Ai signori del rating non piace la bad bank all'italiana

Un report di Standard & Poor's molto scettico sulla via scelta dal nostro paese per smaltire le sofferenze bancarie. La Borsa per ora è d'accordo: solo a gennaio l'indice Ftse Mib ha perso il 16 per cento

di Alberto Brambilla | 03 Febbraio 2016 ore 10:00 Foglio

Roma. L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha affermato ieri in un report che il piano concordato settimana scorsa tra Italia e Commissione europea per ridurre il fardello dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche italiane “per quanto positivo non sarà risolutivo”. Dopo mesi di trattative il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva raggiunto un accordo con il commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, per ridurre lo stock delle attività deteriorate delle banche: le partite deteriorate ammontano a 350 miliardi di euro, mentre i prestiti difficili o impossibili da recuperare per insolvenza del debitore a 207 miliardi.

ARTICOLI CORRELATI  Dietro l’ottenimento della bad bank non c’è un pranzo di gala per le Pmi  Lo scetticismo di Standard&Poor's sulla pseudo-bad bank italiana  Una bad bank non fa primavera

Il meccanismo italiano (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, Gacs) permette a ciascuna banca di creare un veicolo per “cartolarizzare” i cattivi prestiti e venderli a investitori specializzati. Il veicolo emetterà titoli di diverse classi, junior e senior. Le tranche senior, con sottostante crediti di anzianità superiore, e quindi con un percorso di recupero del credito già avviato, sono assistite dalla garanzia dello stato.

"Sebbene il governo speri di aiutare le banche a ridurre i non performing loans delle banche, pensiamo che il meccanismo Gacs possa avere risultati magri, almeno nel breve termine”, scrive Mirko Sanna, analista del mercato del credito di S&P’s. “Questo perché il meccanismo non incide direttamente sulla differenza tra il valore di mercato e di bilancio dei crediti deteriorati perché è relativamente costoso per le banche e perché la garanzia pubblica si applicherà soltanto sulle tranche senior”.

L’agenzia di rating americana, inoltre, osserva che il meccanismo italiano non produrrà benefici comparabili a quelli delle bad bank sperimentate in Irlanda e in Spagna nel 2009 e nel 2012. “Riconosciamo – aggiunge S&P’s – che le regole europee sugli aiuti di stato sono più prescrittive da allora. Inoltre, il formarsi di partite deteriorate è il risultato di una recessione prolungata e il problema non sembra essere così critico come in Spagna e in Irlanda, severamente colpite dal collasso dei rispettivi mercati immobiliari”. Per questa serie di ragioni S&P’s conclude che il meccanismo italiano non avrà alcun impatto nell’immediato, né positivo né negativo, sul giudizio sulle banche italiane.

Piazza Affari per ora sembra pensarla in modo simile. La Borsa di Milano nel 2015 era stata tra le migliori al mondo, ma ha avuto un inizio 2016 da dimenticare: nel solo mese di gennaio l'indice Ftse Mib, che raccoglie i 40 titoli più importanti, ha perso il 16,3 per cento.

Categoria Economia

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata