Arriva il lifting antirazzista ai classici, ma vanno al macero lo stesso

La censura non risparmia neanche “Romeo e Giulietta”

di Giulio Meotti 9 Febbraio 2020 ilfoglio.it

Roma. Negli anni Novanta hanno iniziato con “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, accusato fra i primi di razzismo. Ora sono passati a stanare il Congo della schiavitù nei classici dell’infanzia. In Spagna, la scuola materna Tàber di Barcellona ha deciso di bandire “Cappuccetto Rosso”, perché appartenente a “stereotipi tossici”; l’ex ministro tedesco della Famiglia, Kristina Schröder, se l’è presa con le favole “sessiste” dei fratelli Grimm; il Comune di Botkyrka, a Stoccolma, ha rimosso dalle biblioteche “Pippi Calzelunghe” a causa di contenuti “razzisti” e l’allora ministro dell’Istruzione francese, Najat Vallaud-Belkacem, ha detto di essere favorevole all’idea di togliere dalle scuole “Cenerentola” e “Hänsel e Gretel”.

Che fare allora con questi classici dell’infanzia che vengono tacciati delle peggiori porcate ideologiche dai nuovi censori? Facciamo loro un bel lifting antirazzista. È quello che ha pensato Barnes & Noble, la più grande catena americana di vendita di libri al dettaglio. Una edizione speciale di classici rivisitati secondo i dettami antirazzisti, “Diverse Editions”. Una iniziativa congiunta con il colosso editoriale Penguin Random House. Cento classici dove non si fa più cenno al colore della pelle dei protagonisti e con una nuova copertina speciale: Dorothy del “Mago di Oz” diventa di colore e indossa un vestitino rosa, come sono di colore “Frankenstein” e “Romeo e Giulietta”. Era previsto anche un lancio della collana con un evento nella libreria Barnes più famosa di New York, sulla Quinta strada.

Altolà! Tutto cancellato, collana e lancio, a causa delle accuse di razzismo lanciate contro le antirazzistissime Barnes e Penguin. Per alcuni autori di colore, le copertine non erano altro che una forma di “blackface letterario”. Per altri, per essere davvero antirazziste, la catena e la casa editrice avrebbero dovuto fare scrivere di più gli autori afroamericani. “Riconosciamo le voci che hanno espresso preoccupazione per il progetto ‘Diverse Editions’ e abbiamo deciso di sospendere l’iniziativa”, ha detto Barnes & Noble in un comunicato. “Le copertine non sostituiscono le voci nere o gli scrittori di colore, il cui lavoro e le cui voci meritano di essere ascoltate”. La scrittrice Nnedi Okorafor, vincitrice del Premio Hugo, ha scritto che si tratta di una forma di “disgustosa fake-diversity”. Rifacimenti erano già pronti anche per “Moby Dick”, l’“Isola del tesoro”, il “Conte di Montecristo”, “Peter Pan”, i “Tre moschettieri” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde”.

“La parte peggiore in America è la mancanza di senso dell’umorismo”, ha detto il regista Clint Eastwood al settimanale Point in edicola questa settimana. “I social amplificano tutto. La rabbia, la costante indignazione, è estenuante. Io, per esempio, accetto la derisione. Quando ho iniziato a fare film, molte persone pensavano che fossi un completo idiota. A me piace la gente che non si prende troppo sul serio, che non ha paura”. Ora siamo al prestigioso premio letterario per l’infanzia Laura Ingalls Wilder Award, che viene rinominato Children’s Literature Legacy Award perché la scrittrice che gli ha dato il nome era in realtà una subdola “razzista”. In particolare “La Casa nella prateria”, da cui fu tratta una famosissima serie tv che trasmettono da anni, conteneva “sentimenti antiamerindi e antineri”.

C’è da avere paura quando i libri letti dai bambini di ogni epoca e latitudine sono trasformati in un bestiario di pregiudizi etnici, quando si inizia a censurare l’innocuissima “Casa nella prateria” e gli antirazzisti fanno ritirare per leso razzismo la versione afroamericana del “Mago di Oz” dai magnati dell’editoria. C’è da avere paura, tanta, di chi vuole costruire questo mondo più buono.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata