L'Antitrust Usa si è svegliata contro chi ci vuole spogliare

Google e compagni possano «sapere tutto» dei gusti dei loro clienti e quindi bersagliarli (pardon, raggiungerli) con pubblicità tagliata su misura.

 di Sergio Luciano ItaliaOggi 4.11.2016

Sui 7,01 miliardi di dollari di fatturato che Facebook ha ottenuto nel terzo trimestre di quest'anno, 6,8 provengono dalla raccolta pubblicitaria. Ricordiamocelo, se vogliamo spiegarci perché – finalmente – perfino l'Antitrust americano, tradizionalmente bonario verso i big di internet e delle telecomunicazioni, sembra deciso a frenare le mosse espansionistiche di questi gruppi e si prepari a dare battaglia sia a Facebook che all'At&t: nel primo caso, sull'uso dei dati dei clienti raccolti dalla controllata WhatsApp, nel secondo caso sull'acquisizione di Time Warner.

Se il business dipende dalla pubblicità, la forza di Facebook (come di tutti i big di internet, ma anche delle grandi compagnie telefoniche) risiede appunto nel dimostrare al mercato che fare pubblicità sui social media sia particolarmente utile. Il che non è, o non è sempre, vero: non più di quanto sia utile sugli old media. Ma questa pretesa, e promessa, si fonda su un teorema: che cioè Facebook, Google e compagni possano «sapere tutto» dei gusti dei loro clienti e quindi bersagliarli (pardon, raggiungerli) con pubblicità tagliata su misura.

Può darsi che in futuro la cosa possa funzionare se si aggiungerà intelligenza artificiale a queste dinamiche; ad oggi, sembra più che altro ispirata da una notevole scemenza artificiale, per cui, ad esempio, siamo bersagliati da pop-up che ci propongono di comprare cose che abbiamo già, e appena, comprato. Fatto sta che per alimentare questa promessa di efficacia pubblicitaria, Facebook e gli altri hanno bisogno dei nostri dati. Sempre di più. E noi tendiamo a regalarglieli, inconsapevoli dei rischi che corriamo così facendo.

Per questo, e finalmente, l'Antitrust Usa vuole vederci chiaro nel fatto che Facebook si sia presa i dati personali degli utenti della propria controllata WhatsApp. E che At&t, comprando Time Warner, non solo voglia realizzare una forte sinergia tra le proprie reti, che portano internet a decine e decine di milioni di clienti, per consegnargli anche contenuti ma voglia anche, attraverso la distribuzione di questi contenuti, sapere sui clienti stessi, molte più cose per poi vendergli più roba.

Il punto è che tutti noi, solitamente, diciamo «ok» quando, per via digital, ci viene chiesto se, per esempio «accettiamo i cookie» di un sito web pur di navigare indisturbati o se «flagghiamo la casella» di un altro sito per utilizzarlo. Regaliamo la nostra privacy per ottenere vantaggi insignificanti. Può l'Antitrust proteggerci da noi stessi? Deve: la cultura giuridica europea lo dà per scontato. Quella americana fino a ieri mica tanto. Oggi pare che sia iniziata una stretta di freni anche in Usa. Meglio tardi che mai.

Categoria Estero

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