Educazione cremliniana Il culto della morte e la crescente nazificazione nella Russia di Putin

Il rifiuto della morale, l’umiliazione dei deboli, la derisione delle vittime è un atteggiamento incoraggiato dal regime. Le sconfitte militari in Ucraina però hanno creato una nuova narrativa in cui si esalta il morire in guerra purché si difenda l’onore dei russi

25.12.2022 Maurizio Stefanini linkiesta.it lettura5’

Ottanta anni fa, Era ”l’educazione alla morte” il modo in cui il regime hitleriano creava i perfetti nazisti, osservò in un famoso libro-reportage Gregor Ziemer. Oggi è uno stesso percorso di idealizzazione della morte che sta portando alla crescente nazificazione della Russia di Puitin.

«Era una fosca giornata d’inverno a Berlino» di un anno non precisato del regime di Hitler, quando un gruppo di ragazzini di una scuola elementare prese a sassate i frequentatori della dirimpettaia scuola americana al grido di «ebrei!» e «abbasso gli odiosi stranieri!». Il giornalista Gregor Ziemer, fondatore e direttore dell’istituto, andò a protestare col collega tedesco, che si scusò. «Però», aggiunse, «dovete comprendere che è impossibile per me controllare i ragazzi una volta fuori dell’edificio scolastico. A ogni modo, non vorrete pretendere ch’io sopprima una spontanea dimostrazione popolare? Anche se volessi, non mi sarebbe permesso di farlo». Ziemer rispose che la sua scuola aveva sempre avuto rispetto per la cultura tedesca. «Sì ma avete studenti ebrei. Noi insegniamo ai nostri allievi che gli ebrei sono i nostri più odiati nemici». Ziemer insistette «che i suoi alunni mostravano antipatia per tutti gli stranieri, senza eccezioni»: «egli ne convenne: convenne pure che i suoi ragazzi sapevano che il mondo intero era contro di loro e il loro Führer. Erano stati esortati dai loro insegnanti a essere duri, pronti a combattere e a morire per Hitler. Egli ’presumeva’ che quei giovinotti avessero fatto un po’ d’esercizio».

Ziemer si mise allora in testa di ottenere un permesso per visitare le scuole tedesche dei diversi gradi, nonché le varie associazioni della gioventù e le organizzazioni assistenziali, e lo conseguì. «Il Partito nazista inizia a interessarsi del bambino tedesco prima del suo concepimento», gli venne spiegato. La prima tappa di quel viaggio all’inferno dell’educazione totalitaria fu dunque nel limbo delle cliniche dove le donne «mentalmente deficienti» o «di debole costituzione» venivano sterilizzate, a catena. Venivamo poi le «Case di maternità» in cui invece venivano accolte e coccolate le madri nubili purché «ariane», dal momento che il regime incoraggiava la procreazione anche al di là dell’istituto «antiquato» del matrimonio. Prima di mangiare, le donne recitavano una preghiera a Hitler. «Nostro Führer, ti ringraziamo per la tua munificenza, ti ringraziamo per questa casa, ti ringraziamo per questo libro. A te dedichiamo tutte le nostre forze; a te dedichiamo la vita nostra e quella dei nostri figli».

Vedrà poi «bimbi capaci a malapena di balbettare» che cantano inni a Hitler; ragazzini di 10 anni che esprimono «il desiderio di impiccare tutti i francesi, di marciare su Parigi e di lanciar bombe»; adolescenti che fanno esercitazioni militari. Visiterà scuole «speciali» dove ai ragazzi «deficienti» si insegna a prepararsi per l’eutanasia finale nella «Hitler-Kammer». Ascolterà le nuove fiabe naziste, ben distinte da «nauseabonde glorificazioni di essere storpiati» tipo «Biancaneve e i sette nazi». Porterà in ospedale una ragazzina che morirà d’appendicite dopo essersi sentita male durante una marcia, perché il padre «quella mattina l’aveva sgridata, dicendole di dimenticare quel po’ di mal di pancia e di essere forte ed energica per il Führer». Sorprenderà il rito delle ragazze che danzano in tondo nell’anfiteatro romano di Treviri per invocare fecondità dal martire nazista Horst Wessel. Infine, dopo aver visto gli studenti che sputano sulla Bibbia per poi bruciarla, deciderà di averne abbastanza.

Di lì a poco la Germania dichiarerà guerra anche agli Stati Uniti, e Ziemer dovrà tornare in patria. Il suo libro, base per il film del 1943 Hitler’s children e per il cartone animato Disney pure del 1943 Education for Death, sarà usato come testimonianza per l’accusa al Processo di Norimberga.    

Più o meno è il tipo di incubo che Svetlana Stephenson, docente di Sociologia alla London Metropolitan University e autrice di Gangs of Russia: From the Streets to the Corridors of Power, ha spiegato in un articolo apparso sul Moscow Times e su Novaya Gazeta Europe. Oggetto, «il carnevale di violenza che per anni ha permeato i media russi controllati dallo Stato». «Mentre le risate minacciose delle autorità possono ancora essere ascoltate sugli schermi televisivi russi intanto che i propagandisti statali discutono della distruzione delle città ucraine o dell’uso di armi nucleari», osserva, «nuovi personaggi sono venuti alla ribalta».

Studiosa della subcultura delle bande criminali russe, la Stephenson osserva come questo stile teppistico del «deridere la proprie vittime» sia ormai divenuto «uno stile di condotta ufficialmente approvato», come ricorda la storia del gruppo Wagner che ha pubblicato un video in cui uno dei suoi mercenari viene brutalmente assassinato con una mazza per essersi arreso alle forze ucraine. Giorni dopo il fondatore del gruppo ha divulgato un video i cui mostrava di inviare una mazza insanguinata al Parlamento Europeo.

«Questo tipo di performance sinistra – che dimostra apertamente il rifiuto della morale e della legge, e si rallegra dell’umiliazione dei deboli – sembra concepita per dimostrare la sovranità della Russia ai suoi nemici e per sottolineare che le convenzioni della civiltà occidentale, con le sue norme di decenza più basiliari, qui non si applicano». I telespettatori russi guardano queste cose dai divani di casa, e trovano consolazione da una condizione di miseria generalizzata nell’idea che «anche se vivono in povertà, i russi sono ancora più duri di chiunque altro e non devono essere presi in giro».

Le sconfitte militari in Ucraina, però, hanno provocato uno choc, cui si è aggiunto il flop della mobilitazione. La risposta è un nuovo clima di cui è simbolo la hit con cui la pop-star di regime Shaman chiama a risorgere in piedi i caduti della Grande Guerra Patriottica perché «Dio è con noi». Svetlana Stephenson parla di «artisti simili a zombi, tra cui molte pop star anziane della fine degli anni sovietici», che «hanno iniziato a esortare la popolazione a “opporsi” a coloro che “li guardano dall’alto in basso”, e così facendo, a emulare i propri antenati defunti». Gli artisti «sfoggiano carnagioni giallastre, trucco scuro e abiti da lutto che si combinano per creare un’atmosfera funerea». Nelle immagini, «i soldati vanno al fronte con sguardi di severa determinazione sui loro volti, mentre cartelloni elencano i nomi dei bambini morti del Donbas accanto a quelli dei soldati caduti nella seconda guerra mondiale. Una donna versa una lacrima mentre un ragazzo con indosso un berretto militare saluta i soldati di passaggio».

Ma «ogni menzione di speranza e vittoria è assente:questo è un requiem per una Russia condannata a combattere guerre eterne». Lo stesso Putin a inizio novembre si è mostrato in tv in visita a una mostra sulla difesa di Mosca durante la seconda guerra mondiale. Attraversando lentamente la Piazza Rossa, Putin faceva ruotare languidamente l’elica di un aereo replica mentre un coro vestito da soldati della seconda guerra mondiale cantava un inno di guerra.

Il concetto di morteche dà senso alla vita è stato sollevato anche durante il recente incontro di Putin con le madri dei coscritti mobilitati, cui ha detto che la vita dei loro figli era stata priva di significato prima della morte in guerra. «Non ha vissuto la sua vita invano».

Secondo questa analisi, «un tale appello è estraneo alla cultura russa e persino sovietica, che ritraggono la madre di un soldato morto come una figura inconsolabilmente tragica.

Il diritto delle madri a tentare di salvare i propri figli fu riconosciuto anche durante le guerre cecene, come dimostra l’atteggiamento rispettoso assunto dalle autorità militari nei confronti del Comitato delle Madri dei Soldati. Ma Putin è chiaramente privo di questa comprensione culturale. Il concetto di una madre che si rallegra per la morte di un figlio è tratto dall’ideologia nazista, in cui le donne sono raffigurate come le produttrici di bambini richieste dallo stato».

Insomma, «l’accelerata nazificazione della vita dei russi è coincisa con una crescente consapevolezza pubblica che le autorità sono indifferenti al loro benessere».

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