Perché la lobby del biologico a Bruxelles combatte per difendere i pesticidi

La Commissione Ue vuole vietare l'uso di prodotti chimici per i cibi che vogliono la denominazione bio. Ma la proposta sta naufragando perché gli stessi produttori dicono che rispettare l'ambiente vale la pena, ma fino a un certo punto

di Luca Gambardella 7 Giugno 2017 alle 19:36   da www.ilfoglio.it

Roma. Diciassette riunioni a porte chiuse nel giro di 2 anni, sotto tre presidenze diverse, non sono bastate alle istituzioni europee per proporre un testo di legge condiviso tra gli stati membri che chiarisse cosa si debba intendere per “prodotto biologico”.

Il 30 giugno scadrà il termine che la Commissione, l’Europarlamento e gli stati membri si sono dati per approvare un regolamento che armonizzi la legislazione europea sull’agricoltura biologica, un settore che nell'ultimo decennio è in forte ascesa.

Se nell’immaginario del consumatore medio per prodotto biologico  si intende un cibo o una bevanda prodotta senza la contaminazione di diserbanti o altre sostanze chimiche, prodotta nel rispetto dell’ambiente, nella realtà le cose non sono proprio così.

Quello che la legge europea impone è solamente il concetto di “produzione sostenibile”, vale a dire rispettosa dell’ambiente, della biodiversità e degli interessi dei consumatori. Ma nel regolamento del 2007, quello che disciplina il settore in Europa, non si fa alcun riferimento esplicito al divieto di usare i pesticidi. Il risultato è che oggi molti prodotti biologici in commercio presentano tracce di antiparassitari e altre sostanze chimiche. Anche per questo, nel 2014 la Commissione europea ha proposto un nuovo testo di legge per chiarire i limiti consentiti nell’uso dei pesticidi nei prodotti biologici. A motivare l’esigenza di regolamentare in modo più organico il settore c’è prima di tutto la sua crescita nel mercato negli ultimi anni. La produzione biologica è passata dai 5 milioni di ettari coltivati col metodo biologico nel 2002, a oltre 11 milioni nel 2015 e coinvolge oltre 180 mila aziende in tutta Europa, con oltre 306 mila operatori, indotto incluso. Un settore da 30 miliardi di euro all’anno. Eppure il settore in Europa è ancora troppo frammentato, con 64 standard diversi a regolare le importazioni di prodotti biologici da paesi terzi.

A generare l'impasse senza precedenti nel settore agricolo europeo ci sono le divergenze tra gli stati membri – l’Italia, per esempio, è tra quelli che spinge di più per una nuova regolamentazione, mentre la Germania si oppone – e le resistenze degli stessi produttori bio. Politico Europe ha pubblicato un ritratto molto duro nei confronti di Martin Häusling, eurodeputato tedesco dei Verdi, tra i principali negoziatori del nuovo testo di legge per conto del Parlamento. “Chi è il tedesco dei Verdi che vuole mantenere i pesticidi nel vostro cibo biologico”, è il titolo dell’articolo, in cui si accusa l’europarlamentare di fare resistenza e, in sostanza, di essere tra i maggiori responsabili del fallimento dei negoziati trilaterali con la Commissione e gli stati membri. Dietro a Häusling, in realtà, sembrano esserci soprattutto le lobby del biologico. Il sito EuObserver, che segue le attività legislative a Bruxelles, ha scritto che a chiedere il fallimento dei negoziati sia proprio l’organizzazione internazionale dei produttori del settore, l’Ifoam (Federazione internazionale dei movimenti per l'agricoltura biologica). “La riduzione nell’uso dei pesticidi è solo uno degli aspetti che contraddistingue il biologico. Quello che mi fa arrabbiare è che la Commissione lo abbia reso l’unico criterio”, ha detto Häusling, che considera la proposta di legge lesiva degli agricoltori e dell’ambiente.

Per i produttori bio, certificare con una legge il valore aggiunto dei prodotti biologici sembra valga la pena solo fino a un certo punto. Il motivo della loro opposizione al nuovo testo di legge è da ricercarsi nelle nuove imposizioni che propone la Commissione. Per impedire che i consumatori siano tratti in inganno dalle etichette che definiscono biologico un prodotto che in realtà contiene pesticidi, la bozza di legge prevede di stabilire un limite alle sostanze chimiche che si possono usare nel processo produttivo.

Se quegli standard vengono superati non si potrà scrivere “biologico” sull’etichetta dell’alimento. Inoltre, la Commissione ha proposto verifiche annuali alle catene produttive delle aziende europee, imponendo anche l’uso di semi biologici e l'aggiornamento di un database che riporti i prodotti che hanno ricevuto l'approvazione. Chi contravviene, dice il testo, non riceverà la licenza. La proposta delle istituzioni europee, secondo i produttori del settore biologico che si aspettavano una semplice revisione, sembra sia andata oltre le loro attese, rivelandosi piuttosto una rivoluzione che imporrebbe costi e obblighi molto più elevati. “Noi non abbiamo mai chiesto questa riforma”, è stata l’obiezione riferita a Politico Europe di Cristopher Atkinson, capo della Soil Association britannica che riunisce i produttori del settore nel Regno Unito.

 Le trattative vanno avanti, ma l'avvicinarsi del termine del 30 giugno potrebbe farle cadere nel vuoto, autorizzando ancora per molto tempo tracce di pesticidi nelle insalate non troppo “biologiche”.

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