Al posto della lotta di classe lo scontro è sul protezionismo

Oggi il tema è quello del passaggio dal primato industriale a quello del terziario, ma l'Europa non è in grado

 di Sergio Soave Italia Oggi 11.5.2016

Qual è oggi il terreno reale della contesa politica, una volta tramontata la centralità della lotta di classe che aveva dominato la scena nazionale e internazionale durante il periodo di espansione dell'industrialismo? Si potrebbe dire che torna di attualità la tematica dominante prima delle guerre mondiali, quella della contrapposizione tra protezionismo e liberoscambismo. L'emergere di tendenze che vengono sommariamente accomunate sotto l'etichetta del «populismo», a sinistra in Spagna, Portogallo, Italia e Grecia a destra in Francia, Austria e paesi liberati dall'impero sovietico, oltre che in America, forse si comprenderebbe meglio se si cogliesse il tratto che li accomuna, che è appunto il protezionismo, la riedificazione dei confini, la costruzione di muri, l'opposizione al trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti.

Il guaio per i governi nazionali è che il meccanismo impiegato finora, quello di attribuire il liberoscambismo (e il conseguente liberismo) alle istituzioni sovranazionali, per noi quelle europee, mentre si continuava a gestire i residui spazi protezionistici (e conseguentemente statalistici) nelle politiche interne, è saltato. Quell'equilibrio era basato sulla capacità dell'Europa di finanziare una sorta di protezionismo agricolo che ha favorito il passaggio abbastanza indolore dalla prevalenza agricola a quella industriale. Protezionismo agricolo condiviso e liberismo industriale, uno schema che ha funzionato egregiamente, finché il problema non è cambiato.

Oggi il tema è quello del passaggio dal primato industriale a quello del terziario, ma l'Europa non è in grado di applicare all'industria il meccanismo di salvataggio che aveva realizzato per l'agricoltura. Anzi, l'insistenza nella proibizione degli aiuti di stato all'industria ha portato all'appesantimento delle funzioni del credito, fino all'emergere di una diffusa crisi bancaria sottolineata dalla dimensione dei crediti inesigibili, in gran parte conseguenti a fallimenti industriali.

Può essere una lettura parziale dei fenomeni chiamati populisti, ma almeno riesce a dar conto delle convergenze oggettive di fenomeni che sembrerebbero tra loro assai distanti, dalla propaganda antieuropea tanto forte in Gran Bretagna alle manifestazioni berlinesi contro il trattato transatlantico, alla disfatta delle grande coalizione austriaca, all'ingovernabilità della Spagna. Che poi l'origine stia nel protezionismo industriale tedesco sostenuto dalla sparkasse che si accompagna all'imposizione del liberismo dell'austerità ai partner è un dubbio fondato che andrebbe chiarito

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