Con il Jobs Act crescono i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato

Rendere stabili più rapporti di lavoro possibile con la certezza per il lavoratore di avere una retribuzione fissa potrà modificare in positivo l’atteggiamento dei consumatori e riattivare un ciclo economico stagnante

di Redazione | 23 Aprile 2015 ore 14:25  Foglio

Dopo le dispute statistiche che hanno occupato il dibattito sulla bontà (o meno) del Jobs Act, sono i primi dati del ministero del Lavoro a confermare un effetto positivo generato dalla riforma del lavoro attiva dal 7 marzo. Il mese scorso infatti sono stati attivati 92 mila nuovi contratti di lavoro (è il saldo tra le cessazioni e le attivazioni) con un aumento dell’importanza di quelli a tempo indeterminato, incentivati appunto dal Jobs Act. A fare premio sulle scelte delle imprese è il combinato disposto dell’incentivo normativo (tutela leggera del licenziamento) e soprattutto, in questa fase iniziale, di quello economico (decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato), come sottolineato dalla Banca d’Italia.

ARTICOLI CORRELATI  Calma col disfattismo, ma un pil così floscio non crea occupazione  Così il tandem Marchionne-Renzi mette in crisi il sindacato antagonista  I cavalli di Troia del Jobs Act

Dai dati pubblicati ieri dal ministero del Lavoro si ricava che le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate del cinquanta per cento rispetto a marzo del 2014 (da 108 mila a 162 mila) e ciò è determinato in larga parte dalla trasformazione dei contratti temporanei in stabili (un aumento dell’81 per cento rispetto all’anno scorso, da 22 mila a 40 mila circa). Sul totale di nuovi rapporti di lavoro accesi sono tuttora quelli a carattere transitorio (tra cui apprendistato e collaborazioni) a rappresentare la fetta più consistente. Quelli a tempo indeterminato, seppure in crescita, incidono infatti per il 24 per cento sul totale. Tuttavia l’obiettivo di favorire un mix di rapporti di lavoro più equilibrato in senso di privilegiare la stabilità dell'impiego è abbordabile.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, auspicava infatti che i contratti a tempo indeterminato arrivasse a riguardare il 30 per cento delle nuove assunzioni e non siamo distanti. Diversi analisti concordano sul fatto che sia prematuro, su queste basi statistiche, inferire che la disoccupazione verrà riassorbita ma la tendenza generale a rendere stabili più rapporti di lavoro possibile con la certezza per il lavoratore di avere una retribuzione fissa per almeno tre anni (e se anche il salario crescerà dovrà certificarlo l’Istat) potrà modificare in positivo l’atteggiamento dei consumatori e riattivare un ciclo economico stagnante.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata