Acquitrino Italia, il noioso destino del Paese senza mobilità sociale

Eravamo un paese in cui il figlio dell’operaio diventava dottore, da qualche anno non lo siamo più. Come invertire la rotta? Con la meritocrazia

Riccardo Puglisi, Linkiesta 15.7.2015

Giovane signora quarantenne dalla bocca sdegnosa e tranquilla che si sente la più ricca della spiaggia: a patto che tu lo sia, se la tua bocca può restare per anni nella stessa posa tranquilla e sdegnosa puoi soprattutto ringraziare il fatto di vivere in un paese dalle classi sociali bloccate, per cui c’è un bassissimo rischio che arrivi in spiaggia una parvenu, cioè una signora che è più ricca di te: da non molti anni, ma comunque più ricca di te. A questa nuova arrivata risponderesti forse con lo stesso sorriso sdegnoso, ma molto meno sicuro di sé.

La mobilità sociale in Italia alla fine degli anni 2000 ha conosciuto una battuta d’arresto, anzi ha innestato la retromarcia, mentre per tutto il periodo precedente – almeno a partire dagli anni ’50 - era aumentata in maniera continua

Che cosa si intende per “classi sociali bloccate”? In parole semplici, che la mobilità delle nuove generazioni dall’una all’altra classe sociale – e soprattutto verso l’alto - sia un evento sempre più raro. La mobilità sociale è un concetto dinamico da due diversi punti di vista: innanzitutto, si tratta di confrontare il reddito, la ricchezza e il tipo di occupazione dei figli rispetto ai genitori. Tuttavia, è anche necessario valutare la mobilità in termini relativi, cioè confrontando la mobilità dei figli con la mobilità dei genitori e dei nonni, e così indietro nel tempo e nelle generazioni, finché i dati lo consentono. E dunque – se la mobilità sociale è diminuita - è probabile che la madre e la nonna della signora dalla bocca sdegnosa vivessero invece in anni in cui il rischio di farsi sorpassare socialmente da una nuova arrivata in spiaggia era sistematicamente più elevato di oggi.

I figli degli anni ’70 potrebbero vincere, ma non sanno lottare

Anzi: è possibile che la signora imperterritamente sdegnosa di oggi sia la figlia o la nipote della nuova arrivata di allora, non già di quella socialmente sorpassata. Il punto cruciale dal punto di vista socio-economico è che un periodo caratterizzato da bassa mobilità intergenerazionale ha il vantaggio di una tranquilla prevedibilità: pochi operai si sorprendono nel ritrovarsi un figlio dottore - e viceversa -, ma ha il forte svantaggio di assomigliare a un acquitrino, una situazione in cui sono scarse le novità, i movimenti, le invenzioni. Ah, dimenticavamo: una società stagnante è una società che non cresce.

È arrivato il momento di rottamare i sessantottini

Si badi bene che non si tratta soltanto di parabole o aneddoti. La verità degli andamenti statistici è abbastanza impietosa: come discusso dal sociologo Antonio Schizzerotto su lavoce.info, la mobilità sociale in Italia alla fine degli anni 2000 ha conosciuto una battuta d’arresto, anzi ha innestato la retromarcia, mentre per tutto il periodo precedente – almeno a partire dagli anni ’50 - era aumentata in maniera continua.

In che modo è possibile invertire la tendenza e riportare la mobilità sociale su un sentiero di crescita? Questa domanda naturalmente implica un giudizio di valore, cioè l’idea secondo cui sia preferibile un paese che cresce e gode di elevata mobilità sociale (verso l’alto e verso il basso) rispetto all’aquitrino di un paese che decresce (decrescita che solo chi sta in una posizione privilegiata può definire “serena”) e si fonda su classi sociali bloccate.

 La soluzione? Sta in una parola: meritocrazia. Del capitale umano e del capitale finanziario. E, probabilmente, in un intervento statale molto più contenuto rispetto a oggi. Meritocrazia del capitale umano: ad esempio, chi ha talenti intellettuali e imprenditoriali deve poter beneficiare di borse di studio generose e onnicomprensive, per poter frequentare le università migliori, qui o all’estero, a prescindere dai mezzi della famiglia di origine.

La soluzione? Sta in una parola: meritocrazia. Del capitale umano e del capitale finanziario. E, probabilmente, in un intervento statale molto più contenuto rispetto a oggi

Meritocrazia del capitale finanziario: idee geniali hanno spesso bisogno di ingenti capitali per essere tradotte in nuovi prodotti e processi, cioè per dare origine a nuove imprese di successo, che creano occupazione e rendono straricco chi quelle idee geniali è stato capace di concepire. Il venture capital e altre forme di finanziamento per start up devono beneficiare di un quadro di leggi chiare e non punitive: non necessariamente le società di venture capital devono essere italiane, se all’estero sono più bravi di noi a fare questo mestiere.

Infine, bisogna essere piuttosto scettici di fronte a un sistema economico dove molto, troppo reddito passa attraverso l’intermediazione dello Stato, cioè tramite tassazione e spesa corrente elevate, e dove troppo reddito viene smistato in maniera obbligatoria a favore di posizioni di rendita garantite dalle stesse leggi dello Stato: queste barocche condotte che rallentano il fluire dell’acqua-reddito potrebbero essere la parte sommersa dell’acquitrino dove la generazione dei trentenni e quarantenni è costretta a vivere. Se ci fosse più acqua corrente, ci sarebbe meno acquitrino, e forse qualche salutare schizzo in faccia arriverebbe anche alla sdegnosa e tranquilla signora. Acqua meritocratica, naturalmente!

Categoria Cultura

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