Il passato da dissidente di Jaume Roures, presidente di Mediapro

Categoria: Sport

Considerato propagandista degli indipendentisti baschi, fu arrestato per legami col terrorista dell’Eta Ibero Otegui. Del rivoluzionario di un tempo è rimasto un manager brillante. Che può diventare dominus del calcio globale.

FRANCESCO PACIFICO. 6.2.2018 www.lettera43.it

La leggenda vuole che Jaume Roures, il presidente di Mediapro, si sia avvicinato al calcio per caso. A cavallo tra gli Anni 80 e i 90 lavorava alla televisione di Barcellona TV3. Era alla redazione politica, ma fu spostato dal notiziario allo sport perché considerato un estremista. Di più, un propagandista degli indipendentisti baschi. Convinto autonomista, era stato accusato e arrestato per aver partecipato alla fondazione della sede barcellonese di Herri Batasuna e aver ospitato nella sua casa - per aiutarlo nella fuga - il superterrorista dell’Eta lñaki Ibero Otegui, rapitore dell'industriale Saturnino Orbegozo.

INVESTIMENTI NEL GIORNALISMO. Oggi del rivoluzionario di un tempo, del giovane trozkista spesso ospite delle carceri franchiste, è rimasto un manager brillante, che rischia con la sua Mediapro di diventare il signore del calcio tivù mondiale. Come dimostra l’ultima conquista per 1,055 miliardi dei diritti della Serie A italiana di calcio. Si dice ancora di estrema sinistra e favorevole all’autonomia della regione catalana, ma il referendum dello scorso anno è stata soprattutto l’occasione per accrescere il suo business e la sua moral suasion: ha aperto centri stampa per i giornalisti che dovevano raccontare l’evento, finendo per “vigilare” su tutta l’informazione indipendente che da Barcellona raggiunge il resto della Terra. Senza contare che ha saputo utilizzare la sua passione per il giornalismo come arma per conquistare il potere. Ha fondato il quotidiano online Público, presidiando l’informazione di sinistra, orfana di El Paí​s dopo lo spostamento del quotidiano al centro, e attraverso La Sexta manda in onda pepatissimi documentari contro il potere centrale di Madrid.

Mediapro è uno dei colossi mondiali nella gestione e nella produzione di contenuti tivù. Con una predilezione per lo sport. Vende i diritti dei principali campionati europei di calcio (prima della Serie A aveva messo le mani su Liga e Bundesliga) o quelli della Formula Uno in Sud America. Ha prodotto i film di Woody Allen come quelli di piccoli registi indipendenti; edita canali tematici come quelli del Real Madrid e del Porto o pay di calcio; ha factory dedicate alla creazione di programmi di attualità e tg, lungometraggi e fiction, pubblicità, documentari e show del sabato sera. Addirittura vende un servizio ai broadcaster per l’installazione e la gestione di canali tivù in tutto il mondo. Sedi in 34 città del mondo, 5 mila dipendenti tra giornalisti, registi, produttori, sceneggiatori, tecnici, operatori video e ingegneri: negli anni si è fuso con un altro gruppo aggressivo media come Globomedia, ha assorbito Audiovisual Sport, titolare dei diritti dei club spagnoli, i messicani di Televisa, e ha portato nel suo azionariato pezzi da novanta come la Wpp di Martin Sorrell e il fondo Torreal della famiglia Abello. Risultato? L’ultimo bilancio disponibile, quello del 2016, parla di un fatturato di 1,53 miliardi di euro e un utile netto di 141 milioni di euro.

IL MILIARDO CINESE. Ma il colpo gobbo Roures e i suoi soci l’hanno fatto lo scorso ottobre, vendendo il 54% delle azioni al fondo di private equity di Pechino Orient Hontai Capital per 1 miliardo di dollari. E in attesa del via libera del governo di Xi Jinping, forte dei soldi cinesi va alla conquista del mondo dei diritti. Senza contare i rapporti con i potenti sceicchi del Qatar, che sono player potentissimi dei diritti con Bein Sport. Inutile dire che - a dispetto del bando che ha vinto - Mediapro non sarà soltanto il provider che deve piazzare alle Pay italiane (Sky e Mediaset) e alle realtà della Iptv (Tim o Amazon) i diritti della Serie A, sperando di recuperare il miliardo promesso dalla Infront ai presidenti del nostro calcio. Più facile - ed è quello che teme Sky e che spera Mediaset - che Mediapro diventi il partner finanziario della tivù della Lega studiata da Luigi De Siervo. Ha le risorse per farlo e per ammortizzare i tempi di recupero dell’investimento; ha il know how tecnologico (in Spagna gestisce un canale con Bein Sport) per aiutare il partner editoriale Discovery; saprebbe gestire la raccolta pubblicitaria e interloquire con i broadcaster italiani. In primis Sky, pronta a rivalersi davanti all’autorità di controllo per la scelta della Lega Calcio.

SOTTO LA LENTE DEL FBI. Che la strada sia questa, lo si capisce anche da quanto dichiarato Jaume Roures a Rmc Sport: «Abbiamo sempre due obiettivi: vendere la maggior quantità di calcio alla miglior qualità al prezzo più giusto in collaborazione con le già esistenti piattaforme e anche con le nuove. Ce l’abbiamo fatta in Spagna e questo è il futuro. La prima cosa che abbiamo fatto è stata parlare con le altre piattaforme che esistono già in Italia e abbiamo mostrato loro il nostro progetto, a partire dalla crescita degli abbonamenti che c’è stata in Spagna. Dai prossimi giorni parleremo del futuro, vogliamo creare qualcosa di diverso e migliore. Vogliamo dimostrare di avere una capacità di produrre molto importante e lavoreremo per migliorare il mondo, molto duro, della produzione». Chissà come andrà finire, vuoi perché i presidenti di Serie A guardano con un certo sospetto a una tivù della Lega (favorevoli sarebbero soltanto quelli più avvezzi al mondo dei media come Cairo, interessato a raccogliere la pubblicità del canale, De Laurentiis e Ferrero), vuoi perché in Italia ogni rivoluzione passa per i tribunali. Ma anche su questo fronte Roures è avvezzo alle aule: non ha fatto una piega né quando si è interessata a lui l’Antitrust spagnola ne quando il Fbi ha indagato i vertici del gruppo per le tangenti pagate dagli sceicchi del Golfo per l’assegnazione dei mondiali del Qatar.