Cinque uomini e cinque cani: la squadra di detective che dà la caccia ai killer di lupi

Investiga sulle Alpi Occidentali come un team di Csi

Emanuele Gallo con Kira, uno dei due pastori belga malinois che fanno parte del team investigativo

17/05/2016 EMMANUELE BO La Zampa.it

La forza della loro squadra si basa sull’ultramillenaria amicizia tra uomo e cane. Viaggiano per tutte le Alpi Occidentali, per investigare su una serie di «gialli», le cui vittime non sono gli esseri umani. Ma i grandi predatori, che da qualche tempo hanno fatto ritorno sulle nostre montagne: i lupi. 

Il team è formato da dieci speciali «detective», 5 uomini e 5 cani: un gruppo cinofilo attivo dal novembre di due anni fa, nell’ambito del progetto europeo «Life Wolfalps», per la «conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo» e la «convivenza stabile tra il predatore e le attività economiche tradizionali» (il progetto riguarda 7 «aree chiave», collaborano 10 partner italiani, due sloveni e numerosi enti). Secondo il monitoraggio svolto da «LifeWolfalps» lo scorso inverno, in Piemonte è stimata la presenza di 21 branchi e 4 coppie riproduttive di lupi (14 branchi e 2 coppie in provincia di Cuneo, 7 branchi e 2 coppie nel Torinese); un branco è in Valle Aosta e uno al confine tra Veneto e Trentino.

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I «MAGNIFICI DIECI» 

I «magnifici dieci» rappresentano l’unica realtà del genere nel Nord-Ovest, insieme con un altro gruppo di stanza in Veneto, che copre le Alpi Orientali. Sono sorti dopo l’aumento, negli ultimi anni, del numero di lupi uccisi, in buona parte avvelenati. Perché, con la diffusione del grande carnivoro e gli attacchi agli allevamenti nelle montagne (con avvistamenti a quote sempre inferiori), s’è risvegliata l’antica paura. E il veleno - dicono gli esperti - è diventato lo strumento preferito da chi vuole liberarsi del predatore. Subdolo, ma efficace, lascia poche tracce del responsabile, ma mette a rischio la vita anche di altri animali selvatici.

Qui scende in campo il gruppo cinofilo di «Life Wolfalps», la cui attività è riconosciuta dal Corpo Forestale e dai Parchi. Nei casi più gravi di avvelenamenti, è la Forestale a mobilitarlo.

Quando scatta la convocazione per un caso, la squadra è pronta a partire e si riunisce sul «luogo del delitto» da vari angoli del Piemonte. I «detective» sono Emanuele Gallo (agente del Corpo Forestale) di Borgo San Dalmazzo (Cn), Simone Peraldo (Corpo Forestale) di Baceno (Verbania), Giuseppe Gerbotto di Chiusa Pesio (Cn), guardia parco delle Alpi Marittime, Gian Abele Bonicelli di Avigliana (Torino), guardia parco delle Alpi Cozie, nonché l’addestratore di cani Elio Martini di Villanova Mondovì (Cn). Al loro fianco, inseparabili e indispensabili, quattro cani femmine, giunte dalla Spagna dopo un lungo addestramento (Kira e Puma, pastori belga malinois, il labrador Nala e Luna, «epagneul breton» da caccia) e l’unico maschio del gruppo, un grigione di nome Zac. 

Sulla scena del «crimine», i «5+5» si muovono come una squadra del televisivo Csi: perlustrano il territorio alla ricerca di bocconi avvelenati o i resti di altri animali morti, raccolgono reperti e fanno fotografie. E formulano ipotesi su possibili responsabili e «moventi». «Tutto il materiale lo inviamo alla procura che conduce le inchieste - spiega Emanuele Gallo -. Abbiamo una decina d’indagini aperte per avvelenamento e uccisione di selvatici». Le ricerche, però, sono rese assai complesse dall’«arma del delitto»: spesso vengono utilizzati veleni comuni, come per quelli per topi e di libera vendita, ma anche potenti antiparassitari reperibili sul «mercato nero». «La pratica di avvelenare i lupi può diventare un grave pericolo ambientale - conclude Gallo -. Una volta abbiamo trovato una carcassa vicino a una sorgente d’acqua. Episodi così mettono a rischio la salute e la vita delle persone».

Categoria ambiente

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