Sulla Xylella un invito al procuratore Motta: #escile (le perizie)

Un appello della rivista Le Scienze alla procura di Lecce chiede di accedere alla documentazione che ha bloccato il piano di emergenza per arginare la diffusione del batterio e di "garantire l’accesso alle piante infette a gruppi di ricerca". Ne va della "attività olivicola del bacino mediterraneo"

di Luciano Capone | 21 Gennaio 2016 ore 14:52 Foglio

L’inchiesta della procura di Lecce sull’“emergenza Xylella”, nata dopo la comparsa del batterio da quarantena che sta falcidiando gli ulivi salentini, cade un pezzo alla volta. Probabilmente la Xylella avrà contagiato i faldoni dei magistrati, visto che anche l’inchiesta, come gli ulivi, pare soffrire di disseccamento rapido. Mostrando tutte le incongruenze e i marchiani errori dell’indagine condotta dai pm Elsa Valeria Mignone, Roberta Licci e dal procuratore Cataldo Motta - che ha messo sotto indagine per una lunga sfilza di reati gli scienziati e i funzionari che stavano tentando di arginare un’emergenza fitosanitaria europea - avevamo fatto notare come le conclusioni a cui giunge la procura si basano su affermazioni fattualmente false. Per dimostrare l’inutilità e l’inefficacia del piano Silletti, bloccato con un decreto di sequestro dalla procura, i magistrati citano nell’ordinanza un’affermazione di Alexander Purcell, docente a Berkeley in California e massimo esperto mondiale di Xylella: “Non fate il nostro stesso errore: contro la Xylella gli abbattimenti non servono a nulla. Occorre contenere il batterio e lavorare sul rafforzamento delle piante”, avrebbe testualmente detto secondo la procura l’esperto americano durante un workshop all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

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Circa un mese fa avevamo fatto notare come l’affermazione dei magistrati fosse completamente inventata, per il semplice fatto che Purcell qualche mese fa aveva scritto una lettera al Foglio in cui mostrava piena solidarietà ai colleghi italiani indagati e criticava il complottismo e le indagini antiscientifiche della procura. I magistrati usano negli atti come fonte un sito locale, che però non riporta le parole di Purcell ma le dichiarazioni di un’europarlamentare grillina, Rosa D’Amato, che attribuisce quella frase allo scienziato americano.

La conferma che si tratti di un falso arriva ora proprio dall’esperto americano. Dopo che il Foglio ha sollevato la questione, il sito di informazione scientifica “Italia unita per la scienza” ha fatto una lunga intervista a Purcell in cui il docente californiano, oltre a confermare il buon lavoro degli indagati, smentisce sul piano scientifico le ipotesi della procura. Ma soprattutto, cosa più grave, smentisce la frase a lui attribuita dai magistrati: “Hanno ripreso il commento attribuito a me da Rosa D’Amato (l’europarlamentare grillina, ndr), secondo il quale sarei contrario alla rimozione degli alberi. Ciò è falso – dice Purcell – la citazione fatta dalla D’Amato, sia quella attribuita a me che quella attribuita al Prof. Joao Lopes (un altro scienziato brasiliano, ndr), è completamente falsa. Non ho mai sostenuto di essere contrario alla rimozione degli alberi, al contrario l’ho appoggiata fortemente e ho anche indicato che essa da sola non avrebbe funzionato, bisogna applicare anche il controllo del vettore”. Insomma, l’esperto mondiale citato dalla procura per sostenere l’inefficacia del “piano Silletti” la pensa al contrario, cioè è convinto, come peraltro aveva già espresso al Foglio e all’Efsa, che la strada da percorrere sia quella indicata dai ricercatori messi sotto accusa da Cataldo Motta e colleghi.

Ma non finisce qui. Perché a smentire le tesi dell’accusa sono addirittura i consulenti scientifici della procura stessa. Il procuratore Motta ha ripetutamente affermato che – a differenza di quanto sostengono gli scienziati indagati che ipotizzano la recente introduzione di un ceppo di Xylella – “non è provato da quanto tempo il batterio sia in Salento, abbiamo accertato che sono stati trovati nove ceppi del batterio originario che sono mutati”. In realtà la procura non ha accertato nulla perché, stando a quanto scrivono negli atti i suoi periti, le affermazioni di Motta sono “ipotesi tutte da studiare, ma soprattutto è da verificare se effettivamente nel Salento sono presenti popolazioni di Xylella diverse fra loro”. Qualche giorno fa, il Foglio ha intervistato il professor Giuseppe Surico, patologo vegetale e consulente dalla procura, che in un recente articolo spiegava come “ospitare Xylella fastidiosa in un territorio rappresenti una situazione di pericolo fitopatologico di estrema gravità, nell’immediato e per il futuro” e che “è in atto una sorta di guerra da affrontare quasi con logica militare; perché ciò che si sta verificando nel Salento non si verifichi in altre regioni italiane, in altri paesi dell’Europa e del bacino mediterraneo”. E nelle battute scambiate con il Foglio, Surico ha confermato che le conoscenze sono ferme ancora lì, che anche nelle perizie e negli studi fatti per la procura “non ci sono grandi avanzamenti scientifici”.

Viene da chiedersi su quali evidenze e basi scientifiche la procura di Lecce abbia bloccato un piano di emergenza che espone l’agricoltura italiana a danni incalcolabili (visto che Xylella muta facilmente e può attaccare altre colture), l’Europa all’invasione di un patogeno da quarantena contro cui non ci sono cure e l’Italia a una procedura d’infrazione (e quindi a multe) per non aver rispettato gli obblighi di precauzione e sicurezza richiesti dall’Unione Europea. A questo punto sarebbe necessario, e per certi versi doveroso, da parte della magistratura rendere pubblici gli studi attualmente coperti da segreto istruttorio su cui si basano l’indagine, il sequestro e il blocco del “piano Silletti”. In questa direzione va l’appello (che si può sottoscrivere) rivolto al procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta, dalla rivista Le Scienze: “Ci rivolgiamo a lei per chiederle di mettere a disposizione della comunità scientifica internazionale i materiali contenuti nella perizia tecnica e di garantire l’accesso alle piante infette a gruppi di ricerca che ne facciano richiesta presso codesta Procura allo scopo di produrre nuovi studi sull’infezione. Qualora l’infezione si dovesse trasmettere ad altre aree, tenere riservati elementi scientifici di novità e impedire che la ricerca abbia accesso alle piante colpite dal CoDiRO per le necessarie analisi può essere fatale per gli olivi salentini e porre in estremo pericolo l’attività olivicola della Puglia e, in ultima analisi, dell’intero bacino mediterraneo”. Insomma, per sintetizzare con un linguaggio meno tecnico, l’invito a Cataldo Motta è: #escile (le perizie).

Categoria ambiente

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