutti i controlli vigenti per le banche in una situazione di rigorosa “par condicio”. Se, invece, si intendesse farla agire con operazioni di ingegneria finanziaria che sfruttino la sua collocazione al di fuori del perimetro del debito pubblico, è prevedibile che l’Eurostat valuterebbe diversamente tali operazioni e le riporterebbe, con la Cdp, nell’area del debito raggiungendo il bel risultato di accrescerlo, anziché ridurlo. Per la Cassa è fondamentale essere considerata fuori dal perimetro del debito in una ibrida, ma felice collocazione (a volte si è parlato di ircocervo istituzionale). A tale collocazione contribuisce in maniera decisiva la partecipazione, ancorché minoritaria, delle Fondazioni ex bancarie al suo capitale. Insomma, si tratta di navigare tra Scilla e Cariddi. Quel che, invece, dovrebbe essere considerato prioritario è un necessario chiarimento sulla missione della Cassa, una esigenza da tempo insoddisfatta. Con i migliori saluti.

Angelo De Mattia