Polveri e polverone

Un po’ di vento ha disperso le polveri sottili che si erano addensate nelle ultime settimane, i livelli sono scesi al di sotto delle soglie indicate, insomma si è ristabilita una situazione normale

Foto LaPresse

di Redazione | 01 Gennaio 2016 ore 13:23 Foglio

Un po’ di vento ha disperso le polveri sottili che si erano addensate nelle ultime settimane, i livelli sono scesi al di sotto delle soglie indicate, insomma si è ristabilita una situazione normale. Il vento è bastato a disperdere le polveri, ma ci vorrà ben altro per dissolvere il polverone demagogico, apocalittico e autolesionista che è stato sollevato da questa “emergenza” ambientale.

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In realtà negli ultimi decenni il livello di inquinamento delle città occidentali è calato in modo consistente. Resta qualche caminetto più che altro ornamentale, ma il riscaldamento è assicurato da macchine più moderne e meno inquinanti, così come le automobili hanno adottato sistemi di riduzione delle emissioni dannose e gli stabilimenti industriali, ormai non più concentrati nelle zone semicentrali delle aree urbane, sono dotate di meccanismi di controllo dei fumi. Naturalmente si può fare di più e di meglio. Le nuove tecnologie aiuteranno, il vero problema riguarda le aree di più recente e impetuosa industrializzazione, che però anch’esse, con l’andare del tempo e con il diffondersi della coscienza per i pericoli di un inquinamento incontrollato, finiranno per adottare sistemi produttivi e di riscaldamento e di trasporto più moderni.

Insomma non stanno squillando le trombe dell’apocalisse, il pianeta può sopportare senza traumi eccessivi la presenza di una popolazione umana che è aumentata esponenzialmente, anche grazie a un lungo periodo di pace e all’adozione di sistemi igienici e di tecnologie mediche – a cominciare dalle vaccinazioni di massa – che hanno aumentato ovunque, e soprattutto nelle zone industrialmente, avanzate la speranza di vita.

Questo non toglie che sia utile qualche correzione, anche nello stile di vita, che si possano evitare sprechi energetici ed esercitare più controllo su elementi inquinanti, ma si tratta di proseguire su una strada già imboccata da anni grazie all’evoluzione tecnologica, non di considerare la crescita produttiva e civile la causa di una catastrofe imminente. Qualcuno, anche in buona fede, amplifica l’allarme per promuovere i miglioramenti necessari, ma questa visione eccessivamente didattica finisce per far cadere gli argini del buon senso che devono essere opposti tenacemente alle tesi che puntano alla “decrescita felice”, cioè a un rifiuto del progresso possibile, in nome di un romanticismo sostanzialmente reazionario camuffato da rispetto per la natura.

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