"CARA BARBARA, TU HAI RACCONTATO LA TUA CARRIERA COME SEGNATA DAL FATTO DI ESSER DONNA.

DA UNA PARTE GLI UOMINI E DALL’ALTRA LE DONNE. NON È COSÌ. TU SEI UNA MACCHINA DA GUERRA OLTRE CHE UNA DONNA

Giampiero Mughini per Dagospia 6.3.2021 lettura3’

E LA PRIMA COSA CREDO SIA STATA PIÙ DECISIVA DELLA PRIMA - INUTILE DIRTI CHE È STATA UNA DONNA, UNA SINDACALISTA DELLA RAI, A SPUTARE VELENO CONTRO IL FATTO CHE TU FOSSI STATA CHIAMATA SUL PALCO DI SANREMO. ALTRO CHE “SORELLANZA” FEMMINILE’’ - VIDEO

Cara Barbara (Palombelli), ho appena finito di ascoltare il tuo bel monologo pronunziato ieri sera dal palco sanremese. Perdonami non averlo fatto ieri sera, ma c’è che io non vado mai a letto dopo mezzanotte.

E comunque è il solo spicchio del Sanremo 2021 che abbia visto, e non per spregio del lavoro dei tanti che fanno del Festival uno spettacolo da otto milioni e passa di spettatori, l’unica cosa al mondo nata 70 anni fa che duri ancora. Un miracolo, o un prodigio. Fate voi.

Ma non è questo il punto. E bensì, ma tu lo sai perché ci conosciamo a puntino da un po’ più di quarant’anni, che a me non piace la partizione del mondo per come tu l’hai disegnata ieri notte, le due “metà del cielo” distinte e separate, da una parte gli uomini e dall’altra le donne. Fare questa distinzione ti serviva narrativamente, certo, e avevi tutto il diritto di farla. Solo che io a solo sentirla accennata, sobbalzo.

Sobbalzo all’idea di far parte di una categoria di persona - gli uomini - che se escono con una donna provano a “metterle le mani addosso”, come tu hai accennato a un certo punto del tuo monologo.

E’ un argomento, è una materia, è un pezzo del nostro vivere e del nostro campare di cui credo di essere uno dei massimi specialisti al mondo: conosco molto meglio le guerre tra i sessi che non le guerre in Congo dove sono morti di recente nostri due connazionali, due persone per bene, due uomini.

Ma non è nemmeno questo il punto. Tu hai raccontato le tue stagioni, il tuo apprendistato, la tua carriera, i tuoi lavori come segnati dal fatto di esser donna. Non è così. Tu sei una macchina da guerra oltre che una donna e la prima cosa credo sia stata più decisiva della prima.

Hai detto che eri l’unica donna che faceva parte del servizio politico del “Corriere della Sera”. Se è per questo ho conosciuto bene Gianna Preda, che era stata l’unica donna in un giornale con 150 giornalisti. Era stata una protagonista ai miei occhi di grande valore. Le feci un’intervista che un giornale esitò a lungo prima di pubblicarla, perché non si usa trattare con eleganza (come io facevo) una giornalista accentuatamente di destra.

No, non credo che l’esser donna o uomo cambi così tanto la condizione di chi lavora nei giornali, nei giornali in cui abbiamo lavorato io e te. E siccome nei giornali non ho mai avuto alcun potere - se non quello sconfinato di essere padrone di me stesso e di quello che scrivevo - ho avuto tante donne miei “superiori”.

La mia amica Pialuisa Bianco da direttore dell’ “Indipendente”, da cui venne cacciata via. Marilù Agnese che dirigeva il “Sette” cui collaboravo. Una che faceva parte del gruppo dirigente dell’ultimo “Panorama” nel quale ho lavorato, e alla quale eruttai per telefono tutto il disprezzo intellettuale che nutrivo per lei. Non erano “donne”, erano persone, chi meglio chi peggio.

E’ stato sempre così, ci misuravamo tra persone e nel bene e nel male. Semplice, semplicissimo. Non uomini e donne, ma persone. Ciascuna diversissima e differentissima dall’altra. E nel bene e nel male.

Ps. Cara Barbara, inutile dirti che è stata una donna, una sindacalista della Rai, a sputare veleno contro il fatto che tu fossi stata chiamata sul palco di Sanremo. Altro che “sorellanza” femminile.

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