Perché la democrazia diretta è il grande vulnus della nostra società

La politica ha la funzione di decidere per delega. Sollevando così i cittadini dall'onere di avere competenze e opinioni su tutto. Chi vorrebbe davvero senatori eletti a sorteggio o un algoritmo al governo?

ANDREA BODA, 5.7.2018 da www.lettera43.it

La trasformazione dell’Europa da continente delle monarchie feudali a quello delle democrazie liberali è stato lungo e travagliato. Le origini vanno ricercate - dal punto di vista filosofico - nelle idee di Jean-Jacques Rousseau, che nel suo Contratto sociale del 1762 teorizzava di un patto costitutivo del popolo come corpo sovrano, solo detentore del potere legislativo e suddito di se stesso.

QUANDO LA BORGHESIA DIVENNE DOMINANTE. Sono questi i germi sbocciati nella Rivoluzione francese, anche se per la diffusione dell’idea ha contribuito enormemente il contesto economico, in particolare la trasformazione del tessuto sociale dovuto alla Rivoluzione industriale che ha determinato nuovi equilibri e un nuovo assetto, a discapito della struttura sociale preesistente, portando la borghesia a diventare classe dominante a svantaggio di quella nobiliare.

ANDÒ IN CRISI LO SCHEMA DEL "SANGUE BLU". La transizione, guardandola oggi, appare chiara: prima il bene prezioso era la terra, chi la possedeva, deteneva il potere e lo esprimeva (tramandandolo di generazione in generazione con le proprietà). Dalla metà del XVIII secolo in avanti il valore stava nel possesso delle macchine e dell’ingegno: tramandarlo di generazione in generazione divenne più complesso e la nascita di una classe operaia salariata e della borghesia misero in crisi lo schema sociale che distingueva i diritti tra chi aveva il “sangue blu” e chi no.

Il suffragio universale? C’è chi si domanda se il diritto di voto non debba essere pesato in base al titolo di studio o al livello culturale dimostrabile con un test

Il modello democratico pareggia le condizioni di partenza

Prese faticosamente forma la società democratica, destinata a trionfare - secondo il pronostico di Tocqueville - perché è quella che può portare felicità al maggior numero di individui. Il modello democratico, infatti, si fonda su presupposti ugualitari (non con un livellamento delle condizioni di vita, ma pareggiando le condizioni di partenza) e viene governato da leggi certe sposate dal popolo in virtù del fatto che esso partecipa alla stesura delle stesse attraverso i suoi rappresentanti.

CONQUISTE FATICOSE ORA IN DISCUSSIONE. I metodi e i criteri di scelta dei rappresentanti diventano così, insieme con la definizione dei poteri del parlamento e le altre cariche elettive, gli elementi che contraddistinguono il funzionamento di ogni democrazia. Il suffragio universale, predestinato a imporsi, è stata una conquista faticosa, ma oggi si è aperto il dibattito sulla sua continuità. C’è chi si domanda se il diritto di voto non debba essere pesato in base al titolo di studio o al livello culturale dimostrabile superando un test. O anche se l’incapacità di soppesare un programma di governo non sia motivo sufficiente per inibire il diritto al voto.

IL CONCETTO DEL LIBERO ARBITRIO VACILLA. Il tema non è di facile soluzione perché il concetto di “libero arbitrio” vacilla. Ricerche scientifiche suggeriscono che i sentimenti non siano qualità spirituali prettamente umane, bensì meccanismi biochimici utilizzati da tutti i mammiferi e gli uccelli per prendere decisioni calcolando velocemente le loro probabilità di sopravvivenza e di riproduzione. Le emozioni dunque non esistono, e con esse un “libero arbitrio”, che dunque è solo una narrazione: crediamo di provare inclinazioni o emozioni, in realtà elaboriamo i dati di cui disponiamo.

Quattro delle cinque più grandi aziende del mondo lavorano coi dati. Il potere non è più di chi ha terra e macchine, ma di chi accumula i dati

Abbiamo un sistema distorto da media, lobby, conflitti di interessi e brama di potere

Rimuovendo il concetto di libero arbitrio, decade anche quello di “volontà popolare” che sta alla base del meccanismo democratico. Inoltre appare sempre più chiaro che il bene prezioso oggi siano i dati. Quattro delle cinque più grandi aziende del mondo operano nel settore dei dati. Il potere non appartiene dunque più a chi ha la terra, né le macchine, appartiene a chi accumula e detiene i dati.

LA STRADA PER L'UGUAGLIANZA DEI DIRITTI. È da quando abbiamo iniziato a costruire società complesse che ci domandiamo quali siano le migliori regole per la convivenza. Ancora oggi che si parli di disuguaglianza, di immigrazione o di riscaldamento globale è essenziale darsi delle regole. In teoria la democrazia è la strada per l’uguaglianza nei diritti, per l’equità, la giustizia, la responsabilità, la sicurezza. Ciò che sperimentiamo però è una democrazia distorta dai media, sbilanciata dalle lobby, infettata dai conflitti di interessi e dalla brama di potere.

CRESCITA DI "UOMINI FORTI" NEL MONDO. La sfiducia nella democrazia sta alimentando la crescita di “uomini forti” in giro per il mondo: leader che tirano dritto, non guardano all’uguaglianza del diritto, ma ragionano e agiscono come capi di uno Stato autoritario. Il solo modo per avere un’alternativa a questo è scoprire come sistemare ciò che non va. Restringere il diritto di voto ai “meritevoli” presenta un problema non da poco: chi stabilisce chi sia meritevole? Non sembra un vero passo avanti.

Il voto è condizionato da pulsioni momentaneee. Stiamo scoprendo che la volontà individuale è molto più un impulso - governabile - che non un concetto reale

L’ipotesi di sorteggiare tra i cittadini suona accattivante e Grillo l'ha rilanciata

Alcuni suggeriscono di rispolverare un’idea che risale ai primi democratici, gli antichi ateniesi, riferendosi al Boulé, il consiglio dei 500 che venivano sorteggiati tra i cittadini sopra i 30 anni. L’ipotesi suona accattivante, e anche Beppe Grillo l’ha fatta sua e sta provando a rilanciarla.

ATTRAENTE SINFONIA DELLA FORMA DIRETTA. Ma il vero vulnus della democrazia è un altro: è l’attraente sinfonia della sua espressione in forma diretta. Sappiamo bene che nell’urna il voto è invariabilmente condizionato da singoli elementi e pulsioni momentanee. Lo sappiamo perché è la Scienza a spiegarci come funziona la mente umana, stiamo inoltre scoprendo che la volontà individuale è molto più un impulso - governabile - che non un concetto reale.

LA NOSTRA MEMORIA NON È OGGETTIVA. Sappiamo come il voto del singolo possa essere spostato e condizionato dai media, sappiamo anche - dagli studi di Daniel Kahneman - che la nostra memoria non è oggettiva e che le nostre capacità di prendere decisioni dipendono enormemente da come è formulata la domanda. Ed è qui che si manifesta l’enorme potere di chi detiene e sa utilizzare i dati.

Ridurre la base degli elettori secondo criteri elitari svuoterebbe la democrazia

È la democrazia in forma indiretta, come era stata immaginata dai nostri costituenti, a smussare l’esito figlio di pulsioni momentanee, a “castrare” i successi dei demagoghi, il nostro grande antivirus. Ridurre la base degli elettori secondo criteri elitari svuoterebbe la democrazia del suo scopo di rappresentatività, così come è un errore pensare a senatori eletti a sorteggio se l’obiettivo diventa quello di eseguire una volontà popolare raccolta su qualche portale o nei gazebo.

CHI AUSPICA UN GOVERNO DEI LIKE? La politica ha la funzione di decidere con competenza e per delega, proprio per sollevare i comuni cittadini dall’onere di avere competenza e di dover esprimere un’opinione su ogni argomento. Anche perché, se proprio vogliamo avere un dispositivo che esegua la volontà popolare del momento, dovremmo mettere al governo un algoritmo: sarebbe più veloce, efficace ed economico nel misurare quale direzione prenda più “like”, sarebbe un enorme risparmio in costi della politica. Ma esiste davvero qualcuno che auspichi un esito simile?

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