Un giorno ti rilassi, il giorno dopo ti distrai, ed ecco che il ricettario che ti ha nutrito, la civiltà in cui sei cresciuto, diventano archeologia
di Camillo Langone 17.10 2019 – ilfoglio.it
Un futuro senza pane
“Avevo trentanove anni quando il pane è sparito dalla circolazione. Prima erano spariti l'olio di oliva, il caffè, il miele, la carne di maiale e avevo imparato a non sentirne la mancanza. Io e i miei colleghi andavamo avanti a integratori...”. Dei testi dedicati al pane sul numero zero di Pantagruel da oggi in libreria (“una rivista quadrimestrale, forse” scrive l'inarrivabile fondatrice Elisabetta Sgarbi), spero sia interessante il mio testo (pane e parafilia), credo siano interessanti i testi di Andrea Di Consoli e Massimo Zamboni (pane e autarchia), giudico interessantissimo, ovvero agghiacciante, il testo di Claudia Durastanti (pane e distopia). La scrittrice lucano-americana profetizza un molto verosimile futuro senza pane e dunque senza molte altre cose. Mostra benissimo come funziona la deculturazione: “Il pane non sarebbe stato più ufficialmente in commercio. Presto sarebbe stato difficile procurarsi anche il lievito, e coloro che se lo scambiavano in privato al fine di ottenere un pane più autentico e naturale avrebbero perso interesse a tenere viva quella tradizione”. Un giorno ti rilassi, il giorno dopo ti distrai, ed ecco che il ricettario che ti ha nutrito, la civiltà in cui sei cresciuto, diventano archeologia.