Lettere al Direttore Foglio 27.6.2015

Categoria: Rubriche

I fondamentalisti e l’islam, così per non dimenticare. Libertà d’espressione e sacralità

1-Al direttore - Rievocavo, poco fa, una “Traviata” al Cairo diretta da Franco Mannino, e sua moglie Uberta Visconti (sorella di Luchino) che mi aiutava a portare i lieti calici in albergo,

prevedendo che non li avremmo trovati più. Adesso però c’è da chiedersi: all’Opera del Cairo, una “Traviata” con lieti calici, e “Libiamo, amor fra i calici, più caldi baci avrà”, non sarebbe per avventura riprovevole?

Alberto Arbasino

2-Al direttore - “Quanto a Charlie bisogna stare attenti a non confondere i concetti”. Leggo spesso sul Foglio in occasione di critiche rivolte al linguaggio della satira: “Liberi di criticare, ma libertà di espressione senza se e senza ma: ognuno che non la pensa come te deve poter dire e fare tutto quello che crede”. Appunto, non bisogna confondere i concetti. La satira è necessaria, quasi sempre è condivisibile, ma non si vede la necessità di esprimere i dubbi sulla Trinità disegnando Padre, Figlio e Spirito Santo in trenino con le mutande abbassate o – per restare in casa nostra – stigmatizzare l’opportunismo con immagini di ministre o deputate accovacciate sotto la scrivania del premier e con la lingua infilata nella sua cerniera dei pantaloni. Dunque, quel che si chiede ai giornali che fanno satira di “rimpannucciare a dovere” non le idee (per carità – se ci sono) ma un linguaggio che ha eccessivo bisogno di cazzi e di culi per renderle comprensibili al lettore. 

Giuseppe Giocoli

Siamo sotto attacco. La guerra, e il terrore, si trova lì, in Francia, in Tunisia, alle porte dell’Italia. L’islam fondamentalista non è una barzelletta. La barzelletta sono quelli che ora dicono, come sempre, no, per carità, non esagerate con l’islam, occhio all’islamofobia. La situazione è quella che vediamo e per questo non ci si può girare dall’altra parte e invocare, proprio ora, proprio in questo contesto, limiti alla libertà d’espressione, quando la libertà viene trafitta a colpi di kalashnikov. C’è un tempo per tutto. E questo non è il tempo di dire che ciò che è sacro va protetto. E’ il momento di dire che ciò che è davvero sacro è altro. E’ la libertà d’espressione. La libertà di critica verso chi, per esempio, dice che l’islam con questa storia, col terrorismo, non c’entra nulla, signora mia.

3-Al direttore - I grillini hanno acceso dei ceri in Senato per celebrare i funerali della scuola pubblica. Davanti a Palazzo Madama, nel frattempo, un gruppo rumoroso di docenti e studenti faceva sfoggio di un nuovo sapere: l’insulto democratico. Per dirla con Francisco Goya, quando “El sueño de la razón produce monstruos”.

Michele Magno

El sueño de la razón produce grillinos.

4-Al direttore - Il “duello”, come il Foglio del 26 giugno definisce il confronto Mucchetti-Giavazzi sulla Cassa depositi e prestiti, è di grande interesse. Vi è, tuttavia, una lacuna che riguarda la natura della Cdp, dalla cui corretta definizione discenderebbe una necessaria chiarezza sulla missione e sul mandato per i vertici. L’Istituto è definito dalla legge come intermediario finanziario non bancario, secondo l’art. 107 del Testo unico regolatore, dunque suscettibile di “rischio sistemico”. In effetti esso è, nei fatti, un vero e proprio intermediario bancario. La qualifica della legge evoca il famoso “ego te baptizo carpam” del parroco che voleva mangiare carne di venerdì. Il profilo sostanziale è chiaro. Da un tale inquadramento deriverebbero conseguenze importanti sull’operatività, anche in nome della “par condicio” con gli altri intermediari, sui vincoli, sui controlli di Vigilanza; ovviamente, non sarebbe messa in forse (tutt’altro) la sua collocazione fuori dal perimetro del debito pubblico. Sarebbe un’operazione di pulizia istituzionale che bisognerebbe compiere, adeguando la forma alla sostanza. E da qui bisognerebbe fare ripartire il “duello”.

Angelo De Mattia

5-Al direttore - Però noi un po’ marinettiani, noi che le auto le amiamo, noi che i cataloghi li conserviamo. Insomma noi salutiamo il cuore razza Maranello che batte sotto il cofano della appena nata Fiat-Alfa, la “Giulia Quadrifoglio verde’’. Ma è un déjà vu. Sotto il cofano di un’altra vettura del gruppo, allora si trattava di una Fiat-Ferrari, la “Dino’’ (omaggio a ricordo dello sfortunato figlio del Drake’), venne montato per la prima volta un propulsore Ferrari, tutto in alluminio, un sei cilindri a V. Era la metà degli anni Sessanta. Sergio Marchionne aveva quattordici anni. 

Gino Roca

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