Indagine sul vino di D'Alema

Parla Riccardo Cotarella, l'enologo della cantina La Madeleine, la tenuta dell'ex presidente del Consiglio, "sei ettari di cabernet franc e pinot nero nel cuore dell'Umbria"

di Michele Masneri | 01 Aprile 2015 ore 20:09

Massimo D'Alema

Riccardo Cotarella, re degli enologi italiani per acclamazione, primo posto nella "Wine Power List"  dei cento personaggi più importanti del vino. E' lui l'anima enologica di Massimo D'Alema, l'ideologo della cantina La Madeleine, a Otricoli, in Umbria. Tra i suoi clienti non solo l'ex premier ma anche la famiglia Moratti e Bruno Vespa. Ma com'è lavorare con questi vignaioli famosi? "Non ci sono vantaggi acquisiti, perché magari la prima volta ti comprano il vino per curiosità, uno magari compra il vino di D'Alema e dice: sentiamo com'è; ma la seconda volta il consumatore vuole la qualità, e anzi se sei famoso in altri campi il tuo vino ha quasi uno svantaggio, deve essere più buono degli altri per farsi perdonare il nome" dice Cotarella al Foglio.

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 Però il re degli enologi è particolarmente affezionato alla Madeleine e ai suoi vini, "sei ettari di cabernet franc e pinot nero nel cuore dell'Umbria". Anche lì, in passato, polemiche, come ogni cosa che tocca il buon Max, perché per esempio i Moratti nei loro tenimenti dell'Oltrepò pavese avevano puntato su una classica Barbera, e Vespa nella sua tenuta pugliese aveva fatto una scelta filologica piantando l'autoctono Negramaro.

Invece Max come al solito vuol fare la differenza.

Vitigni francesi. E dunque, il solito accanimento. Accanto alla sua famosa barca Ikarus, qualche anno fa furono fotografate casse vuote di Moët&Chandon, con relative polemiche e addirittura un'apertura di prima pagina del Giornale: «Ma quanto champagne beve D'Alema?». E Alberto Salvaggiulo ne Il Peggiore, biografia del lider maximo (Chiarelettere) tratteggia l'ex leader Pd come grande conoscitore di vini francesi, con una passione per il Sauternes, vino araldico e antico.

Niente di tutto ciò per lo Château d'Alema. Anzi innovazione. Quasi disintermediazione. "Al contrario della Puglia, ricca di vitigni autoctoni, in Umbria bisogna fare ricerca se si vuole fare un grande vino. Mettere il pinot nero è una scelta molto coraggiosa" dice Cotarella. "In Umbria ci sono pochi vitigni storici, come il Grechetto o il Sagrantino ciliegiolo. Puntare sul pinot nero è dunque una scelta controcorrente che ripagherà negli anni, tutti seguiranno il suo esempio, vedrete" dice il sommo enologo.

Ma che viticoltore è Max, in definitiva? "Molto attento, molto appassionato, con le sue idee. Che corrispondono al novantacinque per cento alle mie. Si paragona agli altri produttori, assaggia i loro prodotti, gli altri del circondario incuriositi assaggiano i suoi": e infatti un Max in versione tenera lo si era visto nei mesi passati molto partecipe ai vari Vinitaly, Oscar del Vino, e altre occasioni enoiche, più rilassato e a suo agio che non nelle varie direzioni Pd. Un Max in splendido smoking, attorniato finalmente da signore affettuose che gli chiedevano degli uvaggi, e non da minoranze o maggioranze Pd rancorose o rottamanti.

I vini dello Château d'Alema comunque sono tutti rossi, perché Max non ama tanto i bianchi. Il bianco non è un vino, è una bevanda, pare che dica, con quell'espressione facciale un po' così che amiamo tanto, diciamo. Il top di gamma della Madeleine infatti è il NarnOt, crasi di Narni e Otricoli, "i due comuni tra cui sorge la tenuta. Un cabernet franc in purezza, affinato un anno in barrique e due anni in bottiglia", dice Cotarella. Poi c'è Sfide, altro cabernet "prodotto senza solfiti aggiunti", che rientra nel Wine Research Team, un protocollo in cui sono inserite 45 cantine prestigiose che puntano sul vino non convenzionale, altro segnale che Max punta sull'innovazione. Poi ci sono i filari a pinot nero, "vigneti di eccezionale qualità, a grande pendenza", e "dai filari più esposti al sole nasce il Pinot Nero", maiuscolo, "un rosso di 13 gradi di cui è attualmente in commercio l'annata 2012, mentre nella parte più ombreggiata le uve raccolte tardivamente producono il NerOsé". Il nome evoca un po' una linea di lingerie di lusso, invece è uno "spumante metodo classico, ottima sapidità, con un finale armonico e setoso". Anche i pinot vengono tutti affinati in barrique per almeno dieci-quattordici mesi. "In tutto una produzione molto limitata, venticinque-trentamila bottiglie l'anno, non di più". "E la produzione non è destinata a salire. Son vini che hanno la pretesa di fare la differenza, si pongono a un livello medio-alto" dice Cotarella. Insomma questi vitigni francesi in Umbria stanno facendo una certa rivoluzione, assicura Cotarella. "D'Alema, insieme ad altri produttori locali, sta dando vita a un vero rinascimento umbro".

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