IL BI E IL BA "Tagliare le poltrone" e altre frasi fatte di cui si è scordato il senso

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Basta ascoltare qualunque politico in qualsiasi talk-show per accorgersi di queste mostruosità della comunicazione

di Guido Vitiello 3.1°.2019 ilfoglio.it

Il guaio con le frasi fatte, come con le monete false, è che una volta coniate e messe in circolo sbarazzarsene è complicato. Giorni fa l’ospite di un talk-show mattutino invitava a “non tirare i valori cristiani per la giacchetta”. Ignoravo che le virtù teologali portassero la giacchetta, nei quadri allegorici non le ho mai viste in blazer o in giubbotto. Pensavo che quel look fosse appannaggio dei presidenti; anche se, a dirla tutta, non ricordo neppure presidenti in giacchetta, almeno in Italia (toh, forse Ahmadinejad, che sembrava sempre pronto per il casting di un film di spionaggio). Un altro ospite esortava invece a “tagliare la mangiatoia”, che detta così ricorda l’arte di tagliare il brodo – Umberto Eco la battezzò “poziosezione”.

Mostri come questi nascono quando si sproloquia senza pensare, dunque si è parlati piuttosto che parlare, e si affastellano i detriti di metafore di cui si è scordato il senso. Ma se le riscuotiamo dalla loro anchilosi (malanno che i linguisti chiamano catacresi), le facciamo sgranchire e le riaccompagniamo al significato d’origine, possono essere rivelatrici. “Tagliare le poltrone”, per esempio. A me fa venire in mente “Una su tredici”, strano film dallo strano cast (c’erano Gassman, De Sica, Sharon Tate e Orson Welles), ispirato a un romanzo russo, dove un barbiere squarciava le imbottiture di tredici sedie, eredità di una zia ricca. Ma almeno sperava di trovarci dei diamanti. Cosa sperano, questi, offrendo una libbra di Parlamento al popolo? “Tagliare le poltrone”. Suona vandalico, vero? Lo è.