Così un secolo fa già si prevedevano l’avvento di Boldrini e le nozze gay

Marinetti, Kraus e Volt. Novantotto anni passati invano. Contro il logorio della donna moderna ho cercato ricetto in quella di un secolo fa

di Antonio Gurrado | 02 Luglio 2015 ore 11:10 Foglio

Contro il logorio della donna moderna ho cercato ricetto in quella di un secolo fa: in fondo erano i tempi non dico de “L’inferiorità mentale della donna” di quell’esagerato di Paul Möbius, ma quanto meno di “Sesso e carattere”, in cui Otto Weininger tirava una riga per dividere la razionalità maschile da un principio femminino impossibile a sussumersi sotto lagnose categorie etico-giuridiche e Strindberg lo lodava per aver risolto una volta per tutte “la questione femminile”. Frattanto Filippo Tommaso Marinetti licenziava un “fosforico libro sul problema femminile” appena ripubblicato (“Come si seducono le donne”, Bur) contemporaneamente alla nuova edizione italiana degli scritti di Karl Kraus su genere e sessualità (“Con le donne monologo spesso”, Elliot). Cercavo pace, ho trovato tormento. Marinetti, che puntava al “grande successo fisiologico” della “fusione completa con l’epidermide delle signore”, alla stregua di una Serena Dandini ravvisava nella donna la “parte migliore dell’umanità: più elastica, più malleabile, più spiritosa, più sensibile”.

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Il suo è un manuale ma a nulla valgono i consigli pratici (“Se il divano è propizio la donna è vostra”; “La pancia è un ostacolo insormontabile per gli attacchi frontali”) quando c’è da far fronte, allora come oggi, a donne “pedanti e cretine come un saggio critico di Benedetto Croce”, che persistono “con cretinismo provinciale ad ammirare tutto ciò che è forestiero”, conservano “la concezione mediocrissima d’una vita timida piagnucolosa neutrale e nostalgica” e scimmiottano la donna alla d’Annunzio – “snob, superficiale, culturale, annoiata, disillusa” – o alla Fogazzaro: “vile, indecisa, piena di rimorsi, voglio-non-voglio, sarò-non-sarò-tua, forse-domani-un-poco, fino-al-petto-ma-non-più-giù”.

Va meglio con Kraus? Mica tanto. A parte le boutade che non si possono più dire (“La donna è un surrogato della masturbazione ma ci vuole un sovrappiù di fantasia”; “Il feticista desidera un piede e deve accontentarsi di una donna intera”; “Ormai le donne vengono soddisfatte più da un mandato parlamentare che da un parlamentare”) traspare in lui una mestizia per l’arrendevolezza di “uomini che non sono più uomini e a trasformarsi in prostitute hanno impiegato lo stesso tempo che le donne a diventare eroi”,  maschi ai quali “non resterà altro che chiedere al governo di poter avere le mestruazioni”. Volevo tuffarmi in un sogno di chiffon e taffetà invece leggo con orrore di suffragette che frantumano vetrine, assaltano uffici postali, azzannano guardie e poi ricevono il sostegno di appelli di “donne d’altissima cultura – missionarie, scienziate, artiste, laureate” che lamentano la carenza di “parità di diritti” come in un discorso di Laura Boldrini o un editoriale di Concita De Gregorio. Kraus sapeva di scrivere in un’epoca stremata e vedeva nell’impegno femminista il sintomo di uno “Stato invalido” che demanda la legiferazione al “transfert isterico” delle suffragette che “capovolgono in un batter d’occhio l’accusa mossa contro di loro in accusa contro gli altri”.

Marinetti credeva di essere all’inizio di un’èra di progresso: per le donne voleva il diritto di voto e l’ha ottenuto, la svalutazione della verginità e ne ha ottenuta fin troppa, il divorzio facile e quest’anno ha ottenuto pure quello. Ma cos’ha fatto la donna delle “belle libertà” futuriste? La risposta la dà un amico di Marinetti, Volt, al secolo Vincenzo Fani Ciotti: “La maggior parte delle donne pretendono di essere amate per la loro intelligenza. Pretensione assurda! Amore è reciprocamente volontà di dominio e desiderio di dedizione. Ora l’intelligenza non si dà né si possiede; quindi non può essere oggetto d’amore. Se si amasse la donna principalmente per le sue qualità spirituali, nulla osterebbe che ci amassimo fra uomini. Se una donna vuole farmi partecipe dei tesori della propria genialità, non ha che da spedirmi il proprio ultimo volume. Ma se una donna fisicamente desiderabile si avvicina al mio perimetro toracico per offrirmi la propria amicizia, io mi ritiro dietro la cupola blindata della mia diffidenza e faccio crepitare le mitragliatrici della mia ironia”. Era il 1917; i successivi novantott’anni sono passati invano.

Categoria Cultura

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