Lettere al Direttore Il Foglio 10.12.2015

Categoria: Rubriche

In Francia non è tutta colpa del liberismo. La casta di Stella e Rizzo. In Francia quelli arrivati terzi alle elezioni dicono di non volersi arrendere e che vinceranno poi. Anche qui.

1-Al direttore - In Francia quelli arrivati terzi alle elezioni dicono di non volersi arrendere e che vinceranno poi. Anche qui.

 Giuseppe De Filippi

 2-Al direttore - Che per Matteo Renzi sia preferibile avere un alleato credibile ancorché scomodo (Angela Merkel), rispetto a uno inaffidabile, è fuor di dubbio. Che il successo del Front national poggi, innanzitutto, sulla strumentalizzazione della “perdita di identità nazionale” e dei “cedimenti sull’immigrazione” è altrettanto vero (il Foglio del 9 dicembre). Ma ciò non può escludere come apporto a questo successo la questione economica – che è il “prius” e il “posterius” dei due citati fattori – non essendo sufficiente sostenere che, non avendo la Francia osservato appieno i vincoli di Bruxelles (quasi esclusivamente per il rapporto deficit/pil), non si può affermare che essa abbia patito l’austerity comunitaria: una politica che, invece,ha avuto, e tuttora ha, ricadute generali in Europa. Da questo punto di vista fa bene Renzi a chiedere un cambio di direzione per l’Unione. Solo che questo mutamento non può ridursi alle flessibilità “ottriate”, ma deve riguardare l’architettura delle misure europee, a partire dal Fiscal compact. Si perde, così, l’alleato credibile? Ma se di vera alleanza si tratta, allora bisogna parlare di una “discordia concors”; diversamente, si tratterebbe di mera sottomissione per l’Italia. Ci illuderemmo soltanto di essere alleati.

Angelo De Mattia

Non trova curioso che a gioire per i successi di Le Pen sia lo stesso fronte che – in Italia e in giro per l’Europa – sostiene che la crisi economica sia tutta colpa del liberismo? E chi glielo spiega ai signori Salvini & Associati che la Francia della Le Pen, ehm, è la stessa Francia che ha sforato il deficit del tre per cento da un pezzo e che ha portato la spesa pubblica del paese (57,2 per cento del pil) a un livello che neanche l’Italia (51 per cento)? Ci fosse stato il liberismo vero, in Francia, il fenomeno Le Pen sarebbe stato meno fenomenale.

3--Al direttore - Certo ricorderai l’inchiesta sulla Terra dei fuochi che scrissi a febbraio dell’anno scorso per il nostro giornale, un articolo che sono contento di aver scritto e che riscriverei esattamente allo stesso modo. In quell’occasione Giuliano Ferrara mi disse: “Va’ e scrivi quello che ti pare. Se è il più grande scandalo del secolo, lo mettiamo in prima. Se non lo è, lo mettiamo in prima comunque”. Andai e raccontai ciò che avevo visto, e con tutti i dubbi e la fatica che comporta l’accostarsi da osservatore disincantato, ma non reticente né corrivo, a una vicenda delicata che coinvolge vite umane e riguarda il destino di una terra dove la disgrazia è il prolungamento della normalità. Raccontai le contraddizioni della Campania percepita: l’inquinamento che c’è e quello che invece era suggestione mediatica (“l’inferno atomico”), le fragole commestibili e i preti che maledicono i pomodori dal pulpito, gli scienziati e i pentiti di camorra, la puzza di discarica nelle campagne e l’agricoltura sana che convive con l’orrore. Per questo ieri ho trovato sorprendente un articolo con il quale Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera, tentano di darmi del razzista, forse quasi del camorrista, estrapolando un periodo del mio lungo articolo, completamente fuori contesto, con la voglia diffamatoria di Marco Travaglio, che evidentemente ha contaminato anche i migliori tra noi. Chi poteva mai immaginare che i migliori sarebbero diventati i peggiori.

Salvatore Merlo

 Taglia e cuci. Potremmo persino chiamarla casta.

4-Al direttore - Ella ha ragione quando afferma che “il terrorismo va studiato non nel suo contesto sociale ma nel suo contesto ideologico”. Lo stesso contesto ideologico che, aggiungo, se venisse assunto da coloro che si oppongono al nostro intervento armato di terra in casa del nemico (leggi territori dell’Isis, in Siria ed Iraq, e non solo), viceversa renderebbe la necessità dell’azione militare sul campo di un’urgenza incontrovertibile. I sacerdoti del politicamente corretto, difatti, dovrebbero porsi una domanda: come mai il capo assoluto dell’Isis, pur proponendo un progetto di islamizzazione globale del mondo oltre ogni limite e confine, nel giugno del 2014 decise di perseguire la nascita di un “territorio” del califfo ben identificato e riconoscibile? Colpevole silenzio da parte di molti dei suddetti sacerdoti! I quali, per criterio ideologico mostrano di avere dimenticato la lezione del filosofo della politica e giurista C. Schmitt: ogni visione del mondo che voglia imporsi come dominante deve avere la sua radice originaria in uno spazio fisico-terrestre, sul quale erigere un proprio nomos o ordinamento. Possesso e conquista di un territorio, divisione di quanto conquistato dal resto dello spazio terrestre, pascolare (=abitare) nel suo ambito: questi, secondo Schmitt, sono i componenti di ogni nomos. Che per noi hanno condotto allo stato di diritto; per l’Isis conducono allo stato teocratico-totalitario. Ma il fondamento originario resta lo spazio terrestre. A questo punto mi pare così chiaro perché si debba intervenire con l’azione militare di terra nelle regioni dell’Isis, che appare superfluo aggiungere ulteriori parole. Noi dimentichiamo i nostri maestri; loro, paradossalmente, ne confermano la grandezza teorica e l’attualità pratica.

Alberto Bianchi