L’orso è tornato, boschi off limits in Trentino. I residenti: “Vogliamo poterli abbattere”

Il ripopolamento ha funzionato, ma la convivenza adesso è diventata difficile

19/07/2015 ALBERTO SIMONI INVIATO A MONTE BONDONE (TN), La Stampa

«Ora per andare a raccogliere funghi e passeggiare nel bosco, mi metto al collo un campanellino... Come una mucca. Sai che paura che faccio all’orso». Thomas ha appena parcheggiato l’automobile ai piedi del Doss del Sabion. Siamo a Pinzolo, nel cuore delle Dolomiti del Brenta, Trentino Occidentale. Scarponi ai piedi, è pronto a imboccare il sentiero che porta sugli stessi prati dove il 15 agosto del 2014 l’orsa Daniza aveva aggredito Daniele Maturi. Se la cavò, il Maturi detto «Carnera», con molta paura, qualche escoriazione, un’involontaria notorietà e le minacce degli ambientalisti che lo accusavano di aver disturbato Daniza a spasso con i cuccioli. Non nuova a intemperanze, l’orsa fu uccisa un mese dopo con una dose evidentemente troppo forte di anestetico. 

Da allora fra i trentini e l’orso qualcosa è cambiato. Il quotidiano locale «L’Adige» ogni giorno riceve pacchi di lettere e le più sono veementi e viscerali contro la presenza del plantigrado che nei fumetti e in tv si chiama Winnie o Yoghi, e qui, indicato perlopiù con sigle burocratiche, scorrazza nei boschi, fa strage di pecore, galline, meleti, arnie e inquieta i sonni della gente, talvolta, per il solo fatto di esistere. Solo talvolta però. La convivenza è infatti sempre più difficile: lo confessano tutti, tecnici, politici, gente comune. Il presidente della Provincia Ugo Rossi parla di «aree del nostro territorio che non vengono più frequentate» e tramite il suo assessore alle Foreste, Michele Dallapiccola, tiene un tavolo con il ministero dell’Ambiente per far fronte all’emergenza. Vuole più poteri la politica trentina. Non significa carabina in mano e trappole con il veleno, ma una capacità di azione rapida ed efficiente. A tutela della gente. La Lega Nord esige un referendum per cacciare gli orsi, quelli pericolosi almeno: «Non siamo mai stati a favore del progetto Ursus» tuona Maurizio Fugatti, leader del Partito di Salvini. 

IL PROGETTO URSUS 

Il piano, legato alla direttiva europea Habitat, risale ormai a 16 anni fa quando nella zona del Lago di Tovel, versante Nord delle Dolomiti di Brenta, vennero portati i primi orsi bruni dalla Slovenia. Per tre anni l’opera di ripopolamento è proseguita sotto il monitoraggio costante che continua oggi con metodi diversi, dalle fototrappole ai radiocollari per i casi più pericolosi, sino all’analisi del Dna di materiale organico (feci e peli). «Oggi – spiega Claudio Groff del Servizio Foreste e Faune della provincia di Trento – ci sono 41 orsi censiti, e stimiamo possano essere 51 al massimo». Da un punto di vista tecnico «il progetto sta funzionando». Non è fuori controllo? «No, c’è il monitoraggio, sappiamo tutto dei nostri orsi e poi non è vero come si sente dire a sproposito che gli orsi sono sempre di più: sono due anni che l’espansione demografica è stabile». Per gli scienziati è tutto sotto controllo, meno invece per i politici, ancora meno per chi le valli le vive. 

LA RABBIA NEI RIFUGI 

Lo si tocca con mano arrampicandosi sul monte Bondone, fra i tornanti che resero ancora più grande nel 1956 il ciclista Charly Gaul. Siamo sopra Cadine, pochi chilometri da Trento città. Il 10 giugno scorso Vladimiro Molinari è stato aggredito da una femmina d’orso, KJ2, mentre faceva jogging. Vivo per miracolo, i segni degli artigli piantati nella carne. Da quel giorno è caccia al plantigrado. «Abbattimento o cattura», l’ordinanza modello Far West del presidente Rossi. Dallapiccola dice: «La nostra posizione è nota, quelli pericolosi vanno rimossi». In ballo c’è la sicurezza della gente. E il turismo da preservare. 

Ufficialmente non è arrivata nessuna disdetta, i frequentatori delle Dolomiti sbarcano come ogni anno al fresco (beh, quest’anno mica tanto fresco...), ma qualche ripensamento, cambio di itinerario si è visto. Un gruppo di campeggiatori ha rinunciato a piantare le tende sul Bondone preferendo l’altoatesina Valle Aurina. «Nessun rancore verso l’orso» spiegano i responsabili, ma un po’ di precauzione non guasta. I gestori dei rifugi sul monte Bondone schiumano di rabbia: dicono che c’è meno gente sui sentieri, meno scampagnate, meno auto parcheggiate ai piedi dei sentieri. La presidente dell’Azienda per il Turismo locale Elda Verones, smorza i toni: «Quelli dei rifugi avranno anche delle ragioni, ma è giusto sensibilizzare, spiegare cosa succede, quale è la situazione, io disdette non ne ho avute e le nostre iniziative sono sempre assai partecipate». A Madonna di Campiglio Marco Masè che presiede l’Apt racconta che i turisti chiedono informazioni sulle escursioni più sicure. «Abbiamo fatto dei corsi per i dipendenti affinché siano pronti a rispondere a ogni genere di domanda». «Certo - chiude con una punta di preoccupazione - siamo arrivati a un punto limite». Di attacchi oltre a quello di Pinzolo e a quello recente di Cadine se ne conta almeno un altro a Zambana, vicino a Trento: manata dell’orso, graffi e paura. 

AVVISTAMENTI E ANEDDOTI 

Nelle valli fra Brenta e Adamello la gente da anni si divide in chi ha visto l’orso e chi no. I primi, ritenuti fortunati fino a qualche mese fa, cominciano a essere tanti. Troppi ora che l’orso più che il fiabesco Winnie the Pooh evoca voraci predatori. Ora ci si divide fra chi vuole sparare a vista ai giganti pelosi, chi evita i boschi, chi se la prende con chi il progetto Ursus l’ha voluto o quantomeno accolto e gli animalisti che a prescindere accusano sempre i fungaioli di aver disturbato la quiete degli orsi. Sugli incontri uomo-orso fioriscono aneddoti e racconti al limite delle leggende. Chi ha visto la mamma con i cuccioli fare il bagno nel fiume, chi narra di plantigradi ghiotti di ciliegie che ogni anno saccheggiano lo stesso albero a due passi dal paese; chi conta le pecore sgozzate, chi è rimasto chiuso una mattina intera in casa «perché l’orso era nel parcheggio dinanzi alla baita»; c’è chi l’ha visto sul pianerottolo di casa, chi rovistare nel bidone della spazzatura, per sfuggire a un esemplare qualcuno a Montagne, due passi dal Brenta, si è nascosto fra le tombe del cimitero (fortunatamente uscendone vivo...). Se l’orso saccheggia e distrugge, «Mamma provincia» paga i danni, 89 mila euro nel 2014, quasi il 100% delle richieste esaudite. Ma la misura fra la gente sembra colma: «E se ci scappa il morto chi paga?».

Categoria Ambiente

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