I francesi si stanno pappando Cibus cioè il cuore della Food Valley italiana

Il sindaco di Parma ha offerto al Crédit Agricole il 17% delle Fiere di Parma che fa registrare un utile a fine anno di 7 milioni di euro

 di Pierluigi Magnaschi , 22.9.2017 da www.italiaoggi.it

Il sindaco di Parma, l'ex M5s Federico Pizzarotti (poi scomunicato da Beppe Grillo), deve far cassa e quindi ha offerto al Crédit Agricole il 17% delle Fiere di Parma che, oltre a essere un fiore all'occhiello della città ducale, fa registrare un utile a fine anno di 7 milioni di euro. Le Fiere di Parma sono strategicamente importanti per l'agroalimentare italiano, perché, fra le altre manifestazioni fieristiche, ospitano anche Cibus, il famoso salone dell'agroalimentare, che rappresenta la migliore vetrina di questo settore produttivo nel mondo e che, non a caso, opera in una provincia (Parma) che è nota a tutti per i suoi grandi marchi della nutrizione come Barilla e Parmalat (quest'ultima è già passata in mano dei francesi) e per l'eccellente industria dei suoi salumi (culatello, prosciutto, coppa e salami) che sono al top in un paese che già eccelle in questo settore produttivo. Per non ricordare la sua industria casearia (il Parmigiano Reggiano) e delle conserve alimentari in genere e, in particolare, quelle del pomodoro nelle sue varie e sempre nobili declinazioni.

Questa notizia, se non l'allarme, avrebbe dovuto, quanto meno, suscitare l'interesse dell'intero paese. Invece è stata resa nota, a livello nazionale, solo da ItaliaOggi, grazie a un tempestivo ed esauriente servizio di Carlo Valentini uscito martedì scorso e rimasto senza eco, a dimostrazione dell'atonia del mondo dei media e di quello politico italiani, rispetto alle notizie destinate a plasmare e condizionare il futuro dell'Italia. L'operazione, intendiamoci bene, è del tutto corretta se si ha, dell'economia, come noi abbiamo, una visione liberale e non dirigistica (che invece i francesi alla Macron, pur definendosi, a parole, liberali ed europeisti, preferiscono mantenere). L'unica riserva su questa operazione è, per il momento, di tipo politico.

Come mai un'amministrazione comunale si libera di un cespite redditizio (in questa caso, le Fiere di Parma) per poter utilizzare il prezzo ottenuto per investirlo in un pozzo senza fondo, destinato a non essere mai colmato? Infatti i quasi 11 milioni che i francesi hanno dovuto pagare per ottenere il 17% delle Fiere di Parma sarà utilizzato dal sindaco Pizzarotti per rinsanguare il dolente aeroporto di Parma, una struttura cioè che boccheggia da quando è nato anche perché in Emilia, in poco più di 200 chilometri, ci sono ben quattro aeroporti: Parma, Bologna, Forlì e Rimini. Tutti, salvo Bologna, hanno l'acqua alla gola.

Si dirà, ma che cosa conta il 17%? In fondo, i nuovi soci francesi sono (per il momento) in iperminoranza. Questa è una domanda opportuna. Che però non tiene conto di due circostanze. La prima è che Cibus (prendo in esame, per semplificare, solo il Salone più significativo e importante delle Fiere di Parma), per poter tenere alto il suo prestigio, deve investire massicciamente nei prossimi anni. Deve infatti rafforzare sempre più la sua proiezione a livello internazionale. È quindi molto probabile che le Fiere di Parma abbiano al più presto bisogno di capitale nuovo che il Crédit Agicole potrebbe sottoscrivere senza fatica e che invece l'amministrazione comunale di Parma potrebbe non essere in grado di finanziare.

La seconda circostanza è che i francesi si muovono molto più abilmente degli italiani a livello di sistema. Hanno da tempo capito, per esempio, che la filiera agroalimentare italiana potrebbe essere a loro molto utile se venisse associata alla loro attività nello stesso settore. Italiani e francesi infatti eccellono entrambi in questo ambiente produttivo nel quale, ogni anno che passa, sono sempre più in concorrenza diretta, come dimostra per esempio anche il settore del vino al top, nel quale i produttori italiani sono stati capaci, in questi ultimi vent'anni, di colmare il vallo di qualità che un tempo li divideva dai grandi cru francesi.

Questa vicenda delle Fiere di Parma si incrocia inevitabilmente con quella dell'acquisto, da parte degli italiani, della maggioranza dei Cantieri navali francesi Stx sui quali si dovrebbe decidere mercoledì prossimo a Lione durante l'incontro bilaterale fra il premier italiano Gentiloni e quello francese Macron «au sortie d'un été qui aura mise à rude épreuve la relation entre les deux pays», alla fine di un'estate, scrive Le Monde, che avrebbe messo a dura prova la relazione fra i due paesi. Per colpa di chi, mi domando? Per capirlo riassumo la vicenda. Il presidente francese Hollande, preoccupato dall'uscita da Stx dei soci della Corea del Sud, travolti dal loro fallimento, aveva invitato l'italiana Fincantieri a subentrare acquisendo la maggioranza del capitale. L'accordo è stato firmato. Sennonché, da lì a poche settimane, è stato eletto presidente della repubblica francese Emmanuel Macron che, come primo atto, ha stracciato pubblicamente e platealmente il contratto (con un comportamento che Indro Montanelli avrebbe definito «guatemalteco»). Poi Macron si è detto disposto ad accogliere gli italiani in Stx, purché senza la maggioranza. Per Macron vale l'aberrante convincimento che la Fincantieri (che è una società europea) non ha, per motivi di interesse nazionale francese, il diritto di acquisire la maggioranza che, in Stx, era già stato accodato a un impresa addirittura extracomunitaria.

Dovendo apparire un duro agli occhi di chi lo ha votato, Macron ha scelto, subito dopo essere salito all'Eliseo, di dare un calcio nel fondo schiena al governo italiano (e agli italiani che esso rappresenta) sicuro che a Roma ci fosse ancora Enrico Letta, e i molti che lo hanno preceduto e che hanno sempre avuto lo stesso atteggiamento remissivo nei confronti della Francia, che sarebbero stati disposti a chiudere tutti e due gli occhi su questa soperchieria. Invece a Roma, per fortuna, ci sono adesso leader politici come Gentiloni e Calenda che non vogliono certo dichiarare guerra alla Francia (come invece ha fatto unilateralmente e immotivatamente Macron con l'Italia sul caso Stx) ma che vogliono semplicemente, ma anche fermamente, che i contratti siano onorati. Tutto qui. Da signori, ma non certo da allocchi.

Scoperto di essere scivolati su una buccia di banana, che si erano incautamente messi loro stessi sotto le scarpe, i parigini, che sono specialisti nel descrivere le lucciole come se fossero lanterne, hanno fatto una nuova proposta: gli italiani non salgono al 51% in Stx ma, in compenso, li invitiamo successivamente ad allargare il business con noi per entrare anche nel mercato della nautica militare. Questa proposta-imbroglio non può essere accettata: il contratto con gli italiani infatti va perfezionato così com'è stato sottoscritto, dando la maggioranza di Stx alla Fincantieri che l'ha correttamente comperata.

Dopo, ma solo dopo, la Fincantieri sarà ovviamente disposta a esaminare ed eventualmente accogliere ogni possibile allargamento del business. Mi auguro che mercoledì prossimo a Lione i rappresentanti dell'Italia sappiano, con eleganza ma anche con fermezza, sostenere le ragioni della Fincantieri che sono semplicemente le ragioni della correttezza e del rispetto dei contratti. Se l'Italia cederà su questo punto, perderà l'intero fronte di un contenzioso che non finisce qui ma che ci marginalizzerebbe di sicuro in Europa. Come, purtroppo, rischia di accadere. Meno male che Calenda c'è. Speriamo sia in grado di avere la meglio sui molti che vogliono smettere di combattere prima di aver cominciato a farlo.

Pierluigi Magnaschi

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