Norvegia-Italia La Querini Opera arriva a Venezia per raccontare la storia del “bacalà”

la narrazione in musica delle avventure di Pietro Querini e di come queste diedero vita all’importazione e al successo dello stoccafisso in Veneto e non solo

23.10.2023 Luciana Squadrilli, linkiesta.it lettura4’

Foto sul sito linkiesta

Se avete ma avuto modo di toccare con mano lo stoccafisso – ovvero, il merluzzo nordico essiccato al sole e al vento del Circolo Polare Artico – prima che venga ammollato per ridare polposità alle carni, saprete che diventa duro come il marmo: uno di quei pesci potrebbe essere usato anche come arma contundente. Oppure, come mazza di tamburo.

Forse è così che è nata l’idea di mettere in scena un’opera lirica in cui gli attori si muovono in scena brandendo stoccafissi da battere l’uno contro l’altro per accompagnare il canto in diverse scene. Accade nella Querini Opera, racconto corale in musica e parole ideato dalla cantante lirica Hildegunn Pettersen a Røst – la più estrema delle isole Lofoten famosa appunto per la pesca e lavorazione del merluzzo – che arriva adesso a Venezia, andando in scena dal 27 al 29 ottobre negli spazi dell’Arsenale, cantiere navale da cui uscivano le imbarcazioni dei mercanti che fecero grande la Repubblica della Serenissima.

La scelta del luogo non è casuale e in realtà la storia è ben più antica: lo spettacolo – con le musiche composte da Henning Sommerro che spaziano tra opera classica, canto gregoriano, musica popolare norvegese e musica contemporanea, e il libretto scritto da Ragnar Olsen in italiano, inglese e dialetto del Noordland, la regione della Norvegia del Nord ­– racconta di un viaggio che si rivelò molto più lungo e drammatico del previsto, creando tuttavia un rapporto molto forte, commerciale e non solo, tra la remota isola artica e la città lagunare, se non tutta la regione del Veneto.

Querini Opera, foto Annar Bjørgli

La vicenda è quella di Pietro Querini, mercante veneziano che nel 1431 si imbarcò con il suo equipaggio sulla Querina, fatta costruire per avviare commerci di spezie, vino e legni pregiati tra la Grecia e le Fiandre, naufragando al largo di Biscaglia e arrivando infine, con pochi e malconci superstiti, su un isolotto disabitato del Circolo Polare Artico, Sandøy. Qui, dopo lunghi giorni di stenti e difficoltà, furono notati e tratti in salvo dagli abitanti di Røst, la cui attività principale era (ed è ancora) la pesca e lavorazione del merluzzo. Tornati a casa dopo un viaggio altrettanto lungo e difficile – alcuni via mare, altri via terra in quello che oggi è diventato il percorso della Via Querinissima, in attesa di riconoscimento come Via Culturale Europea – Querini e i suoi avrebbero dato il via al fiorente commercio ittico tra Norvegia e Veneto e al posto importante che lo stoccafisso ha nella cucina regionale.

Il condizionale è d’obbligo, perché in realtà non sono così certe le origini di scambi e ricette, ma quel che è sicuro è che oggi il Veneto rappresenta il maggior importatore di stoccafisso norvegese, e in particolare del pregiato Tørrfisk fra Lofoten Igp, assieme ad altri regioni italiane come Campania e Liguria; mentre altri Paesi – come il Portogallo e la Spagna del Nord, ad esempio – prediligono il baccalà, vale a dire il merluzzo conservato sotto sale anziché essiccato.

Alle Lofoten, e in particolare a Røst, si producono entrambi, lavorando diversamente lo Skrei, come qui viene chiamato il pregiato merluzzo pescato nelle fredde acque artiche. Ma è sicuramente lo stoccafisso a imprimere più chiaramente il suo marchio sul panorama locale, con la piatta superficie dell’isola decorata quasi ovunque dalle rastrelliere di legno dove vengono appesi i pesci affinché nel giro di due-tre mesi vento e freddo secco li asciughino perfettamente, impregnando l’aria con il loro peculiare “profumo”.

Presse Tørrfisk landskap, foto Marie Peyre

Grazie alla conservabilità, baccalà e stoccafisso si sono diffusi in quasi tutte le regioni d’Italia, soprattutto nelle zone interne dove un tempo il pesce fresco non poteva arrivare, diventando parte integrante delle tradizioni locali con usi e ricette talvolta simili e talvolta diverse e disegnando una mappa sui generis dello Stivale che non rende sempre chiarissima la distinzione tra i due prodotti, ulteriormente complicata dal fatto che spesso i veneti chiamino baccalà, o “bacalà”, le preparazioni a base di stoccafisso.

Il pesce sotto sale è protagonista, ad esempio, del baccalà in bianco dell’Emilia-Romagna, di quello alla livornese, dei deliziosi filetti fritti romani, della ricetta lucana di Avigliano in cui vi si affiancano i profumati peperoni cruschi e di tante preparazioni partenopee, anche grazie alla storica tradizione della vicina Somma Vesuviana (e oggi all’attività della vivace Accademia dei Baccalajuoli, che esalta tanto lo stoccafisso che il baccalà). Quello essiccato predomina invece nelle Marche (dove è attiva l’Accademia dello stoccafisso all’anconitana), in Liguria dove viene usato per il brandacujun, in Sicilia e in Calabria dove si prepara in umido. E naturalmente in Veneto, dove in provincia di Vicenza la cittadina di Sandrigo – sede dell’annuale Festa del Bacalà e della Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina, custode della ricetta originale a base di stoccafisso tenuto a mollo per tre giorni in acqua corrente, infarinato e cotto in un tegame di coccio ricoperto di latte e olio, servito accompagnato da polenta gialla – è gemellata con Røst.

L’antico legame tra Lofoten e Veneto è stato infatti rafforzato negli ultimi anni dal rapporto commerciale, culturale e di affetto che lega sempre di più le due realtà, grazie anche all’attività dell’associazione Pro Sandrigo guidata dallo chef Antonio Chemello, che organizza la Festa e che ha compiuto in prima persona il viaggio da e verso Røst sia via mare sia via terra, aprendo la strada per la Via Querinissima e allacciando stretti rapporti d’amicizia con i norvegesi. D’altronde, la piccola isola sorprende i temerari visitatori con un’inattesa percentuale di abitanti che parlano italiano e con la presenza del primo e unico comitato della Società Dante Alighieri (che dal 1889 promuove la nostra lingua e la cultura nel mondo) oltre il circolo polare artico, con una piccola ma fornita biblioteca. Mentre l’isolotto di Sandøy ricorda con un monumento l’impresa di Pietro Querini, cui è intitolato anche il Parco Letterario locale.

Querini Opera, foto Annar Bjørgli

Ci sono dunque molte ragioni per prenotare un biglietto per la Querini Opera all’Arsenale, e assistere al racconto in cui italiani e norvegesi – per un totale di oltre cento intrepreti, tra cantanti professionisti, volontari e giovanissimi coristi – s’incontrano accompagnati dal cormorano Skarven, uccello marino mitologico che fa da narratore. Niente paura se non si capirà proprio tutto, le immagini, i costumi e le potenti scenografie che ricreano gli ambienti nordici, marittimi e veneziani sono abbastanza potenti per cogliere il senso di uno spettacolo che «celebra lo stoccafisso come fonte di orgoglio e identità, mostrando come abbia plasmato la storia e la cultura della regione».

Prima o dopo la rappresentazione, naturalmente, è d’obbligo la tappa in un bacaro veneziano per un assaggio di baccalà mantecato e un’ombra de vin. E magari un passaggio all’Arena Querini, sempre presso l’Arsenale Nord, per conoscere più da vicino questo e altri prodotti della gastronomia norvegese, dal salmone alle macroalghe.

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