Per gli Usa (non solo per Trump) l'Europa è un vero protettorato degli Stati Uniti
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I politici e le opinioni pubbliche del Vecchio continente si sono lungamente fatti cullare dal convincimento che gli Stati Uniti assicuravano la protezione dell'Europa
di Pierluigi Magnaschi, 21.6.2017 da www.italiaoggi.it
I politici e le opinioni pubbliche del Vecchio continente si sono lungamente fatti cullare dal convincimento che gli Stati Uniti assicuravano la protezione dell'Europa, con i mezzi della Nato, in larga parte sovvenzionati da essi, per il loro buon cuore. In politica estera (ancor più che in quella interna) il buon cuore non dura a lungo perché ben presto si fanno vivi gli interessi che debbono essere soddisfatti, indipendentemente da chi per il momento esercita, nel paese egemone, il ruolo del comandante apicale. Da questo punto di vista non è vero che Trump sia più cattivo di Obama. Gli europei, risparmiando sulle spese militari e girando una parte del loro costo sulle spalle degli Stati Uniti, hanno potuto destinare queste risorse risparmiate a favore del loro welfare, ad esempio, ma nel contempo hanno dovuto soggiacere all'interferenza crescente del paese pagatore nei nostri affari continentali.
L'ultimo episodio di colonizzazione sfacciata ed esibita è relativo alla realizzazione del gasdotto denominato Nord Stream che porterà il gas russo, prevalentemente alla Germania e all'Austria. Esso sarà costruito da Gazprom (la società energetica russa) assieme a cinque società partner che finanzieranno per metà questo colossale cantiere dal costo previsto di 9,5 miliardi di euro. Le cinque società associate a questo progetto sono la francese Engie, l'anglo-olandese Shell, l'austriaca Omv e i tedeschi dell'Uniper e della Wintershalla (Basf).
Ebbene, il Senato degli Stati Uniti ha votato quasi all'unanimità, mercoledì, 14 giugno scorso, delle nuove sanzioni contro le imprese occidentali per il solo fatto che esse sono associate nel progetto del gasdotto Nord Stream che, passando per il Mar Baltico (al largo quindi di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, sia pure in acqua extraterritoriali rispetto a questi paesi), porterà 55 miliardi di metri cubi di gas direttamente alla Germania e, da lì, al centro Europa.
I motivi per cui gli Stati Uniti hanno pubblicamente assunto una tale deliberazione, che significa una palese violazione dell'autonomia nazionale dei paesi liberamente coinvolti in questo grande progetto infrastrutturale, sono due: il primo motivo, pienamente ammesso da Washington, è che questo metanodotto finirà per accrescere la dipendenza energetica dei paesi europei nei confronti della Russia. Questa considerazione è vera ma saranno i paesi europei a dover valutare i vari aspetti dell'investimento da loro promosso e non certo gli Stati Uniti. Il secondo motivo (questa volta taciuto ma più che mai operante) è che gli Stati Uniti, da qualche anno a questa parte, hanno messo a punto delle tecniche innovative di frantumazione degli scisti bituminosi che consentono loro di produrre grandi quantità di gas che, una volta liquefatto, può essere portato, via mare, in qualsiasi paese del mondo e quindi anche in Europa. Non a caso, nello scorso mese di giugno, è arrivata a Londra la prima nave metaniera statunitense.
Pertanto Washington pensa (e non è molto lontana dalla verità) che ogni metro cubo in più di importazione di gas dalla Russia attraverso il Nord Stream, è un metro cubo di minore importazione dagli Stati Uniti del medesimo prodotto. Ma in un'economia di mercato (qual è quella che, apparentemente, sostengono gli Stati Uniti; fin che a loro conviene, è ovvio) quando due fornitori sono entrambi interessati a vendere lo stesso prodotto al medesimo cliente, essi hanno a disposizione un metodo classico e sempreverde che consiste nel ridurre il prezzo per rendere più appetibile il loro prodotto.
Ma gli Stati Uniti non hanno nessun interesse ad entrare in concorrenza con la Russia diminuendo i prezzi.
Essi li hanno già ridotti, recentemente, mettendo in ginocchio tutti i paesi produttori di energia al mondo e gettando fuori mercato il Venezuela, facendo piegare sulle ginocchia l'economia saudita e appesantendo quella russa. Ma un conto è diminuire i prezzi momentaneamente per ritagliarsi un mercato più vasto a danno di produttori già presenti sul mercato, un altro è essere costretti a tenerli sempre bassi. Questa ultima ipotesi agli Stati Uniti non sta bene e, nella loro vocazione colonizzante ed egemonica, vorrebbero che non stesse bene anche agli europei che invece hanno, al riguardo, interessi esattamente opposti.
Di fronte a questa palese e inaccettabile arroganza statunitense (un paese alleato che vuol comportarsi da padrone in casa d'altri) che cosa hanno detto i politici italiani? Niente. Preferiscono discutere del collante Prodi o di Berlusconi e Salvini che si guardano in cagnesco o di Pisapia che si affloscia prima ancora di essersi gonfiato o dei vitelli di Bersani che passeggiano, liberi e spensierati, nei corridoi. E quanti talk show si sono accesi su questo tema fra i tanti che ci ammorbano le nostre serate? Nessuno.
Ben diversa invece è stata la reazione dei tedeschi e degli austriaci che, per esplicita iniziativa dei loro ministri degli esteri, Sigmar Gabriel e Christian Kern hanno precisato l'ovvio, in un loro comunicato comune e cioè che «l'approvvigionamento energetico dell'Europa è un problema dell'Europa e non degli Stati Uniti». Intanto, come dicevo, i nostri eventuali convincimenti al riguardo ce li siamo tenuti nel gozzo, anche perché, se ci fosse stato qualcuno che in Italia li avesse espressi, il 90% del paese che si fa sentire avrebbe detto che non è educato battere i pugni sul tavolo come se, in queste circostanze, fosse possibile e conveniente non farlo.
Intanto, per ridurre la dipendenza del gas russo è però in costruzione anche il gasdotto transadriatico (Trans Adriatic Pipeline) che, partendo dal Mar Caspio (e quindi dall'Azerbaïdjan per poi passare in Georgia, Turchia, Grecia e Albania) raggiunge l'Italia sulla costa pugliese, dopo aver attraversato il Mare Adriatico. Un'opera colossale, anche questa, tecnologicamente difficile, che si sviluppa per 3 mila chilometri e che assicura all'Italia un'alternativa energetica ma che, dimenticavo, è stata bloccata, con l'appoggio di quel grande statista che è Michele Emiliano, Pd, perché avrebbe comportato lo spostamento di 211 ulivi (che poi sarebbero stati ripiantati dov'erano). Ecco perché a Washington non sono preoccupati per le eventuali resistenze italiane. Le uniche resistenze che, con l'aiuto dei Tar, riusciamo a imbastire sono solo quelle contro il fare. Quieta non movere, non agitare ciò che è calmo. Ha da passà l'estate. E poi non solo quella.
Pierluigi Magnaschi
Estero


