Forze speciali di Usa e Russia in Siria

Nel “derby siriano” tra Washington e Mosca appare sempre più evidente il ricorso alle società militari private

NOV 4, 2016  COMMENTI PUNTI DI VISTA  ELENA BARLOZZARI, Giornale

Nel “derby siriano” tra Washington e Mosca appare sempre più evidente il ricorso alle società militari private.

Un sottobosco di realtà organizzate in base alla normativa di riferimento, spesso collegate a grandi imprese multinazionali, che consentono alle due superpotenze di calcare il tallone sul terreno senza dover render conto all’opinione pubblica nazionale delle operazione più delicate. Non a caso, le truppe impiegate per questo genere di operazioni, in gergo, vengono definite “ghost soldier”. Si tratta di unità composte da personale altamente specializzato che, però, non esistono almeno finché qualcuno non muore, ed allora una croce di legno o lo sfogo dei familiari restituiscono dimensione pubblica alle loro storie.

Questo è quello che è accaduto al 38enne Maxim Kolganov, ghost soldier russo, ucciso vicino ad Aleppo lo scorso 3 febbraio. Ad “accorgersi” di lui è Reuters che a Togliatti, città russa dedicata all’ex segretario del Partito Comunista Italiano, ha individuato la croce di legno sotto cui riposa. L’attività delle società militari private in Siria, inizialmente smentita dal ministero della Difesa russo in seguito al polverone mediatico sollevato da un’inchiesta condotta da The Wall Street Journal nel 2015, oggi sembra esser definitivamente confermata grazie alle numerose testimonianze raccolte dai media. La stampa ha sdoganato l’esistenza del “gruppo Wagner” che prende il nome dal famoso compositore tedesco a cui si appassionò un ex ufficiale dell’intelligence sovietica che, in seguito alla caduta del muro, ha messo il suo esercito privato al sevizio della Federazione Russa in diversi scenari di conflitto tra cui, come sostiene The Wall Street Journal, anche l’Ucraina orientale.

Nello stesso anno, anche il leader russo Vladimir Putin, come si legge su The Guardian, in riferimento alla “crisi ucraina” ha parlato di “personale che si sta occupando di faccende di carattere militare” ventilando, seppur indirettamente, le ipotesi di coinvolgimento delle milizie private anche in Siria dove, i combattenti non convenzionali del Cremlino, grazie ad un equipaggiamento che, a differenza degli appaltatori occidentali, non prevede sole armi leggere ma anche carri armati T-90 ed obici, hanno affiancato l’esercito siriano rendendosi determinanti nelle operazioni di liberazione di Palmira e nella rottura dell’accerchiamento jihadista di Aleppo che, ufficialmente, ha visto la partecipazione della sola aviazione russa.

Ma il ricorso alle truppe non convenzionali nelle aree di crisi,oltre a garantire l’incisività degli interventi militari delle superpotenze senza alterare il consenso mediatico, muove anche ingenti capitali. Per avere un’idea di quali sono le cifre che ruotano attorno al mondo dell’esternalizzazione in ambito militare basta scorrere il sito del Dipartimento di Stato americano. Qui, a fine luglio scorso, compare per la prima volta dall’inizio della missione americana in Medio Oriente la traccia inequivocabile del coinvolgimento di aziende private nelle operazioni di terra a supporto delle circa 300 forze speciali già schierate sul terreno siriano. A vincere il bando senza gara, aggiudicarsi un appalto da 10 milioni di dollari per la fornitura di quelli che vengono genericamente definiti “servizi di analisi”, è la Six3 intelligence solutions acquistata alla cifra record di 820 milioni di dollari da una società più grande, vecchia conoscenza del Pentagono: la multinazionale Caci, la stessa coinvolta nello scandalo legato a trattamenti disumani e alle torture inflitte ai detenuti del carcere iracheno di Abu Graib dove, la società con sede ad Arlington, in Virginia, era operativa.

Categoria Estero

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