Il debito pubblico è raddoppiato

Per la mancanza di efficaci strumenti di controllo

 di Fabrizio Pezzani* 19.1.2018  www.italiaoggi.it

La campagna elettorale si è avviata all'insegna di slogan urlati ma priva di un modello culturale fondato su un pensiero compiuto in grado di dare una visione storica e sistemica della crisi del nostro tempo. Tutti, o quasi, sembrano limitarsi a dare evidenza a singole parti di un tutto che impedisce di capire il senso di una visione completa dei problemi, della loro interconnessione e del modo in cui si possano legare insieme per rispondere in modo creativo alla sfida che dobbiamo affrontare.

Tra le varie proposte emerge l'enfasi attribuita alla «tax flat», letteralmente «tassa piatta» nel senso che propone un'aliquota simile per tutti abbandonando la proporzionalità del sistema prevista costituzionalmente.

Questa tassa fu pensata da Milton Friedman che ancora oggi viene ricordato, dimenticando, però, che la sua cultura e la scuola di Chicago di cui è stato l'ispiratore sono state tra le cause della crisi attuale che ha puntato tutto sulla finanza razionale abbandonando le idee liberiste e sociali di Friedrich Hayek fondatore della scuola liberista.

La cultura unica della finanza razionale ha trasformato l'economia, da scienza sociale a scienza esatta, pretendendo che la realtà si adatti a modelli rivestiti innaturalmente di verità sacrale; ancora oggi abbiamo davanti agli occhi la devastazione di quel modello culturale ma facciamo fatica a rigettarne l'inganno.

La «tax flat» viene proposta senza un'analisi critica e corretta della situazione del paese , della sua sostenibilità e dell'effetto aggiuntivo sul debito ma viene sbandierata come una sorta di pietra filosofale, capace di lenire tutti i mali mentre invece è l'ennesima dimostrazione di una classe dirigente che di «flat», piatto, ha forse solo il pensiero. Lo spunto è stato preso ancora una volta dagli Usa prossimi a un default senza precedenti e con un dollaro sempre più insidiato nel suo ruolo di moneta di riserva globale da un sistema finanziario alternativo; gli Usa sono totalmente diversi da noi su tutto ma noi continuiamo autisticamente a copiarli.

Il problema del nostro paese in una visione d'insieme è molto più complesso e va affrontato con una visione allargata che oggi è carente nell'analisi politica; potremmo, in estrema sintesi, evidenziare i seguenti punti che mancano totalmente dalle agende politiche nel dibattito quotidiano:

1) in un sistema globale non esistono problemi locali che possano essere risolti indipendentemente dai metaproblemi globali; la gestione di una finanza che sfugge completamente al controllo non solo del paese ma anche alla Bce diventa un problema che va risolto a monte per evitare che ogni cambiamento venga spazzato via dal vento della finanza di rapina; non mettere mano all'eliminazione dei derivati speculativi, ad alzare barriere alle banche d'affari con una nuova Glass Steagall Act, non rimuovere strumenti di misurazione (pil, rating , spread...) fondati sul nulla ma sistematicamente manipolabili, diventa un suicidio annunciato. L'aumento del debito in queste condizioni ci espone all'attacco finanziario sistematico;

2) il debito pubblico è diventato un macigno per colpa della insussistenza di adeguati sistemi di controllo che hanno consentito il «moral hazard» a qualsiasi livello; dal 2001 ad oggi è di fatto raddoppiato se consideriamo gli interessi figurativi, il suo incremento è dovuto, di fatto, solo alla spesa corrente e non agli investimenti. Il riscorso alla spesa corrente è stato funzionale a fare sopravvivere esecutivi deboli e incollati con collusioni e interessi di comodo, la spesa corrente ha consentito di comperare il consenso grazie a commesse e favori assegnati senza regole controllate ad amici degli amici, il dramma dei default bancari ne è un esempio drammatico;

3) l'evasione fiscale è diventata una prassi ed agire con riforme fiscali in un contesto incontrollato e giuridicamente soffocante non può essere una strada percorribile senza avere messo garanzie efficienti ai sistemi di controllo del debito. Una soluzione immediata per il rilancio, invece, potrebbe essere la revisione dell'Imu, una delle imposte più diseconomiche attuate. La revisione dovrebbe ridurre la sua aliquota (5%?) per tutti, ridurre i moltiplicatori delle rendite catastali a quelle previste con l'Ici (120%?) così avremmo un segnale certo, capito dalla gente, per il rilancio del settore immobiliare che ha subìto svalutazioni drammatiche; le mancate entrate possono spingere a controlli di efficienza della spesa da destinare al sistema di welfare;

4) definire il nostro ruolo in Europa evidenziando la necessità che la UE può restare in piedi solo se difende l'euro dalla speculazione internazionale altrimenti saremmo sempre sotto i venti di guerra come la «campagna d'Europa» avviata nel 2010 con l'attacco alla Grecia, Portogallo e Irlanda ci ha dimostrato che indebolisce la sovranità dei singoli paesi. Ritornare con i piedi per terra, provare a dare una scossa al pensiero-flat anche a costo di essere impopolari e ricordare quello che diceva Alcide De Gasperi ai suoi colleghi nelle campagne elettorali: «Dovete sempre promettere qualcosa di meno di quello che sarete sicuri di realizzare» .

Fabrizio Pezzani * Ordinario di Economia Aziendale Università Bocconi

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