Prozac nation. La gioia di essere una madre senza qualità e l’ossessione per il secondo figlio

Non sono mai stata una persona ambiziosa, non soffro della sindrome dell’impostore, ma a questo mondo non basta. Devi essere così e cosà, donna e altissimo profilo, una che si spende per le battaglie giuste, per i diritti, per i pronomi, per le minoranze, per i poveri, per il clima

Mom&Dad Assia Neumann Dayan 5.2.2022 linkiesta.it

Mio figlio aveva pochi mesi quando una mattina d’inverno, mentre passeggiavo su e giù per il parco, mi si avvicina un anziano signore, un nonno, uno spostato, il quale mi dice: «Signora, adesso deve fare subito il secondo, subito, se no suo figlio sarà per sempre solo».

Probabilmente era una proposta sconveniente, chi può dirlo, fatto sta che in preda a un delirio psicotico gli rispondo che avevo una malattia terminale, il bambino sarebbe rimasto solo, un orfano.

Il nonno pacioccone si allontana senza dire nulla, molto arrabbiato, molto infastidito, mi ricordo che rimasi piuttosto contrariata dal fatto che non mi avesse chiesto come stavo nella mia malattia immaginaria. Non importava a Nonno Balordo come stesse questa ragazza madre con un piede nella fossa?

Ammetto che non mi è mai importato nulla se mi chiedessero o meno quando, e se, avessi voluto dei figli; non l’ho mai trovato offensivo, non l’ho mai trovato niente se non poco interessante per tutte le parti in causa. Il problema si pone quando, una volta appurato che sì, un figlio lo hai avuto, iniziano a chiederti quando fai il secondo. Non la vuoi una femmina? Guarda che poi si sente solo, guarda che poi piange, guarda che sarebbe il più grande regalo che tu possa fargli, guarda.

Mio figlio non credo si sentirà mai solo visto che starà sempre con sua madre, una madre che può fargli compagnia con molteplici personalità divertenti, una madre che non lo lascerà mai, nemmeno con l’aiuto delle forze dell’ordine. Perché invece non mi chiedono per quale motivo non abbia un cane? Vai a sapere se la gente pensa davvero che i cani siano come i figli, o se è solo una posa. «Perché non fai il secondo» è una domanda con mille risposte, ma non vedo perché a qualcuno possa interessare, quindi direi che possiamo parliamo d’altro, anche perché quello che penso su «l’amore si moltiplica, non si divide» mi manderebbe in galera.

Ho avuto uno scambio su Twitter che mi ha fatto pensare. Non è ovviamente vero, se non in parte, comunque sia c’era Cremonini sul palco dell’Ariston tutto bello Armani sbrilluccicante, ho suggerito al signor Cesare di spogliarsi per non farmi venire un attacco epilettico, e un’amica mi ha risposto «ma sei madre!». Ci tengo innanzitutto a chiarire che il mio invito allo spoglio era per ragioni prettamente medico ortottiche.

Mi manca il tempo in cui non ero solo una madre? No, ma questa era facile: chi rimpiange i 20 o 30 anni, quale persona sana di mente? Sono solo una madre? Sì, forse è così. E mi sta bene, ma sembra che questo non stia bene al mondo. Devi essere così e cosà, donna e altissimo profilo, una che si spende per le battaglie giuste, per i diritti, per i pronomi, per le minoranze, per i poveri, per il clima, per il bonus psicologo, per i congedi dei padri, per i vegani, per la propria realizzazione personale, per le ciclabili, per l’iva sugli assorbenti, abbasso il patriarcato, abbasso il capitalismo, e poi si finisce a spendere male il proprio tempo applaudendo artisti mediocri.

E va bene, ma chi me le fa le lavatrici? O ci riempiamo l’agenda per fare bella figura con persone che nemmeno conosciamo, e che forse nemmeno esistono? O forse hanno tutti un tornaconto, e chi dice il contrario o è santo o è in malafede? Scusa Ettore mamma non può venirti a prendere a scuola che deve abbattere il patriarcato. Adesso? Sì, adesso.

Parlo da introiettata? Non sono mai stata una persona ambiziosa, non soffro della sindrome dell’impostore che, permettetemi di dirlo, oramai è in fase endemica, non sono mai stata una che crede di essere destinata a grandi imprese (per chi ha il completamento automatico su “grandi imprese”, vi capisco), non sono una rivoluzionaria, da bambina ve lo giuro su quello che ho di più caro (la friggitrice ad aria) che quando mi chiedevano che lavoro volessi fare da grande rispondevo che volevo una famiglia borghese, ossia: la mia idea era riuscire a non lavorare mai già dalle elementari.

E questo è il guaio, o il talento, di chi cresce in una famiglia strana. Non ho voglia di riscatto che non sia mutuo, non sono in grado di dire se sono ancora una persona con un’identità che non sia quella di una che ha un figlio, di una a cui quello basta, e pure avanza. Questo fa di me una scema o una rivoluzionaria? Sentite come suona bene “La madre senza qualità”, quasi quanto “Prozac nation”.

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