Lettere al Direttore 1.10.2015

Categoria: Rubriche

Politici che parlano al partito, imposture romane. Il Papa si prepara al talk show?

1-Al direttore - In un certo modo lascia piuttosto perplessi il modo con cui Corbyn viene presentato

dai media all’opinione pubblica, così la maggior parte delle persone non conoscendo la sua storia, non è in grado di valutare l’impatto politico che rappresenta. Quel che è certo è dato dal fatto che viene presentato come uno zio un po’ mattoide con idee pazzerelle che viene a stento sopportato dalla famiglia dei laburisti, in sostanza poco più di un emarginato politicamente che riporta alla memoria Ingrassia nel film “Amarcord” di Fellini quando da sopra un albero grida voglio una donna che nel caso di Corbyn è voglio una banca nazionale d’investimento e cose simili, poi la presentazione di Corbyn prosegue con la narrazione degli altri componenti del labour che praticamente lo giudicano un incidente di percorso e che sono già pronti a sostituirlo con il vice nel caso dovesse prendere iniziative a loro dire sgradevoli. Dopo arriva la politologa di grido che dice se conosci Corbyn lo eviti e poi che è destinato a rimanere alla guida del labour poche settimane, in quanto verrà presto sostituito da Watson il quale dovrebbe prendere la guida del partito per passarla al più presto ai giovani rampanti che eredi di Blair sembrano perseguire l’obiettivo di tornare al più presto al governo senza presenze ingombranti come quella di Corbyn. Insomma questo leader che sembra mezzo Letta e mezzo Bertinotti  è predestinato a essere allontanato quanto prima dalla guida del partito. In sostanza la stessa classe dirigente laburista giudica Corbyn un incidente di percorso e aspira a sostituirlo al più presto, almeno questo appare agli osservatori esterni.

Carlo De Rosa

Ha detto tutto ieri benissimo il Financial Times, che quando parla di politica inglese  ci prende decisamente più di quando parla di politica italiana. Tutto in poche parole: “Corbyn speaks to his party, not his country”.

2-Al direttore - La vicenda di Marino imbucato a Filadelfia (per farsi perdonare qualcosa, come suggerisce mons. Paglia?) mi ricorda il racconto di Cechov dove l’impiegato Cervjakov, a teatro, starnutisce e involontariamente schizza un “pezzo grosso”. Seguono suoi svariati goffi tentativi di scusarsi con il “pezzo grosso” finché costui, infastidito, lo caccia in malo modo. Cervjakov muore di dolore. Che la querelle Marino-Papa si concluda con la fine politica dell’allegro chirurgo?

Andrea Stefanoni

Se fosse una pièce teatrale, la grande parabola di Ignazio Marino a Roma non potrebbe che essere intolata così: “Le grand imposteur”.

3-Al direttore - Va bene il dibattito sulla figuraccia di Marino smentito dal Papa in persona, la certificazione pontificia della sua inadeguatezza, il senso di rivalsa collettiva, la satira, l’irresistibile tentazione della beffa aggiuntiva, il calo ulteriore della popolarità residua, le code polemiche sui costi del viaggio, se a carico del contribuente o meno;  inevitabili indignazione e stupore. Giusto. Ma una volta sviscerato tutto ciò,  non sarebbe il caso di riflettere anche sull’immagine d’alta quota di Francesco?  Non è sorprendente che il Papa globale entri audio e video in una polemica, absit iniuria verbis, piccola e locale?  Chi scrive ha studiato appassionatamente il teatro gesuitico del diciassettesimo secolo, ammirato le capacità mediatiche e pedagogiche e politiche dei gesuiti di allora, ma anche facendo la tara della storia, quell’immagine secolarissima del pontefice con il microfono in mano che in prima persona racconta di aver controllato la dinamica degli inviti vaticani e americani, l’interrogativo “chiaro?” rivolto ai giornalisti al seguito, tante volte non avessero capito che Marino era imbucato, fa una certa impressione. Che il Papa prepari un approdo nelle terre dei talk scomunicati dal presidente del Consiglio?

Alessandra Sardoni