Dietro Greta ci sarebbe un piano di 100 trilioni di dollari

Oltre alle profonde divergenze di interessi sul divieto progressivo dei combustibili fossili, proliferano sul di studi contrari al mainstream mediatico sulla cosiddetta emergenza climatica

Tino Oldani 17.12.2019 italiaoggi lettura 5’

Il fallimento della conferenza Cop 25 di Madrid sul clima non deve stupire più di tanto. Ormai dietro le divisioni tra gli Stati non ci sono soltanto le profonde divergenze di interessi sul divieto progressivo dei combustibili fossili, ma anche il proliferare sul web di studi contrari al mainstream mediatico sulla cosiddetta emergenza climatica. Proprio alla vigilia del vertice di Madrid, sul sito canadese Global Research è stata postata un'inchiesta di William Engdhal, 75 anni, analista geopolitico americano e autore di best seller sulle guerre del petrolio, il quale, citando nomi e fatti precisi, sostiene una tesi clamorosa.

Eccola: la grande finanza mondiale, alleata per l'occasione con l'Onu e l'Unione europea, si starebbe servendo in modo cinico di Greta Thunberg come icona mediatica per creare allarmismo sul riscaldamento climatico provocato dall'uomo (una fake new, sostiene Engdhal), e innescare di conseguenza il business più redditizio dei prossimi decenni, il cosiddetto Green new deal, la rivoluzione dell'economia verde. Il tutto con un piano di investimenti per oltre 100 trilioni di dollari, da raccogliere con massicce emissioni di obbligazioni speculative. Fondi da riversare, mediante il credito, sulle nuove imprese climatiche, anche a prescindere dal loro effettivo valore e know-how. Ovviamente a scapito dei settori dell'economia «colpevoli» di inquinare, e con duri sacrifici per milioni di lavoratori e consumatori, ma enormi profitti per gli istituti finanziari che hanno sposato questo business.

Due gli uomini chiave di questa «agenda verde mondiale», sostiene Engdhal: il banchiere inglese Mark Carney, 54 anni, capo della Banca d'Inghilterra, e l'ex vicepresidente Usa Al Gore, 71 anni, vice di Bill Clinton (1993-2001), da sempre ambientalista, oggi ricco presidente del gruppo Generation Investment, impegnato negli investimenti a lungo termine sulla sostenibilità ambientale.

Carney, sostiene Engdhal, è stato la mente finanziaria dell'intero progetto mondiale. Nel dicembre 2015, il Financial Stability Board della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), presieduto da Carney, ha creato una task force sulla divulgazione finanziaria legata al clima (Tcfd) per «consigliare investitori, finanziatori e assicurazioni sui rischi legati al clima». Nel 2016 questa task force, formata da 31 banchieri nominati dalla Bri e presieduta dal finanziere Michael Bloomberg, insieme alla City of London Corporation e al governo del Regno Unito, ha avviato la Green Finance Initiative, con la missione di pilotare trilioni di dollari in investimenti verdi. Tra i primi ad aderire, il principe Carlo, futuro re d'Inghilterra, che insieme alla Bank of England e alla City of London ha promosso i Green Bonds, strumenti finanziari verdi per «reindirizzare piani pensionistici e fondi comuni d'investimento verso progetti verdi». In pratica, la task force ideata da Carney costituisce la cabina di regia e include i rappresentanti dei maggiori operatori finanziari del pianeta: «Ci sono tutti: da Jp Morgan a BlackRock, uno dei più grandi gestori di patrimoni del mondo». Non solo. Goldman Sacks ha appena sfornato il primo indice globale dei titoli ambientali di alto livello quotati a Wall Street, indice condiviso da tutte le maggiori banche d'affari, «per attirare fondi d'investimento e sistemi pensionistici statali».

Questa ricostruzione di Engdhal trova conferma nel Libro bianco «Strategia di finanza verde», pubblicato nel luglio scorso da Philip Hammond, ex premier britannico, dove si afferma che l'iniziativa «supportata da Carney e presieduta da Bloomberg è stata approvata dalle istituzioni che rappresentano 118 trilioni di dollari di attività a livello globale». Il piano, sostiene l'analista Usa, consiste nella finanziarizzazione dell'intera economia mondiale «usando la paura di uno scenario da fine di mondo per raggiungere obiettivi arbitrari come le emissioni zero di gas serra». Più avanti: «Gli eventi assumono una svolta cinica quando ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi, come Greta Thunberg o la 29enne Alexandra Ocasio-Cortez di New York e il loro Green New Deal. Per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c'è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione a scopo di lucro». Quanto al ruolo di Al Gore, ma anche dell'Ue, dovremo tornarci.

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