A Parigi la conferenza di pace sul Medio Oriente ma non ci sono Israele e i palestinesi

La Francia rilancia la soluzione «due popoli, due Stati» ma irrita Netanyahu con il suo «approccio dall’alto»

REUTERS

Il ministro degli Esteri francese Ayrault (a sinistra) insieme al collega saudita Adel al-Jubeir

03/06/2016 GIORDANO STABILE BEIRUT, La Stampa

Ci sono trenta Paesi e tutte le grandi potenze ma non ci sono Israele e i palestinesi. La Conferenza di Parigi che si apre questa mattina nella capitale francese è il più ambizioso tentativo diplomatico per far ripartire le trattative di pace israelo-palestinesi da due anni a questa parte, quando i colloqui fra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen si sono definitivamente arenati. Ma sconta, ancora prima di partire, l’approccio «dall’alto» che ha irritato Israele.

«Si faccia la scelta coraggiosa della pace» ha detto François Hollande all’apertura della Conferenza. Per il presidente francese doveva essere il preludio di un’altra Oslo, un balzo in avanti ottenuto spingendo al massimo la pressione internazionale sulle due parti riottose. Ma il muro eretto da Netanyahu ha limitato di molto le ambizioni. Il governo israeliano e media vicini oggi sono arrivati a parlare di «colonialismo», di «nuovo Sykes-Picot», l’accordo anglo-francese che un secolo fa spartì il Medio Oriente fra le due superpotenze di allora. Netanyahu ha insistito che solo «colloqui diretti» fra le parti e «senza precondizioni» possono sbloccare la situazione.

Il piano di Riad 

I palestinesi invece ci avevano creduto moltissimo nei mesi scorsi, ora sono più scettici. Parigi punta a far approvare già oggi un documento che ribadisca la necessità di arrivare alla soluzione «due popoli, due Stati», come previsto dagli accordi di Oslo. La nuova spinta diplomatica, secondo fonti francesi e israeliane, sarà incentrata sul “piano saudita” del 2002. Prevedeva che i leader arabi riconoscessero Israele in cambio del ritiro dei Territori occupati dal 1967 e la creazione di uno Stato palestinese indipendente.

Entro la metà del 2017 

Secondo indiscrezioni del quotidiano israeliano “Haaretz” i francesi hanno pronto un documento in tre pagine. Oltre alla riproposizione del piano saudita, proporrebbe un calendario stretto e fitto di incontri bilaterali Israele-palestinesi per arrivare a un accordo entro la metà del 2017. Una data simbolica perché segnerà il cinquantenario della guerra dei Sei giorni che portò all’occupazione della Cisgiordania.

La carta saudita 

Netanyahu, anche se contrario a Parigi, si è mostrato invece molto disponibile sul piano saudita. La mediazione del presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi ha rilanciato questa opzione e anche il nuovo ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman, un super-falco, ha dato il suo appoggio, almeno formale. I rapporti fra Israele e Arabia saudita (che ancora non riconosce formalmente lo Stato ebraico) sono i migliori di sempre. La cessione delle isole nel Mar Rosso dall’Egitto a Riad, con il consenso strategico di Israele, ne è la prova.

Disaccordi storici 

Restano i punti di disaccordo, e sono sempre quelli. I palestinesi insistono sul ritorno dei profughi, compresi quelli del 1948, nelle terre di origine. Israele vuole un riconoscimento da parte degli arabi e dei palestinesi come “Stato degli ebrei”. Poi c’è il problema degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata, in particolare a Gerusalemme Est, che è stata annessa da Israele.

Un altro ostacolo, però, è l’indebolimento della leadership di Abu Mazen, 81enne e malato. Il raiss, secondo fonti palestinesi, è sempre più concentrato sulla questione della successione. Con un fantasma: quello di Mohammed Dahlan, l’ex uomo forte di Al-Fatah a Gaza, cacciato dalla Striscia dal colpo di mano di Hamas nel 2007. Dahlan, 54 anni, è da allora in esilio nel Golfo. I suoi rapporti con Abu Mazen sono di odio puro: lo ha anche accusato di aver avvelenato Arafat. Dahlan è impopolare nella Cisgiordania occupata ma, secondo un retroscena di Times of Israel, Egitto, Emirati e Israele stessa lo vorrebbero come nuovo leader dell’Autorità palestinese. Uno scenario da incubo per Abu Mazen.

Categoria Estero

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