Biasin: orgia di elogio all'Italia del calcio, ma si scorda Carlo Tavecchio

Categoria: Sport

Si diceva che  è il presidente federale «impresentabile, la dichiarazione in pubblico. «Siamo stati molto bravi, ora testa alla Svezia».

Fabrizio Biasin Libero 15.6.2016

Il problema del sciur Carletto è che l’abito fa il monaco, eccome se lo fa. Non credete a chi vi parla di «sostanza» che conta molto di più «dell’apparenza», perché i promotori di siffatto assunto vi raccontano cazzate, almeno in Italia.

Carlo Tavecchio è il presidente federale «impresentabile», quello delle banane, degli Optì Poba, delle gaffes sulle donne, degli inciuci con Lotito, è l’uomo panciuto che fa le foto ufficiali con gli occhialoni da giocatore di poker, il governatore del calcio dalle capacità oratorie paragonabili a quelle di un lichene. Impresentabile, appunto. Eppure, c’è dell’altro. Carlo Tavecchio - incredibile a dirsi - fa fatti. Comprendiamo che affermare una cosa del genere ci rende impopolari e iscritti al club di quelli che «non vogliono migliorare il calcio in Italia», ma il fatto è che semplicemente stiamo... ai fatti.

Nel giorno degli osanna (ultra legittimi) per Giaccherini, Bonucci, Pellè, ct e compagnia danzante, ci fosse stato uno che abbia alzato un dito per ringraziare chi è riuscito a piazzare Conte sulla panchina azzurra, ovvero Tavecchio Carlo. Nei giorni bui dell’Italia post-Mondiale 2014, il presidente-pasticcione riuscì a convincere l’ex juventino non con la bontà del suo progetto (o non solo), ma con l’indiscutibile potere dei quattrini. Solo che i quattrini erano finiti, non c’erano, andavano trovati. E allora pur di affidarsi a un mammasantissima della panchina, Tavecchio convinse la Puma (ovvero lo sponsor tecnico) a pagare gran parte dell’ingaggione (2,5 milioni su un totale di 4,1 a stagione). Un piccolo miracolo di «finanza creativa» passato sotto silenzio per quasi due anni, ma che alla luce della partita di lunedì è risultato tassello decisivo nella costruzione di una nazionale «con la bava alla bocca».

E allora, Carletto, nel nostro piccolo ti ringraziamo per aver consegnato la nazionale al re dei rompicoglioni (detto in senso buono), all’uomo delle Puglie che pretendeva gli stage e oggi abbiamo capito perché. Nonostante i «no» delle masse, Conte ha raggiunto ugualmente il suo intento. E se nonostante tutto è rimasto al suo posto invece di dire «arrangiatevi» (il rischio c’è stato) lo si deve soprattutto a Tavecchio, tanto «Luca Giurato» quando si tratta di parlare in pubblico, quanto «volpino» quando è il momento di utilizzare la diplomazia.

Ieri Tavecchio ha dovuto fare i conti con il suo punto debole: la dichiarazione in pubblico. «Siamo stati molto bravi, ora testa alla Svezia».

di Fabrizio Biasin