Il traliccio sequestrato che blocca la linea elettrica da 700 milioni

Il palo non rispetta il piano paesistico, il gip di Messina lo sequestra. E una linea elettrica lunga 130 chilometri tra la Calabria e l’isola rimane inutilizzata

di Claudio Del Frate, Il Corriere della Sera 3.4.2015

Il nuovo elettrodotto che Terna sta costruendo tra Calabria e Sicilia è costato finora 700 milioni di euro, ha srotolato cavi per 138 chilometri, ha valicato montagne, si è inabissato per oltre 30 chilometri nelle acque del Tirreno ma si è schiantato contro il più imprevedibile degli ostacoli: un palo, un manufatto di acciaio e cemento messo sotto sequestro dalla magistratura perché ritenuto non conforme alle norme paesistiche e che - da solo - sta tenendo in scacco l’intera, gigantesca opera. Lo schema del «villaggio di Asterix» (il minuscolo presidio che si rivela inespugnabile per un colosso molto più forte) si sta riproducendo alla perfezione nel caso dell’elettrodotto tra Rizziconi (Reggio Calabria) e Sorgente (Messina): un comitato spontaneo di cittadini e associazioni ambientaliste ha bloccato l’entrata in funzione della linea elettrica ottenendo dalla magistratura i sigilli sul «traliccio 40» situato sulla pendici del monte Raunuso, comune di Saponara, sponda siciliana dell’opera.

Opera ferma «sine die»

Il 15 marzo scorso il gip di Messina, a chiusura delle indagini, ha confermato il sequestro del palo, giudicato abusivo in quanto eretto nell’area protetta dei Monti Peloritani, dove ogni costruzione invasiva, compresi gli elettrodotti, non può essere realizzata. Eppure tutti gli enti interessati (Soprintendenza, Regione, comuni, ministero e via dicendo) avevano dato il loro ok al passaggio dei cavi sul monte Raunuso. E allora che cosa è successo? Che nelle more dell’iter burocratico (iniziato nel 2003) sui monti Peloritani sono entrati in vigore nuovi vincoli ambientali inesistenti quando si cominciò a disegnare l’elettrodotto. E in questa crepa si sono infilate le proteste degli ambientalisti, contrari all’opera per una serie di ragioni molto più articolate. Tattica efficace, fin qui, perché il passaggio della corrente dal continente all’isola, programmato entro la fine del 2015, adesso rischia di essere rinviato sine die a causa dell’intoppo giudiziario del palo numero 40. Per sbloccare la situazione le strade sono due: o attendere l’esito del processo o presentare un ricorso in Cassazione per ottenere il dissequestro del traliccio.

Cento riunioni inutili

Lo stop ha provocato il risentimento di Terna, concretizzatosi in un duro comunicato diffuso l’indomani del sequestro: «Oltre 100 riunioni, sopralluoghi, un iter autorizzativo durato 5 anni e che ha coinvolto più di 80 soggetti non sono bastati per assicurare agli italiani una delle opere elettriche più importanti per il paese». «L’opera è pressoché completata - aggiungono fonti dell’azienda - ma non può entrare in funzione e questo rischia di costare oltre 600 milioni all’anno. In Sicilia produrre elettricità costa il 30% in più che nel resto d’Italia, l’opera avrebbe eliminato questo gap e messo al riparo l’isola dal rischio di black out».

«Vincoli ambientali uguali per tutti»

Canta vittoria, ma fino a un certo punto, Gianni Mento, in rappresentanza degli oppositori dell’opera: «Abbiamo sganciato un bel siluro, ma come si suol dire abbiamo vinto una battaglia, non la guerra». E allora quale sarebbe l’obiettivo finale? «La valle del Mela, che è attraversata dall’elettrodotto, ha già gravi problemi ambientali; in alcuni tratti i cavi dell’alta tensione passano vicinissimi alle case. E l’inquinamento elettromagnetico bene di sicuro non fa. Avevamo proposto che la linea passasse altrove ma i comuni si erano già accordati con Terna e dire no ai soldi offerti come compensazione è stato difficile. Sarebbe stato grave se alla società fosse stato consentito di fare in un’area protetta ciò che ai comuni cittadini è vietato. La legge sia uguale per tutti».

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