Lettere al Direttore Foglio 29.3.2016

Categoria: Rubriche

Sul terrorismo l’Europa è un’espressione. Ci vuole Bibi. Senza cappello non sembrava più quello con il cappello.

1-Al direttore - Senza cappello non sembrava più quello con il cappello.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - Forse solo Bibi Netanyahu potrà salvare questa Europa dopo Bruxelles? Forse. E’ una provocazione interessante, quella del Foglio. Ma anche l’indicazione pratica di un modus operandi. Eppure, ora che le emozioni già si affievoliscono, che l’orrore negli occhi va a rinchiudersi nel cassetto degli orrori recenti, Madrid, Londra, Parigi ecc., il percorso di questa Europa ha una sua bussola. Senza contare che è una Europa che già aveva appaltato buona parte della propria difesa ad altri, e da circa settant’anni. Ora che i “cugini” americani (la terminologia, romanzesca, è di le Carré) hanno ripensato – ci piaccia o meno, abbiano ragione o no – alle loro priorità strategiche, ci ritroviamo abbastanza in mutande. Per restare allo scacchiere mediorientale (scacchiere, che déjà-vu: è persino bello, negli anni delle asimmetrie militari e tattiche, sognare la storia, e la diplomazia, e la guerra, come una serie di mosse e contromosse razionali, millimetriche, su di una scacchiera: salvo, sbagliando mossa, giocarsi la partita) c’è il modello di sicurezza israeliano, certo: guidato dalla sopravvivenza. Dalla ostinazione. Da una visione di futuro, almeno a medio termine. Un modello progettuale. E poi ce n’è almeno un altro, di modello. Non è brutto. Anzi. Affascina gli orientalisti. Seduce i letterati. Accarezza il levantinismo decadente che alberga in ognuno di noi. Profuma di avventura, di cedro, di arak, di salmastro e di possibilità a breve. Di romanzesco, ancora. E’ il modello libanese. Il Libano – e Beirut innanzitutto – propone un tipo diverso di risposta al terrorismo. Non quello della difesa e dell’offesa: quello della permeabilità. Della mollezza. La risposta, o la resistenza apatica e disperata, di uno stato fragile, posato su equilibri e accordi ancora più fragili e imperscrutabili, multireligioso, familistico, dinastico, multietnico e multiculturale. Che appalta fette del suo territorio ai Drusi o a Hezbollah, che dopo la guerra civile si è lasciato affidare alla pax siriana, che oggi attende da ventidue mesi l’elezione di un presidente della repubblica. Che lascia scorrazzare indisturbate dentro i suoi confini forze straniere, milizie paramilitari, squadre di spioni, e anche i Caschi blu dell’Onu, che ha trasformato campi profughi permamenti in sorta di municipalità. E’ un modello che seduce. Al prezzo di qualche autobomba, di qualche sequestro, di qualche strage, di infinite speculazioni (e demolizioni, belliche ma non solo) immobiliari, a Beirut si respira ancora un po’ quel sogno irrealizzabile, e un po’ provinciale, che dell’Europa ebbe il medio oriente. C’è la joie de vivre di chi potrebbe avere i giorni o le ore contate, ma forse anche no. Lo scheletro del Saint Georges è sempre lì, sul lungomare: ma non è un monito, è il fantasma di una bega irrisolta fra la proprietà del glorioso albergo e il governo, dopo la guerra civile e dopo il boato dell’attentato a Hariri, mentre le penthouse sui nuovi grattacieli costano al metro quadro poco meno che a Londra. Del resto, gli sceicchi immobiliaristi sono più o meno gli stessi, come le archistar. Ecco: il problema, oggi, forse, è se l’Europa vuole sognarsi come Beirut. Cioè essere il sogno di un sogno. L’Italia, negli anni di piombo, una sua libanizzazione in sedicesimo (allora però era guerriglia politica) l’ha sperimentata. Non fu propriamente un sogno, ma ne è sopravvissuta. Come ne uscirà l’Europa dei migranti e dei campi profughi, delle sue tante, diverse Molenbeek, è tutto da vedere.

Luca Rigoni

Gli Stati Uniti non ci difendono più come un tempo. L’Europa non ha un esercito. La Germania, sulla politica estera e sulla politica di difesa, ragiona solo declinando i suoi interessi e mai quelli del nostro continente. Il terrorismo minaccia l’Europa ma l’Europa di fronte al terrorismo si accorge spesso di non esistere. Ha ragione Fareed Zakaria (Repubblica di sabato) quando dice che “questi attentati mettono a nudo l’ipocrisia dell’Europa. i governi vogliono godersi tutti i vantaggi del mercato unico, della libera circolazione, dei fondi di coesione, ma nessuno vuole rinunciare alle proprie prerogative su difesa, sicurezza, forze di polizia e servizi di intelligence e accettare regole comuni di immigrazione e di diritto d’asilo”. La parola Europa, direbbe oggi Klemens von Metternich, è solo una espressione geografica. Ci vuole Bibi, anche per questo.

3-Al direttore - Sono d’accordo con Ferrara, occorre proprio Dio che ci salvi. Infatti, l’Europa ha cominciato a rincoglionire quando ha deciso di poter fare a meno di Dio. Dio non è morto. E’ l’Europa che sta morendo, senza Dio. I tre fondatori dell’Unione credevano in Dio e, per questo, furono una guida autorevole.

Giuseppe Zola