Società partecipate, una zavorra in numeri

In Italia sono 8 mila. Per 5 mila poltrone. E un giro d'affari da 40 miliardi di euro. Renzi vuole portarle a 1.000 per risparmiare 3 mld. Ma gli ostacoli non mancano.

di Francesco Pacifico | 29 Luglio 2015, lettera43

All’Atac di Roma si è scoperto che non si fa la manutenzione perché al posto dei meccanici sono stati assunti fiorai amici dei politici romani.

Ma in Italia non c’è soltanto Ignazio Marino ad avere dichiarato guerra alle municipalizzate.

Matteo Renzi ha detto che è «prioritario intervenire sull'incredibile nugolo di aziende pubbliche che sono una vergogna inaccettabile». Nella riforma della Pubblica amministrazione ha messo nero su bianco la volontà di portare - in tempi brevi - le partecipate da 8 mila a 1.000.

RENZI PUNTA A 3 MLD DI RISPARMI.

Il premier è convinto di risparmiare così tra i 2 e i 3 miliardi di euro all'anno. Ma avrà bisogno di impegnare almeno la metà di questa cifra per incentivare sindaci, presidenti di Regione o di Camere di commercio a fondere i loro feudi con le società di altri territori.

Soltanto otto regioni (Lombardia, Umbria, Toscana, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto) hanno presentato piani credibili di dismissione, che pure sarebbero previsti per legge.

GIRO D'AFFARI DA 40 MILIARDI.

 Perché è difficile mettere d’accordo azionisti che non vogliono perdere un centesimo degli alti incassi legati a servizi quasi sempre offerti in regime di monopolio.

Il giro d’affari - per un comparto che vale circa 15 miliardi di capitalizzazioni - supera i 40 miliardi. Ma non sempre ci sono dividendi da spartirsi: infatti le perdite complessive superano i 13 miliardi. Soltanto le aziende siciliane vantano un passivo di 117 milioni e guadagni per soli 36 milioni.

Le partecipate in Italia muovono 5 mila poltrone

Allo stesso modo gli amministratori non vogliono rinunciare a una macchina di spesa e di assunzioni che è indispensabile per gestire il consenso con gli elettori e i poteri forti locali.

Mediobanca ha calcolato che direttamente o indirettamente le partecipate muovono qualcosa come 5 mila poltrone. E soprattutto garantiscono stipendi che variano dai 12.600 euro all'anno per gli amministratori minori ai 36 mila per le posizioni apicali.

I DEBITI SUPERANO I CREDITI.

 Per capire cosa si nasconde dietro questo «nugolo di aziende pubbliche che sono una vergogna inaccettabile» - per usare la locuzione renziana - è utile rileggere la relazione svolta dalla Sezione delle autonomie della Corte di Conti. Passando in rassegna voci di bilanci come spesa, gestione, quota di partecipazione e servizi forniti della galassia delle partecipate pubbliche, la sentenza è semplice quanto spietata: «C’è una netta prevalenza dei debiti sui crediti».

Questo perché, soprattutto nelle «partecipazioni pubbliche al 100%, il rapporto crediti/debiti verso controllanti è sbilanciato in favore dei primi. Ciò evidenzia la forte dipendenza delle partecipazioni totalitarie dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante indebitamento verso terzi».

MANCA UN INDIRIZZO STRATEGICO-INDUSTRIALE.

 Come dire che non esiste un vero indirizzo strategico/industriale, ma si risponde soltanto alle esigenze degli enti locali.

Una commistione così ingestibile che «le risorse complessivamente impegnate e pagate dagli enti proprietari tendono a coincidere con l'importo dei valori della produzione degli organismi destinatari delle erogazioni. Ciò a ragione della proprietà interamente pubblica, che rende marginale la quota di fatturato prodotta da commesse provenienti dal mercato».

IL NODO DELLA TRASPARENZA.

 In quest’ottica non può esserci spazio per la trasparenza. Sempre la Corte dei Conti ha calcolato che è «netta la prevalenza degli affidamenti in house, mentre le gare con impresa terza risultano essere soltanto 90, su un totale di 26.324 rapporti tra enti e organismi, e gli affidamenti a società mista, con gara a doppio oggetto, 366».

Al 19 giugno 2015 sono state censite dalla banca dati Siquel della Corte dei Conti 7.684 partecipate locali. Di queste 1.898 sono totalmente pubbliche, con uno o più enti partecipanti. Appena un migliaio sono in via di liquidazione, perché è questa la foresta pietrificata del terzo millennio.

Categoria Economia

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