La falsa coscienza europea in atto dopo Colonia

Come ci sta riuscendo di assolvere il prossimo e condannare noi stessi

di Daniele Scalea | 12 Gennaio 2016 ore 14:45 Foglio

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Malgrado l'affastellarsi di nuovi dettagli che aggravano il già inquietante quadro dipinto (tardivamente) dai media alcuni giorni fa, sono ancora molti coloro che cercano di sminuire quanto accaduto a Colonia. In Europa, affermano, non sono certo una novità i reati di tipo sessuale: tanto banale da essere vero, ma tanto fuorviante da non accorgersi che la gravità di quanto accaduto sta nel numero. Quando in Europa così tante persone culturalmente omogenee, in così breve spazio e tempo, hanno compiuto così tanti crimini sessuali contro così tante vittime di cultura differente? Bisognerebbe risalire alla Seconda Guerra Mondiale per trovare casi siffatti. Ma lo sdegno degli apologeti di Colonia monta quando devono negare qualsiasi attribuzione dei misfatti a immigrati o musulmani. Il fatto che dei mille colpevoli e complici pressoché tutti appartenessero a queste categorie, ci spiegano, non autorizza a “generalizzare”. Salvo, però, gettare poi la colpa su una categoria ancor più generale e generica, quella dei “maschi”: tutti stupratori e femminicidi fino a prova a contraria.

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La superiorità morale dei ben pensanti tocca il suo apice, tuttavia, quando ammoniscono che  non si può valutare differentemente un reato a seconda che chi lo compia sia un cittadino o un immigrato. Da un punto di vista giuridico hanno perfettamente ragione, ma il pensare politico non dovrebbe fluire solo nell'alveo artificiale del diritto, bensì interrogarsi sulle questioni sociali, culturali ed etiche connesse ai misfatti di Colonia. Loro stessi lo fanno, in chiave politically correct, quando si lanciano in raffinati attacchi contro la “cultura tedesca dello stupro” o i “branchi maschili” europei.

E' sempre colpa nostra, è sempre ora dell'autocritica, per la nuova “falsa coscienza” dell'élite europea. L'immigrazione da noi non è certo esente da critiche, spesso ingenerose e xenofobe, ma tali proprio perché relegate al di fuori del discorso consentito dalla cultura egemone. Ci sono nella cultura europea contemporanea alcuni shibboleth che denotano immediatamente se un'opinione sia da considerarsi legittima o meno: la visione del migrante come ontologicamente buono è uno di questi.

Ciò denota anche la difficoltà dell'Europa d'oggi di pensare in termini di meriti, individuali o collettivi, acquisiti o da acquisire. Il migrante che giunga in Europa, prima ancora di dimostrare d'avere diritto all'asilo o a forme di protezione, secondo una certa cultura deve godere immediatamente d'ogni diritto che spetta al cittadino. Prima della sveglia dataci dai Francesi con Ventimiglia, in Italia era tabù persino la distinzione tra migrante economico e profugo: era diritto di chiunque, diceva il “senso comune” dei giornalisti e professori universitari, venire a vivere in Italia senza nulla dare o dimostrare.

Non tutti i diritti, tuttavia, sono assoluti e congeniti. Ci sono diritti che provengono da un merito individuale o da uno collettivo trasmesso per via ereditaria. La residenza e la cittadinanza in un paese europeo non sono (ancora) riconosciute come diritti congeniti a tutti gli abitanti della Terra. Sostenendo il contrario si nega non solo quel merito collettivo trasmesso per educazione ai discendenti delle passate generazioni d'italiani, ma anche il merito individuale dei tanti immigrati che hanno saputo integrarsi nella società ospite.

Tali discorsi suonano però stonati nel concerto del pensiero egemone in Europa: non solo perché violano lo shibboleth di cui sopra, ma anche poiché il merito si lega al soddisfacimento di doveri, laddove la nostra società non riesce più a pensare se non in chiave di diritti (all'accoglienza indiscriminata, alla cittadinanza per ius soli, a riformare istituti sociali tradizionali come la famiglia e il matrimonio per adattarli a stili di vita “innovativi”). Fateci caso: ormai non si parla nemmeno più di “ospitalità” o di “integrazione”, ma solo di “accoglienza” e “multiculturalismo”. Perché l'ospite dovrebbe comunque rispetto a un padrone di casa, e l'integrazione richiederebbe di essere accettati dalla società. Nell'ideologia dell'accoglienza, invece, chiunque entri in Europa dovrebbe aver diritto a occuparne una porzione di territorio senza chiedere nulla a nessuno né adattare il proprio comportamento.

In tal modo una società cessa di essere tale per divenire un semplice assembramento, di individui atomizzati (come gli europei) o di comunità ri-tribalizzate (quelle che generalmente si formano in presenza di elevate densità di immigrazione omogenea), tenute assieme non più da un vincolo di sangue, cuore o pensiero, bensì dalla mera forza di uno Stato e di una legge che tutti sentono sempre meno come legittimi e rappresentativi. Uno stato fragile destinato irrimediabilmente a perdere il controllo delle sue banlieues e delle sue Molenbeek, fino al disfacimento totale. Quando ciò avverrà, diranno i ben pensanti che è stata tutta colpa nostra. E allora, solo allora, avranno finalmente avuto ragione.

Daniele Scalea è Direttore Generale dell'IsAG - Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie

Categoria Cultura

Commenti

Ansgar Quabius • 4 ore fa

Egregio sig. Scalea, non sono stati i media a dipingere tardivamente il quadro. È invece grazie ai media che lo scempio è venuto fuori. Il ministro regionale degli interni Jäger della SPD aveva, molto poco intelligemente, secretato il rapporto della polizia. Non solo: prima dei fattacci la polizia, preventivando la situazione, aveva chiesto rinforzi e maggiore personale ma il ministro aveva dato pare negativo. Ora cerca di scaricare la sua da tempo certificata inettitudine sulla polizia. I fermi inoltre non poterono essere tramutati in arresti perchè mancava il personale. Focus o der spiegel hanno pubblicato il rapporto della polizia: da mettersi le msni nei caoelli, mi chiedo perché pago le tasse in Germania a una banda di incompetenti a cominciare dalls cancelliera.

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Atreju • 5 ore fa

Amen

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vincenzo granata • 6 ore fa

Effettivamente sarà troppo tardi e troppa sarà stata, di conseguenza, la nostra colpa di non aver saputo per tempo mandare all'inferno, metaforicamente parlando, i nostri (fratelli e sorelle?) del politicamente corretto mondo progressista che hanno in odio il sistema di democrazia plurale nel quale vivono intriso di libertà e rappresentatività e dal quale essi traggono tutto i vantaggi di cittadini rispettati mentre, invece, essi ne vorrebbero vedere la fine. Che siano sempre maledetti.

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Moreno Lupi • 6 ore fa

Al direttore, ben scrive Daniele Scalea, ma il quesito di fondo, quello essenziale è: la pavidità dei governi verso l problemi dell'immigrazione è dovuta ad acquiescenza culturale verso "shibboleth", oppure al fatto che le opinioni pubbliche autoctone, non devono essere spaventate da atti di governo fermi e decisi? Io, disincantato qual sono, penso che tutti i pro "avanti tutti", giochino sul fatto che le pubbliche opinioni, attualmente, sono diffidenti verso le istituzioni e che le preferiscano quasi imbelli. "Se lasciamo che lo siano verso l'immigrazione, accumuliamo crediti pro domo nostra", questo il recondito pensiero di bellezze diverse. Forse pecco di malandrino pensiero, ma l'atteggiamento prevalente del mondo femminista, maschi al seguito inclusi, ai fatti di Colonia e di altre città, mi legittima a peccare.

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luca sorrentino  Moreno Lupi • 3 ore fa

Caro Moreno, ê vero che gli uomini sono tutti stupratori, come sono tutti antropofagi se messi nelle condizioni di stuprare e se devono assolutamente sopravvivere. La condizione civile puó fare obliterare pro tempore, ma non radicalmente, l'istinto congenito in ognuno, che è quello della sopravvivenza e della generazione. Siccome sono istinti ciechi nessuno può accusarci di praticarli, perchè nella necessitá non sussiste obbligo di legge. La Legge inoltre, suppone che i criminali siano una minoranza, se è la maggioranza il crimine in democrazia è legge e si ricorre a sanatorie. Se le cittá di notte non sono illuminate nessuno, maschio e femmine,è sicuro della vita e della borsa, tutti si metterebbero a stuprare, se poi è un diritto degli stranieri a maggior ragione ne hanno diritto i cittadini. Nessuna donna sta al sicuro; ieri discutevo con una femminista dei fatti di Colonia e ai miei paradossi logici mi opponeva che gli uomini e le donne sono uguali, sí rispondevo io, giuridicamente ma non per natura, altrimenti provate a difendervi da sole. Le donne hanno sempre avuto la protezione dei maschi, che sono i piú forti, il vezzo della paritá giuridica ha fatto perdere la consapevolezza della loro debolezza naturale e hanno femminilizzato anche i maschi, al punto che di fronte al pericolo le lasciano sole. quanto è diverso il mondo come è da come dovrebbe essere, nella barbarie tutti gli uomini sono uguali, maschi e femmine insieme, e nella barbarie è prodezza il numero e ragion l'offesa. Questi tempi sono quelli della barbarie di ritorno prevista da Vico, abbiamo provato il piú orribile di tutti gli orribili regimi, quello in cui tutti volontariamente si fanno servi. Ciao

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Fabrizia Lucato • 6 ore fa

In realtà, tutti coloro che assolvono gli immigrati sempre e comunque e per i quali è sempre e comunque colpa dell'Occidente, sono degli irriducibili razzisti. Secondo loro, infatti, noi ( bianchi, occidentali, evoluti ) siamo tenuti al rispetto degli standard di comportamento più nobili e più alti, senza se e senza ma. Standard che non valgono per gli altri, che evidentemente non sono considerati esseri umani intelligenti e responsabili come noi ( tanto loro sono solo arabi, marocchini, neri, musulmani....come potrebbero arrivarci, loro, sub-umani che non sono altro?)

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